2023-01-07
Ratzinger resta nella Chiesa: ecco tutti i suoi
Papa Benedetto XVI con Robert Sarah in una immagine del 22 novembre 2010 (Ansa)
I cardinali vicini a Benedetto si stanno riorganizzando. Un documento che gira tra i porporati chiede al futuro Pontefice «chiarezza dottrinale» e «l’accettazione della tradizione apostolica» da parte dei nuovi vescovi. Tra i papabili ci sono Robert Sarah, Peter Erdo e Marc Ouellet.«Francesco, per ora, non si dimetterà». Questa è una di quelle cose che si dicono tra i tavoli di Borgo Pio e quindi ha una buona dose di probabilità di essere vera. Ora Francesco è solo, il Papa «emerito» Joseph Ratzinger riposa nelle grotte vaticane nella tomba che fu di Giovanni Paolo II, e papa Bergoglio sta per attraversare il suo decimo anno sul soglio di Pietro, con il peso ulteriore di dover tenere unita la barca in un modo nuovo. Ci sono indubbiamente tensioni nella Chiesa, e il problema si alimenta dall’interno.Ma non si intravedono scismi all’orizzonte, piuttosto tira aria di apostasia. Basta vedere il discusso cammino sinodale tedesco, così come emerge sia nei testi preparatori che in quelli votati dall’Assemblea sinodale. Rivoluzione della morale cattolica, possibilità di preti sposati, benedizione di coppie omosessuali in chiesa, trasformazione della chiesa in una sorta di partito o Ong.Nasce una Chiesa dove la pluriformità diventa in realtà deragliamento dalla fede, dissoluzione della centralità di Cristo. E questo mentre la Chiesa universale è incamminata verso un periclitante sinodo sul Sinodo che Francesco ha prolungato fino all’ottobre 2024. Una grande assemblea dal basso che potrebbe diventare davvero difficile da governare dentro l’alveo del depositum fidei.Anche per questo si sente dire che il pontificato di Francesco ha terminato il suo abbrivio e si guarda oltre. La morte di Benedetto ha portato un’area della Chiesa e del collegio cardinalizio a riorganizzare la propria agenda, accelerando certe istanze che già erano ben presenti. Un memorandum circola da tempo fra le porpore, firmato da un misterioso Demos e pubblicato nel marzo scorso dal vaticanista Sandro Magister. «I primi compiti del nuovo Papa saranno il ripristino della normalità», è scritto nel memorandum, «il ripristino della chiarezza dottrinale nella fede e nella morale, il ripristino del giusto rispetto del diritto e la garanzia che il primo criterio per la nomina dei vescovi sia l’accettazione della tradizione apostolica».In quella parte del collegio cardinalizio che potremmo definire «ratzingeriana» i numeri sembrano scarsi (forse al massimo una quarantina di voti raggiungibili in conclave), ma proprio nelle ore del funerale del Papa «emerito» è emersa una volontà di non far cadere quelle istanze e cercare alleanze. Tra i papabili in un futuro conclave il cardinale africano Robert Sarah, ex Prefetto al culto divino, per quanto amato nel mondo anche più tradizionalista è molto difficile possa raccogliere voti sufficienti. Ci sarebbero, poi, il cardinale canadese Marc Ouellet, attuale Prefetto dei vescovi, che già, si dice, avesse raccolto voti nel conclave 2013, e, infine, il nome più interessante è quello del cardinale ungherese Peter Erdo, un profilo solido e sufficientemente super partes. Su questo si potrebbero costruire alleanze capaci di attrarre molti cardinali che, in giro per il mondo, sono alla ricerca di una maggiore stabilità sulla barca di Pietro. In questo lavoro sono impegnati anche dei cardinali ultra ottantenni, ormai non più elettori, ma certamente con peso specifico altissimo, si pensi al nome del cardinale australiano George Pell, a quello dello spagnolo Ruoco Varela e a Camillo Ruini.Va precisato che il parco dei cardinali votanti in un possibile conclave è radicalmente mutato rispetto al 2013. Oggi i numeri parlano di 125 i cardinali elettori, di cui ben 81 creati da Francesco, 34 da papa Ratzinger e appena 10 da Giovanni Paolo II. Le nomine rosso porpora di Francesco, in questi dieci anni, sono andate nella direzione delle «periferie», aumentando di molto l’internazionalizzazione del parco elettori e contestualmente procedendo a una riduzione del peso della curia e dell’Europa. Se già prima i cardinali si conoscevano poco, ora in taluni casi forse nemmeno sanno come si chiamano.Il borsino dei papabili vede tre grandi stelle nel campo dei cardinali più vicini alla sensibilità di papa Bergoglio: il filippino Antonio Tagle, 65 anni, presidente di Caritas internazionalis e attuale Prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei pPopoli. È andato un po’ in disgrazia da quando, nel novembre scorso, il Papa ha commissariato proprio la Caritas da lui presieduta. L’altro grande candidato è il cardinale trasteverino di Bologna, Matteo Maria Zuppi, che è anche esponente di punta della cosiddetta Onu di Trastevere, la potente Comunità di Sant’Egidio. La terza punta in questo campo è il cardinale gesuita del Lussemburgo, Jean-Claude Hollerich, 64 anni, raffinata e colta porpora che è presidente della Commissione degli episcopati dell’Unione europea e relatore generale del pluriennale Sinodo sul Sinodo (è aperto ai preti sposati, favorevole alle donne diacono, favorevole alla revisione del Catechismo in materia di omosessualità).Al centro, c’è il nome dell’attuale Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, che potrebbe rappresentare la scelta tipica di una Chiesa in cerca di un po’ di tranquillità, dopo aver attraversato oggettivamente gli ultimi dieci anni in una certa burrasca. Ma, come accadde nel conclave del 1978 che elesse a sorpresa Karol Wojtyla, l’attuale conformazione del collegio cardinalizio lascia pensare che, questa volta, lo Spirito Santo potrebbe davvero divertirsi molto a scompaginare le carte.
Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa (Ansa)
Protagonista di questo numero è l’atteso Salone della Giustizia di Roma, presieduto da Francesco Arcieri, ideatore e promotore di un evento che, negli anni, si è imposto come crocevia del mondo giuridico, istituzionale e accademico.
Arcieri rinnova la missione del Salone: unire magistratura, avvocatura, politica, università e cittadini in un confronto trasparente e costruttivo, capace di far uscire la giustizia dal linguaggio tecnico per restituirla alla società. L’edizione di quest’anno affronta i temi cruciali del nostro tempo — diritti, sicurezza, innovazione, etica pubblica — ma su tutti domina la grande sfida: la riforma della giustizia.
Sul piano istituzionale spicca la voce di Alberto Balboni, presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, che individua nella riforma Nordio una battaglia di civiltà. Separare le carriere di giudici e pubblici ministeri, riformare il Consiglio superiore della magistratura, rafforzare la terzietà del giudice: per Balboni sono passaggi essenziali per restituire equilibrio, fiducia e autorevolezza all’intero sistema giudiziario.
Accanto a lui l’intervento di Cesare Parodi dell’Associazione nazionale magistrati, che esprime con chiarezza la posizione contraria dell’Anm: la riforma, sostiene Parodi, rischia di indebolire la coesione interna della magistratura e di alterare l’equilibrio tra accusa e difesa. Un dialogo serrato ma costruttivo, che la testata propone come simbolo di pluralismo e maturità democratica. La prima pagina di Giustizia è dedicata inoltre alla lotta contro la violenza di genere, con l’autorevole contributo dell’avvocato Giulia Buongiorno, figura di riferimento nazionale nella difesa delle donne e nella promozione di politiche concrete contro ogni forma di abuso. Buongiorno denuncia l’urgenza di una risposta integrata — legislativa, educativa e culturale — capace di affrontare il fenomeno non solo come emergenza sociale ma come questione di civiltà. Segue la sezione Prìncipi del Foro, dedicata a riconosciuti maestri del diritto: Pietro Ichino, Franco Toffoletto, Salvatore Trifirò, Ugo Ruffolo e Nicola Mazzacuva affrontano i nodi centrali della giustizia del lavoro, dell’impresa e della professione forense. Ichino analizza il rapporto tra flessibilità e tutela; Toffoletto riflette sul nuovo equilibrio tra lavoro e nuove tecnologie; Trifirò richiama la responsabilità morale del giurista; Ruffolo e Mazzacuva parlano rispettivamente di deontologia nell’era digitale e dell’emergenza carceri. Ampio spazio, infine, ai processi mediatici, un terreno molto delicato e controverso della giustizia contemporanea. L’avvocato Nicodemo Gentile apre con una riflessione sui femminicidi invisibili, storie di dolore taciuto che svelano il volto sommerso della cronaca. Liborio Cataliotti, protagonista della difesa di Wanna Marchi e Stefania Nobile, racconta invece l’esperienza diretta di un processo trasformato in spettacolo mediatico. Chiudono la sezione l’avvocato Barbara Iannuccelli, parte civile nel processo per l’omicidio di Saman, che riflette sulla difficoltà di tutelare la dignità della vittima quando il clamore dei media rischia di sovrastare la verità e Cristina Rossello che pone l’attenzione sulla privacy di chi viene assistito.
Voci da angolature diverse, un unico tema: il fragile equilibrio tra giustizia e comunicazione. Ma i contributi di questo numero non si esauriscono qui. Giustizia ospita analisi, interviste, riflessioni e testimonianze che spaziano dal diritto penale all’etica pubblica, dalla cyber sicurezza alla devianza e criminalità giovanile. Ogni pagina di Giustizia aggiunge una tessera a un mosaico complessivo e vivo, dove il sapere incontra l’esperienza e la passione civile si traduce in parola scritta.
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Terry Rozier (Getty Images)
L’operazione Royal Flush dell’Fbi coinvolge due nomi eccellenti: la guardia dei Miami Heat Terry Rozier e il coach dei Portland Trail Blazers Chauncey Billups, accusati di frode e riciclaggio in un vasto giro di scommesse truccate e poker illegale gestito dalle storiche famiglie mafiose.