2021-06-07
Se questa è libertà. Ecco tutti i vincoli che non può essere normale accettare
Festeggiamo le riaperture, ma restano ingressi contingentati nei locali, porzioni monodosi, mascherine e divieti: ci siamo assuefatti alle limitazioni?Rocco Panetta, esperto legale: «Il culto, il lavoro, la circolazione e persino di domicilio: abbiamo messo sotto stress la Carta. E il green pass pone seri problemi sul controllo dei dati».Lo speciale contiene due articoli.Scordatevi l'assalto al buffet nei banchetti di nozze. Chi si azzarda ad allungare una mano per garantirsi una porzione in più, rischia una solenne bacchettata dal cameriere. Al massimo ci si può servire con le monodosi, l'unica soluzione da cocktail in cui è concesso il self service. Naturalmente l'ingresso nell'area del rinfresco matrimoniale o della comunione, è ammesso solo previa esibizione del green pass che attesta la vaccinazione di entrambe le dosi di Pfizer, Moderna o Astrazeneca o di una di J&J. Unica deroga è aver avuto da 15 giorni la prima dose. Vale naturalmente come lasciapassare essere guariti dal Covid, o aver effettuato nelle 48 ore precedenti la festa, un tampone con esito negativo. Il personale deve indossare sempre la mascherina. Se il banchetto prevede la musica dal vivo, la situazione si complica perché scatta l'equilibrismo delle misurazioni. I musicisti devono essere ad almeno tre metri di distanza dal pubblico, se non ci sono barriere anti-droplet vicino al microfono. Gli invitati potranno ballare, ma solo all'esterno e ognuno dovrà avere almeno 1,2 metri quadrati a disposizione. Gli eventi in spazi interni sono possibili solo se ci si trova in area bianca: in questo caso è necessario che ogni ospite abbia 2 metri quadrati a disposizione. E deve essere potenziato il ricambio d'aria all'interno del locale. C'è un'altra regola da tenere a mente: quando non si mangia o beve bisogna continuare a utilizzare la mascherina e rimanere distanziati. Mettiamo poi che si voglia concludere la giornata in discoteca per fare due salti. È stato detto che i locali riaprono. Sì, è vero, le discoteche riaprono ma in una nuova versione. Dimenticate di andarci per ballare. Si può solo ascoltare musica, mangiare e bere. Si prevede alto tasso di uso di alcolici dal momento che non ci si può scatenare in pista.Benvenuti nella nuova stagione del liberi tutti, dell'Italia colorata di bianco, del ritorno alla normalità. Questo era stato annunciato e qualcuno ci aveva pure creduto a giudicare dalle dichiarazioni entusiaste colte per strada dalle tv e dai sorrisi ottimistici di ristoratori e proprietari di bar. Le giravolte del ministro della Salute Roberto Speranza, sui limiti delle persone al tavolo dei ristoranti (prima 4 poi 6 solo nei locali chiusi), sono un esempio della confusione e del modo improvvisato in cui viene affrontato il tema delle riaperture. C'è inoltre la novità peggiorativa che in casa, anche in zone bianche, si possono accogliere al massimo 6 ospiti (esclusi i figli minorenni).L'euforia da ripartenza appare ingiustificata se si legge bene il decalogo di ciò che si può e non si può fare. Forse ci siamo talmente abituati alle restrizioni, alla regolamentazione ferrea di ogni atto della quotidianità che solo l'ammorbidimento di alcune regole ci sembra un ritorno alla normalità. In realtà la strada da percorrere è ancora lunga. È vero che alcune restrizioni sono cadute ma quelle che permangono sono ancora numerose.Ecco una mappa dei divieti e delle restrizioni che permangono anche se le regioni diventano bianche. Innanzitutto è obbligatorio l'uso della mascherina oltre che al chiuso anche all'aperto quando non si può mantenere la distanza. Ne sono esentati solo i bambini sotto i 6 anni e chi sta svolgendo attività sportiva. Altro must incontestabile è il distanziamento sociale. Questo vuol dire che le presenze in luoghi chiusi saranno contingentate. La consumazione al banco nei bar è consentita ma bisogna rispettare una distanza interpersonale di almeno un metro tra i