2021-07-27
Per i ragazzi i rischi del vaccino sono molto simili a quelli del Covid
Francesco Paolo Figliuolo: «Scuola in presenza dopo le inoculazioni». Ma tra 12 e 19 anni, il numero di ricoveri è paragonabile a quello degli effetti avversi. Che sono sottostimati, mentre quelli a medio e lungo termine sono ancora ignoti.Riaprire le scuole? «Un imperativo categorico». Ragion per cui genitori, tutori e affidatari «devono portare i minori a vaccinarsi». Non ha usato mezzi termini il commissario straordinario per l'emergenza, generale Francesco Paolo Figliuolo, intervenuto ieri alla trasmissione Morning news in merito alle vaccinazioni degli under 18. «Stiamo spingendo molto», ha ammesso Figliuolo, «la scuola in presenza fa bene allo sviluppo sociale e personale dei bambini». Nessun riferimento esplicito all'obbligo, ma il discorso è piuttosto chiaro: la vaccinazione di massa dei più piccoli rappresenta un obiettivo propedeutico alla ripresa in sicurezza delle scuole. Una linea confermata dalle parole pronunciate domenica sera dello stesso ministro della Salute, Roberto Speranza, nel suo intervento durante la festa nazionale di Articolo uno: «Importante avere una percentuale di studenti in età vaccinabile che sono vaccinati».Secondo gli ultimi dati forniti da Lungotevere Ripa, sono 1,3 milioni gli italiani tra i 12 e i 19 anni che hanno ricevuto almeno la prima dose (28,5% della popolazione), mentre appena 610.000 individui hanno completato il ciclo di immunizzazione (13,2% della popolazione). Vaccinare tutti appare un'impresa titanica. A conti fatti andrebbero somministrate circa 6,7 milioni di dosi: 2,7 milioni di cicli completi e 1,3 milioni di richiami. Non c'è solo l'aspetto logistico. Papà e mamme, infatti, sono in pensiero per gli effetti collaterali della somministrazione, specie dopo che alcuni studi hanno messo in luce il rischio di miocarditi post vaccino in soggetti maschi giovani. Comprensibilmente, prima di spedire i figli all'hub più vicino, le famiglie si chiedono se il rapporto tra costi e benefici del vaccino penda a favore dei primi o dei secondi. Secondo i dati diffusi nell'ultimo Rapporto sulla sorveglianza dei vaccini Covid-19 pubblicato dall'Agenzia italiana del farmaco, il tasso di reazione avversa per la fascia d'età compresa tra i 12 e i 19 anni è pari a 126 ogni 100.000 dosi somministrate, che al 26 giugno scorso - data alla quale si riferiscono queste cifre - erano state 822.807 unità. Sfortunatamente, l'Aifa non fornisce lo spaccato diviso per gravità e classe d'età, perciò assumiamo che le reazioni avverse gravi nei più giovani siano state nella media, pari all'11,9% del totale. Ciò significa che, ipotizzando di vaccinare l'intera platea di 12-19enni, ovvero 4,7 milioni di ragazze e ragazzi, il numero di reazioni avverse gravi ipotizzabile si aggirerebbe intorno alle 700 unità. Occorre specificare che la definizione ufficiale di «reazione avversa grave» contempla i casi di: morte, ospedalizzazione (provocata o prolungata), invalidità grave o permanente, pericolo di vita, anomalie congenite e/o difetti alla nascita, oppure ancora rientra tra gli eventi medici rilevanti. Paragonare gli effetti del vaccino con quelli del Covid è affare tutt'altro che semplice. Nel farlo, in mancanza di dati puntuali riferiti alle ospedalizzazioni per fascia d'età, ci siamo affidati al report Focus età evolutiva, realizzato dall'Istituto superiore di sanità in data 24 febbraio 2021. Nel documento, i tecnici prendono in considerazione l'arco temporale che va da settembre 2020 a gennaio 2021, la cosiddetta «seconda ondata». Rispetto alla fascia d'età 11-19 anni - un disallineamento rispetto all'età vaccinale attribuibile al metodo di calcolo dell'Iss - si scopre che, su un totale di 191.276 casi, si sono verificati 1.347 ricoveri ordinari e 65 ricoveri in terapia intensiva. Considerando che il rapporto prende in esame circa la metà dei casi totali in quella fascia d'età, da inizio pandemia si può stimare un numero totale di ricoveri ordinari pari a circa 2.700, oltre a circa 130 in terapia intensiva, ovvero 2.830 casi gravi totali.Complice la diffusione del vaccino, stiamo assistendo al crollo delle ospedalizzazioni, e questi numeri sono destinati - almeno si spera - a rimanere stabili. Viceversa, il numero degli immunizzati aumenterà fino a coprire, forse, la quasi totalità della popolazione interessata. E così, ammalarsi di Covid avrà in effetti una percentuale più alta rispetto al verificarsi di reazioni avverse gravi da vaccino, ma mica poi così tanto. Infatti, 2.830 casi gravi di Covid su 5,1 milioni di 11-19enni rappresentano lo 0,06% della popolazione, mentre 700 reazioni gravi da vaccino su 4,7 milioni di 12-19enni equivalgono allo 0,015%, vale a dire quattro volte in più.Una stima per difetto, con tutta probabilità, almeno per due ragioni. Primo: il numero di reazioni avverse effettivamente segnalate all'Aifa è senza dubbio sottostimato rispetto a quello reale. Molto più probabile che un vaccinato non abbia segnalato qualche disturbo, piuttosto che un ricoverato non sia stato testato per il Sars-CoV-2. Secondo, gli effetti a medio e lungo termine del vaccino non sono conosciuti, e ciò potrebbe portare nel tempo all'insorgere di nuove reazioni avverse.Non si tratta di essere contrari al vaccino, tutt'altro. Semmai di applicare un sacrosanto principio di prudenza, esattamente come in Germania, Regno Unito, Svezia e Paesi Bassi, dove la vaccinazione ai più piccoli è raccomandata solo in presenza di gravi patologie. Esattamente la direzione opposta a quella in cui sta andando l'Italia. Secondo il professor Sergio Abrignani, docente di Immunologia alla Statale di Milano e membro del Cts, «sarebbe un grande atto di sanità pubblica imporre l'obbligo a tutti dai 12 anni in su e, se dovesse arrivare l'autorizzazione dell'Ema, anche dai 6 anni». La fretta, dicevano gli antichi, è cattiva consigliera.
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