2021-03-26
Quanto è ipocrita la poetessa «eroina nera»
Dopo l'exploit davanti a Joe Biden, Amanda Gorman è diventata icona della comunità afroamericana. Ma esprime un borghesismo imbarazzante in tutto: dal razzismo verso i traduttori bianchi al cappottino di Prada, fino al vanto della propria «magrezza»Amanda Gorman è la ventiduenne afroamericana che, vestita con un cappotto Prada di uno sfolgorante color giallo, ha letto una sua poesia alla cerimonia di insediamento del presidente Biden.Riporto il testo della prima strofa:«When day comes, we ask ourselves where can we find light in this never-ending shade?/ The loss we carry, a sea we must wade./ We've braved the belly of the beast./ We've learned that quiet isn't always peace,/ and the norms and notions of what “just" is isn't always justice./ And yet, the dawn is ours before we knew it./ Somehow we do it./ Somehow we've weathered and witnessed a nation that isn't broken,/ but simply unfinished./ We, the successors of a country and a time where a skinny Black girl descended from slaves and raised by a single mother can dream of becoming president, only to find herself reciting for one».«Quando arriva il giorno, ci chiediamo dove possiamo trovare una luce in quest'ombra senza fine?/ La perdita che portiamo sulle spalle è un mare che dobbiamo guadare./ Noi abbiamo sfidato la pancia della bestia./ Noi abbiamo imparato che la quiete non è sempre pace,/ e le norme e le nozioni di quel che “semplicemente" è non sono sempre giustizia./ Eppure, l'alba è nostra, prima ancora che ci sia dato accorgersene./ In qualche modo, ce l'abbiamo fatta./ In qualche modo, abbiamo resistito e siamo stati testimoni di come questa nazione non sia rotta,/ ma, semplicemente, incompiuta./ Noi, gli eredi di un Paese e di un'epoca in cui una magra ragazza afroamericana, discendente dagli schiavi e cresciuta da una madre single, può sognare di diventare presidente, per sorprendersi poi a recitare all'insediamento di un altro».Le altre strofe sprofondano nella retorica, ma questa prima, pur non avendo innovazioni stilistiche o concettuali, ha una sua grazia, che si mantiene anche nella traduzione, fino alla parola skinny, magra. Lì crolla.La parola skinny non è solo sbagliata, è ridicola. La ventiduenne poetessa del terzo millennio non ha mai sofferto la fame dei poveri e dei perseguitati, la magrezza che si precipita a sottolineare è la magrezza da dieta, una dieta spietata, una magrezza cercata e pagata che vale quindi la pena di sottolineare. Dalla sua pagina Instagram deduciamo che nel suo soggiorno a Milano la Black poet ha spesso frequentato le sfilate di moda: è un ambiente che è impossibile frequentare senza il mito della magrezza, mito sempre un po' ridicolo, soprattutto se finisce in una poesia.La Black poet è risalita agli onori della cronaca per aver rifiutato i traduttori europei della sua opera. Quelli scelti originariamente nei Paesi Bassi e in Spagna, bianchi, maschi e di mezz'età, sono stati rifiutati in quanto bianchi, maschi e di mezz'età, cioè strutturalmente diversi e quindi incapaci di comprendere la sua poesia per essere sostituiti da qualcuno di più simile ad Amanda. Questo fa crollare non solo ogni possibile arte, ma anche ogni possibile umanità. L'arte può essere compresa da chiunque, indipendentemente dalla sua origine, perché nasce dall'anima comune che tutti abbiamo e che è la stessa per tutta l'umanità. Mi commuovono i gospel e ho amato appassionatamente molti autori africani e afroamericani, che non avrei potuto approcciare senza i loro magnifici traduttori. Amanda si è presentata come un campione del suo popolo, eppure, incredibilmente, alla cerimonia di inaugurazione di Joe Biden, non ha indossato né un abito tradizionale africano né un abito disegnato e magari anche cucito da una coetanea nera, così da farle moltiplicare le vendite, ma un banalissimo cappotto Prada di improbabile colore giallo, come una qualsiasi rampolla di casa regnante o qualsiasi borghesuccia che ha i soldi e deve farlo sapere. È il cappottino Prada, disegnato da bianchi, tagliato da bianchi, colorato di giallo dai bianchi, che, dopo le sparate sui traduttori, diventa imperdonabile. Ci viene il dubbio che la giovane Amanda disprezzi i traduttori perché sono arrivati all'età matura guadagnando cifre che non permettono di vestire Prada, e non sono skinny. Per una donna che sottolinea la parola skinny in una poesia trasmessa in mondovisione, quello è certamente un punto determinante. Le due parole latine sine nobilitate, senza nobiltà, erano abbreviate nei college inglesi con la parola snob.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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