clienti. Siccome i banconi non sono così lunghi da ospitare più clienti, continuerà quella che è ormai diventata l'abitudine di consumare all'esterno. L'ingresso, se non ci sono posti a sedere, è consentito a un numero di persone alla volta, in modo da assicurare il distanziamento. La partecipazione a festeggiamenti di qualsiasi tipo, quindi non solo matrimoni ma anche compleanni, lauree ecc, richiede il possesso del green pass o del tampone con esito negativo nelle 48 ore precedenti. Il green pass è obbligatorio anche per passare in regioni di diverso colore (arancioni o rosse) che al momento non ci sono.Riaprono al pubblico stadi e impianti sportivi all'aperto (per quelli al chiuso bisognerà aspettare luglio), ma a capienza ridotta di un quarto. Le sorprese sono dietro l'angolo. Ogni Regione, a conferma delle riaperture delle attività in zona bianca, emette un'ordinanza regionale, in cui, almeno in teoria, potrebbe adottare specifiche restrizioni di carattere locale.C'è poi il tema turismo. Per le strutture ricettive vige l'obbligo delle mascherine e del distanziamento. Se poi si vuole varcare il confine si apre uno scenario confusionario. I Paesi europei marciano in ordine sparso. Tutti comunque richiedono il green pass in inglese con l'attestazione della vaccinazione o il tampone. In alcuni c'è ancora la possibilità che una volta arrivati bisogna sottoporsi alla quarantena. Allora metà delle vacanze va in fumo. Un aiuto dovrebbe venire dal certificato vaccinale della Ue che dovrà essere riconosciuto da tutti gli Stati membri a partire dal primo luglio. È già operativo il «gateway Ue» al quale dieci Paesi tra cui l'Italia si sono connessi e sette (Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Germania, Croazia e Polonia) hanno iniziato a lasciare i primi certificati Ue. La Croazia ogni settimana pubblica una mappa dell'Europa a colori e per chi viene da una zona non «verde» e la quarantena non è richiesta solo se si è vaccinati, si è guariti dal Covid o si ha un tampone negativo. In mancanza di un test bisogna farlo sul posto a proprie spese con obbligo di isolamento fino al risultato. Per accedere in Spagna bisogna avere il certificato vaccinale originale in spagnolo, inglese, francese e tedesco. Chi non riesce ad ottenerlo in una di queste lingue, deve fare una traduzione in spagnolo effettuata da un organismo ufficiale. Dal primo luglio sarà obbligatorio compilare un modulo di controllo sanitario. La Francia non accetta il tampone antigienico ma solo quello molecolare che è obbligatorio anche per chi ha avuto la seconda dose del vaccino. Inoltre è richiesta la compilazione dell'autocertificazione. Al rientro in Italia c'è l'obbligo di presentare un tampone molecolare o antigienico negativo effettuato nelle 48 ore prima dell'arrivo.Per chi vuole andare fuori dall'Europa la situazione si complica ancora di più perché numerosi Paesi non hanno ancora riaperto. È bene informarsi prima presso il sito della Farnesina perché la situazione è in evoluzione e così si evitano spiacevoli sorprese. E lo chiamano ritorno alla normalità. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/questa-liberta-vincoli-accettare-2653252949.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="compressi-i-diritti-costituzionali" data-post-id="2653252949" data-published-at="1622992860" data-use-pagination="False"> «Compressi i diritti costituzionali» Rocco Panetta (www.panetta.net) «Preoccupa la durata di questo stato di emergenza. Anche se l'Italia si colorerà a breve di bianco, permangono alcune restrizioni. E se queste dovessero protrarsi per un lungo periodo ci saranno conseguenze. Maggiore è la durata delle restrizioni, più forte è il rischio che nella popolazione si crei assuefazione e venga meno lo spirito critico. Allora potrebbe essere vissuto come la normalità, il distanziamento, come potremmo perdere il desiderio di viaggiare o di andare a cinema e teatri essendo comunque nei binari stretti di tamponi, green pass, vaccinazioni ecc». Rocco