2019-03-17
Quando spara un bianco i mandanti si trovano
Per i giornali la colpa è di Steve Bannon e Matteo Salvini. Se invece l'attentatore è islamico il Corano non c'entra nulla.Il terrorista australiano fa il bullo in tribunale mostrando simboli suprematisti. Processo al via il 5 aprile per la strage di 49 persone. Brenton Tarrant Harrison ha colpito un santuario che in passato ha reclutato miliziani jihadisti.Lo speciale contiene due articoliMarine Le Pen, Giorgia Meloni e via destreggiando. Repubblica non ha dubbi: Tarrant rappresenta «l'avanguardia armata sovranista». In pratica è il braccio violento della Lega. L'attentatore neozelandese può contare sul sostegno di «una platea complice, pronta a condividere le sue idee se non addirittura portare avanti la missione di morte». Tale platea è «una comunità senza confini, unita da un unico elemento: l'intolleranza verso lo straniero». È un fronte composto da «chi crede nell'utopia di un'Europa pura che combatte l'infedele, intonando il credo “Dio, patria e famiglia"». Dunque dobbiamo supporre che tra i complici dello sparatore di ci siano pure i cattolici (e non) che si riuniranno presto a Verona per difendere la famiglia. A motivare Tarrant, prosegue Repubblica, sono stati gli «slogan xenofobi che tengono banco nei tweet di Donald Trump e dei suoi emuli europei: l'humus che sta facendo sorgere “un'internazionale suprematista", per citare la definizione di Ezio Mauro». Forse non lo sapevate, ma esiste «una rete un tempo sotterranea che ora si scopre legittimata». Questa rete di pericolosi razzisti e terroristi «sente che le sue parole d'ordine sono le stesse di Matteo Salvini e di cento leader politici, pronti a cavalcare la paura nei confronti dello straniero per spianare la strada all'uso sempre più esteso delle armi, alla chiusura di ogni confine, alla riscoperta di un nazionalismo fuori dal tempo». Anche al Corriere della Sera la pensano nello stesso modo. Ieri Antonio Polito ha scritto che alcune delle idee di Brenton Tarrant «sembrano appena uscite dal telegiornale della sera, sono cioè parte quotidiana del dibattito pubblico che si svolge da anni nei Paesi europei e negli Stati Uniti». Già: chi crede che le Ong facciano servizio taxi per l'invasione è un potenziale stragista; chi sostiene la Brexit è un Tarrant sotto mentite spoglie; chi si preoccupa per l'inverno demografico europeo è chiaramente un suprematista pronto a premere il grilletto. Insomma, tutto è chiaro: ora che abbiamo trovato i veri responsabili (i sovranisti e le destre) basta eliminarli e ogni futura esplosione di violenza sarà evitata. Continua a sorprendere, tuttavia, che gli editorialisti così lesti nel puntare il dito contro Salvini e soci non siano stati altrettanto solerti nel denunciare i mandanti - morali e materiali - del terrorismo islamico. Nelle dichiarazioni pubbliche dei leader leghisti, nei discorsi di Viktor Orbán, negli scritti di Steve Bannon, nel libro La grande sostituzione del francese Renaud Camus non compare alcun invito a imbracciare le armi e a sterminare i nemici. Nel Corano, al contrario, si spiega più volte che gli infedeli vanno spazzati via dalla faccia della Terra. Eppure, guarda un po', collegare islam e terrorismo è proibito. Però si può dire che è colpa dei sovranisti e di Salvini se un estremista fa un macello in Nuova Zelanda. E, vedrete, non saranno in molti oggi a dire che l'islam c'entra qualcosa nella brutta storia del marocchino di Vercelli che investe la figlia in auto perché non gradisce i suoi costumi troppo occidentali. Del resto, sono pochi anche gli editorialisti che vergano articoli indignati quando a essere massacrati sono i cristiani in varie parti del mondo. Intendiamoci: non vogliamo togliere un grammo di gravità all'abominio