2023-01-19
Quand’è che finiranno di fare le vittime?
Antonio Panzeri (Imagoeconomica)
Quello scoperchiato dal Qatargate è un vero e proprio sistema nato e cresciuto nella sinistra. La Bellini ha ricevuto più incarichi nelle municipalizzate milanesi sia con Giuseppe Sala sia con Giuliano Pisapia. Ma i dem minimizzano, come i giornaloni, e parlano di caso isolato.Un mese fa, questo giornale si è occupato della commercialista milanese Monica Rossana Bellini. Nonostante la signora fosse sconosciuta alle cronache, il suo nome spuntava in alcuni atti dell’inchiesta condotta dalla Procura di Bruxelles a carico di Pier Antonio Panzeri e Francesco Giorgi, due dei tangentisti del cosiddetto Qatargate. Chi è questa oscura ragioniera che assiste sia l’ex segretario della Camera del lavoro del capoluogo milanese che il suo portaborse, ci siamo domandati in redazione? Controllando il curriculum, il nostro Giacomo Amadori si è reso conto che, sebbene il nome dell’esperta in revisione dei conti non fosse noto al grande pubblico, il suo numero di telefono doveva essere molto ben conosciuto nell’entourage della sinistra lombarda, tanto da averlo chiamato spesso per assegnarle importanti incarichi. Infatti, oltre a sbrigare le pratiche di Panzeri e famiglia, ma anche quelle di Giorgi e genitori, Monica Rossana Bellini ricopriva incarichi ottimamente remunerati in società pubbliche. Dopo essere stata assessore della giunta di sinistra di Pieve Emanuele, Comune della grande Milano, all’epoca di Giuliano Pisapia, Bellini era stata nominata nel collegio sindacale di Sogemi, la società che gestisce i mercati generali della metropoli lombarda, e della fondazione Scuole civiche, mentre con Beppe Sala aveva ricevuto incarichi come revisore dei conti in Milano sport, di proprietà del Comune, e in Afol metropolitana, altra partecipata municipale che si occupa di lavoro e formazione. Per non dimenticare i collegi sindacali di Atm, di alcuni ospedali lombardi e di un paio di consociate Eni, più altre poltrone in una decina di Comuni dell’hinterland, quasi tutti retti da amministrazioni di sinistra. Insomma, passando in rassegna il suo curriculum, abbiamo scoperto che la commercialista di Panzeri e Giorgi era bene introdotta in quell’ambiente politico che si occupa di nomine nelle municipalizzate e nelle società partecipate milanesi. Di lei si sapeva poco o nulla, ma per lei parlavano gli incarichi, al punto da farla considerare ai nostri occhi una ragioniera organica a un certo entourage. Tuttavia, a sollecitare la nostra curiosità è stato anche altro. Mentre alcuni quotidiani si davano da fare per accreditare l’idea di una professionista che non aveva nulla da spartire con i furbetti del trolley pieno di soldi, raccogliendo interviste senza porre le domande chiave, in redazione ci interrogavamo sulle ragioni della costituzione di una società a Tallinn, in Estonia, di cui Bellini era socia insieme con Francesco e papà Giorgi. Azienda fotocopia, con il medesimo azionariato, di un’altra fondata a 2.500 chilometri di distanza, precisamente a Milano, e collegata al mondo delle Ong. Perché fare un’Equality in un Paese dell’Est e un’altra Equality in Italia? Ma soprattutto, perché una commercialista detiene parte del capitale, al fianco di un giovanotto che i magistrati di Bruxelles accusano di essere al centro di un giro di tangenti per condizionare l’Europarlamento? Domande rimaste per settimane senza risposta perché, mentre su La Verità pubblicavamo numerosi articoli per capire chi fosse quella «regina dei conti, amica di Panzeri, che collezionava incarichi con il Pd», scrivendo anche di un viaggio a Doha, altri giornali si incaricavano di minimizzarne il ruolo, quasi che la ragioniera fosse un semplice notaio limitatosi a registrare gli atti richiesti dai clienti.Una versione minimalista che è stata smentita ieri dalla decisione della Procura di arrestarla, accusandola a quanto pare di associazione a delinquere, corruzione e riciclaggio. A giudicare dalle accuse, i magistrati non credono che l’indagata si sia limitata a occuparsi della contabilità, ma dal tenore dell’ordinanza di custodia cautelare ritengono che abbia aiutato a nascondere i soldi ricevuti dal gruppo di pressione al servizio di Qatar e Marocco. Saranno naturalmente i giudici a stabilire se c’è materia per un processo; tuttavia, già ora si può dire una cosa, e cioè che la faccenda che ha portato all’arresto di Panzeri è lungi dall’essere il caso di un semplice mariuolo che si è fatto corrompere. Più passano i giorni e più si capisce, nonostante l’indifferenza dei giornaloni, che quello scoperto dai pm è un sistema di cui fanno parte in molti e sebbene il Pd si dichiari vittima, coinvolge tutti esponenti del Partito democratico e della sinistra. Al punto che a Largo del Nazareno, a questo punto, forse qualcuno dovrebbe chiedersi non solo che cosa sia accaduto, ma anche cominciare a fare le pulizie generali. P.s. Di questa come di altre inchieste di corruzione internazionale a Milano si occupa Fabio De Pasquale, procuratore aggiunto in servizio presso il tribunale di Milano. Lo stesso De Pasquale, tuttavia, proprio ieri è stato rinviato a giudizio, cioè mandato a processo con l’accusa di rifiuto di atti d’ufficio. Secondo i suoi colleghi di Brescia, il magistrato avrebbe «nascosto» prove favorevoli agli imputati del processo Eni, poi tutti definitivamente assolti. Certo noi siamo garantisti, ma vi pare normale che un pubblico ministero sul cui capo pende un’accusa tanto grave possa restare al suo posto continuando a occuparsi di inchieste delicate come quella che riguarda i soldi dal Qatar? Per un’indagine che ha al centro la politica, non sarebbe meglio un pm al di sopra di ogni sospetto?
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)