Panetta, avvocato, managing partner di Panetta & Associati, esperto di Internet e Privacy, Country Leader per l'Italia e Membro del CdA di Iapp International Association of Privacy Professionals, da tempo si occupa di questi temi. «Ciò che colpisce, anche da un punto di vista antropologico, è l'assuefazione alle limitazioni delle libertà. Manca un dibattito pubblico all'altezza della posta in gioco. Subiamo passivamente l'elargizione di quote di libertà che ci vengono date di mese in mese e poi ritirate. È come se il fenomeno fosse acquisito. Eppure tutte le libertà non sono disponibili in natura, ma sono il frutto di lotte, battaglie, sangue, lunghe fasi storiche che hanno portato con grandi sacrifici alla nostra Costituzione repubblicana e che di recente, a causa della pandemia, hanno avuto una compressione. La libertà di culto è stata messa in discussione anche se per un periodo molto limitato, la libertà di lavoro è stata alterata e ridotta con lo smart working, quella di usufruire degli strumenti di cultura, la libertà di circolare sul territorio dello Stato. In alcuni casi addirittura il domicilio è stato reso inaccessibile come per le persone chiuse nelle Rsa. Sia chiaro, la Costituzione prevede la compressione temporanea dei diritti e della libertà se c'è un'emergenza sanitaria o ambientale o una guerra. Il problema si pone nel prolungamento di questa situazione». Secondo il giurista si rischia che la collettività si abitui, che le persone abbiano difficoltà a riappropriarsi degli spazi quotidiani. C'è un condizionamento psicologico. Panetta usa l'espressione di «Costituzione sotto stress». «Come durante una battaglia intrapresa per sconfiggere un tumore, le misure di contrasto e contenimento spesso determinano inevitabili conseguenze collaterali, a volte anche severe - si pensi al caso della chemioterapia - anche in occasione delle misure adottate per tutelare il fondamentale diritto alla salute collettiva e individuale, queste possono produrre conseguenze incisive sui diritti e le libertà individuali garantite dalla Costituzione repubblicana e dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea» commenta l'avvocato. Poi punta il dito sull'uso massiccio della tecnologia che rischia di impattare sui nostri diritti e le nostre libertà. «L'installazione di termoscanner automatizzati potrebbe consentire al datore di lavoro di collegare alla misurazione della temperatura anche il rilevamento delle presenze. Il Garante per la protezione dei dati personali ha molto sottolineato l'importanza di bilanciare diritti e tecnologia in una fase così delicata come quella che stiamo vivendo». Un'altra norma indicata da Panetta è la richiesta al responsabile dell'attività economica (ad esempio, ristoranti, piscine, palestre, negozi che offrono servizi di cura della persona, cinema e locali in cui si rappresentano spettacoli dal vivo) di favorire l'accesso tramite prenotazione e «mantenere l'elenco delle presenze per un periodo di 14 giorni. Norma in larga parte disattesa». La motivazione è legata al periodo di incubazione del Covid e al fatto che tali elenchi potrebbero essere comunicati alle competenti autorità sanitarie qualora si rendesse necessaria la ricostruzione della catena di contatto di un contagiato. Panetta sottolinea che «non risulta chiaro se al termine di tale periodo i dati debbano essere obbligatoriamente cancellati e attraverso quale mezzo essi debbano essere conservati per assicurarne la sicurezza. Questa misura, apparentemente più innocua di altre, introduce meccanismi di controllo sociale che non necessariamente si avvalgono di strumenti tecnologici. È la misura meno discussa, ma forse più inquietante e contraria anche alle più ancestrali tradizioni sociali della ristorazione e dell'ospitalità, e adesso anche il green pass potrebbe generare rischi incontrollati di proliferazione di dati ed informazioni che se non adeguatamente trattati potrebbero limitare diritti e libertà di tutti».
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)