compiuto da Brenton Tarrant. Il punto è che qui si sta facendo il solito gioco sporco: si utilizza la strage per delegittimare un pensiero e per mettere a tacere istanze più che legittime. Porre un freno all'immigrazione, per esempio, non è un modo per alimentare l'odio, semmai è una via per contenerlo. E non si può utilizzare un bastardo che preme il grilletto per colpire chi vuole difendere - pacificamente - il proprio Paese. A differenza del mondo islamico, l'Europa ha sempre fatto i conti con i propri demoni. Ha saputo affrontare ed esaminare i Breivik, i Traini e i (pochissimi) altri violenti: li ha sempre condannati, mai giustificati, e continuerà a farlo. Dalle nostre parti - riguardo al terrore e al razzismo (vero) - non ci sono ambiguità. Ecco perché possiamo permetterci di combattere l'immigrazione selvaggia e la sottomissione con la coscienza pulita. Riccardo Torrescura<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/quando-spara-un-bianco-i-mandanti-si-trovano-2631856079.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-bastardo-ha-fatto-tutto-da-solo-scelta-la-moschea-che-aiuto-al-qaida" data-post-id="2631856079" data-published-at="1760901890" data-use-pagination="False"> Il bastardo ha fatto tutto da solo. Scelta la moschea che aiutò Al Qaida Scalzo. Tunica bianca da detenuto. Le manette alle mani e ai piedi. Sguardo fiero. Di sfida. Brenton Tarrant Harrison, 28 anni, il suprematista australiano autore della caccia al musulmano terminata in una mattanza a Christchurch, in Nuova Zelanda, ieri è stato accompagnato in tribunale. È accusato di omicidio per la strage di 49 persone, tra cui donne e bambini. Il giudice ha ordinato la detenzione cautelare provvisoria fino a quando non verrà nuovamente riportato in tribunale, il 5 aprile, per il processo. Le autorità neozelandesi, però, nel frattempo potrebbero formulare ulteriori capi di accusa. Tarrant non aveva precedenti penali, ma era ossessionato dall'idea che i musulmani stessero invadendo il mondo. Frapposto tra lui e l'aula c'era un vetro antisfondamento. I due poliziotti che l'hanno accompagnato non l'hanno mollato per un istante. È rimasto in silenzio. Ma ha comunicato tutto con un gesto: il saluto dei suprematisti bianchi, usato anche dai troll razzisti sul Web. Lo ha fatto proprio mentre il giudice leggeva i capi d'accusa. Un Ok capovolto. Lo stesso che a partire dal 2015 è stato usato anche dai sostenitori di Donald Trump o da cospirazionisti come Milo Yiannopoulos e Mike Cernovich. Il significato del gesto starebbe nel comporre con le dita una W e una P rudimentali, ovvero le iniziali di «white power», potere bianco. Un'altra foto ritrae Tarrant con le due mani unite e le dita intrecciate tra loro. Anche questo è un simbolo utilizzato dai suprematisti bianchi. Le interpretazioni, insomma, si sprecano. La stampa locale, ad esempio, lo ha bollato come un gesto di scherno ai fotografi. Il suo avvocato d'ufficio non ha presentato la richiesta di libertà su cauzione. La premier neozelandese, Jacinda Ardern, ha annunciato che il governo ha innalzato al massimo il suo livello di minaccia alla sicurezza interna. La Ardern ha spiegato che l'incensurato Tarrant era in possesso di cinque armi: due fucili semiautomatici e due pistole acquistate con regolare permesso nel novembre del 2017. Il capo della polizia, Mike Bush, invece, ha riferito che l'arsenale del suprematista era composto da armi acquistabili legalmente con una licenza di categoria A, il primo livello del porto d'armi nel Paese, tanto che non è obbligatorio dichiararne il possesso alla polizia, nonostante si possa scegliere tra oltre 2.000 modelli di pistole e fucili. Tarrant, però, aveva taroccato quelle armi aggiungendo, tra le altre cose, un caricatore più capiente (acquistabile legalmente ma separatamente), aumentando la potenza di fuoco. La premier ha quindi promesso una pronta risposta da parte del governo e ha sottolineato che il divieto di possedere armi semiautomatiche è «senza dubbio una delle questioni» che valuterà «con effetto immediato». Si teme l'effetto emulazione. Una preoccupazione che non ha lasciato indifferente l'Italia. Il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, che subito dopo la strage è stato attaccato dagli ultrà di sinistra per l'affermazione «l'estremismo pericoloso è quello islamico», ieri mattina ha partecipato alla riunione del Comitato di analisi strategica antiterrorismo. Secondo fonti del Viminale nella riunione si sono discusse direttive per una «rinnovata attività di monitoraggio» che miri a evitare il rischio di emulazione e l'eventualità di ritorsioni provenienti da ambienti radicali. Le direttive sono state impartite alle forze di polizia italiane che hanno garantito massima collaborazione internazionale nell'ambito delle attività di intelligence e prevenzione. «Non sono emersi legami tra l'attentatore e l'Italia», ha detto al termine della riunione il ministro, «ma i nostri apparati di sicurezza restano vigili per monitorare la situazione. Abbiamo la fortuna di contare su forze di polizia e intelligence tra le migliori al mondo, ma non abbassiamo la guardia». Durante il briefing è stata analizzata la storia personale del terrorista Tarrant, il cui nominativo non era mai stato trattato dagli apparati di sicurezza italiani. E anche dopo un ulteriore approfondimento dei suoi contatti all'estero non sono emersi collegamenti. L'analisi era stata richiesta anche dall'intelligence neozelandase, che da ieri sta cercando di capire se dietro Tarrant ci sia una internazionale di suprematisti. Lui ha affermato di aver agito da solo. La polizia, però, è alla ricerca di collegamenti e complici. Il quotidiano britannico The Independent, citando fonti della sicurezza, sostiene che Tarrant, durante i suoi numerosi viaggi all'estero, avrebbe stabilito contatti con elementi dell'estrema destra xenofoba europea. E ipotizza che esistano relazioni piuttosto solide anche con organizzazioni attive sia in Asia sia Stati Uniti. Dei suoi presunti complici, invece, uno è stato rilasciato dopo poche ore. La posizione degli altri due fermati, anche loro senza precedenti penali e non presenti nelle watchlist sui terroristi, invece, è ancora in fase di approfondimento investigativo. Per questo motivo non sono ancora stati portati davanti al giudice. Nei siti del Paese considerati sensibili sono stati dispiegati agenti armati. Presenza massiccia della polizia anche nell'ospedale in cui sono ricoverati i feriti. Undici di loro rimangono in terapia intensiva. Tra le vittime, invece, ci sono almeno quattro palestinesi, tutti assassinati nella moschea di Al Noor. Probabilmente Tarrant ha deciso di colpire lì perché in passato erano emersi collegamenti, riportati dalla stampa locale in diversi articoli, con estremisti combattenti legati ad Al Qaida. In un servizio pubblicato da News hub, infatti, si sostiene che due di loro, poi uccisi in Yemen, si siano radicalizzati proprio nella moschea di Al Noor. Fatto sta che Tarrant è partito da lì. Dieci minuti prima dell'attacco ha inviato una mail con il Manifesto anti islamico intitolato The great replacement (La grande sostituzione) al governo neozelandese e subito dopo è entrato in scena. Il quotidiano New Zealand herald ha ricostruito che Tarrant ha inviato la mail, oltre che alla premier Ardern, anche ad altre istituzioni e ai media (sono stati calcolati circa 70 destinatari), descrivendo la strage come un fatto già accaduto. Fabio Amendolara
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)