2023-02-15
Qatargate, alla Ong fondata dalla Bonino bonifici per quasi 5 milioni dall’Europa
Emma Bonino (Imagoeconomica)
L’Ue solo ora avvia la verifica dei finanziamenti dati agli enti spuntati nell’inchiesta. E il legale di Marc Tarabella attacca i giudici.L’ex super dirigente del ministero ha scelto il rito abbreviato: per i pm avrebbe pilotato le gare per favorire l’editore Federico Bianchi di Castelbianco.Lo speciale contiene due articoliLa Ong No Peace without justice ha sempre professato la sua estraneità al Qatargate, l’inchiesta per una presunta corruzione che ha scosso le fondamenta delle istituzioni europee. Anche quando il suo segretario generale Nicolò Figà Talamanca era stato arrestato su mandato del giudice istruttore belga Michel Claise, con l’accusa di essere uno dei sodali dell’ex europedutato Pier Antonio Panzeri, considerato dagli inquirenti di Bruxelles il deus ex machina delle attività a favore del Marocco e del Qatar. Nei giorni scorsi Figà Talamanca è stato liberato «senza condizioni», ma questo non ha spento i riflettori che il Parlamento europeo ha acceso sul mondo delle Ong, in particolare quelle citate negli atti dell’inchiesta sulla corruzione. Un documento interno firmato dal commissario europeo Johannes Hahn che La Verità ha potuto visionare ricostruire infatti il flusso di denaro che la Ong fondata da Emma Bonino ha ricevuto dalle istituzioni europee a partire dal 2006. Complessivamente, i 7 progetti finanziati (su 9 presentati) hanno portato nelle casse di No Peace without justice la bella cifra di «non più di4,62 milioni di euro». Ma tre dei progetti portati a termine avevano più «beneficiari» facendo salire il totale delle somme uscite dalle casse dell’Ue a circa 5 milioni di euro. Ma non basta. Secondo il documento che Hann ha inviato alla presidente della Commissione per il controllo dei bilanci Monika Hohlmeier, al momento dell’esplosione del Qatargate aveva in corso progetti per un valore di circa 2,7 milioni di euro, in parte già erogati. I restanti 1,37 milioni di euro non ancora erogati dalla Commissione, spiega il documento, «sono ora sospesi in via cautelare». Ma su cosa vertevano i progetti finanziati con fondi comunitari? Secondo il documento, hanno perseguito vari obiettivi tra cui «il rafforzamento del sistema di giustizia penale internazionale, la promozione e la protezione dei diritti umani dei bambini e dei giovani in Siria e il miglioramento della capacità di segnalazione del governo libico e della società civile in materia di diritti umani». Anche la Ong Droit au droit (Diritto ai diritti), che condivide con No peace without justice lo stesso indirizzo a Buxelles, ha beneficiato di fondi comunitari. La Commissione ha concesso sovvenzioni a un totale di sette progetti che vedono coinvolta la Ong di cui è direttore esecutivo Nicola Giovannini che è anche coordinatore degli affari istituzionali di No peace without justice. Somme erogate con fondi gestiti direttamente dalla Commissione, dal 2006 al 2018. Tutti i progetti sono stati completati e alla Ong è andata una cifra «non superiore» a 526.000 euro, su un totale di 1,09 milioni. Nello stesso palazzo ha sede anche la Ong Fight for impunity, fondata da Panzeri nel 2019, che però non ha ricevuto «alcun sostegno finanziario dai fondi dell’Ue gestiti direttamente dalla Commissione». Una ricostruzione che rafforza l’ipotesi che la costituzione della Ong fosse funzionale alla gestione dei rapporti che Panzeri intratteneva con Qatar e Marocco. E proprio sull’ex eurodeputato sono tornati ad abbattersi gli strali di Maxim Töller, difensore di un altro indagato, il parlamentare europeo italo-belga Marc Tarabella, arrestato sabato scorso. In un’intervista al quotidiano Le Soir Töller ha dichiarato che Panzeri «accusa Tarabella nel modo più infame, quello in cui è impossibile dimostrare che non è vero». Per poi sostenere che dopo aver «chiesto a un revisore di analizzare i conti del mio cliente negli ultimi sei anni, non è stata rilevata alcuna traccia di frode o arricchimento sospetto». Poi l’attacco al sistema giudiziario belga: «Sulla base delle dichiarazioni di un uomo di cui è nota la capacità di vendersi (in Mauritania, Marocco, Qatar e ora alla Procura federale), qualcuno viene posto in carcerazione preventiva». Giovedì la Camera di consiglio del tribunale di Bruxelles dovrà decidere se convalidare il carcere per Tarabella, accusato di associazione a delinquere, corruzione e riciclaggio. Töller forte anche del fatto che durante le perquisizioni a carico del suo assistito non sarebbe stato sequestrato nulla, annuncia battaglia: «In questo procedimento la carcerazione preventiva sembra essere un mezzo di pressione (in particolare la privazione di un minore, l’arresto di parenti in Italia, ecc.). Ripeto: capisco la posizione del giudice ma non la aderisco. Mi rammarico che la giustizia non mostri più moderazione in un’indagine di tale importanza».I giudici belgi torneranno sempre giovedì mattina a riesaminare anche la custodia cautelare dell’ex vicepresidente del Parlamento europeo, Eva Kaili, detenuta dal 9 dicembre scorso nella prigione di Haren. L’eurodeputata greca sarà difesa in aula dal fidato avvocato ellenico Michalis Dimitrakopuolos, affiancato per la prima volta dal penalista Sven Mary, celebre per aver difeso il terrorista Salah Abdeslam, che nelle ultime ore ha preso il posto del legale André Risopoulos. I due difensori ribadiranno per Kaili la richiesta degli arresti domiciliari, fin qui sempre negati. A doversi presentare davanti alla Camera di consiglio giovedì mattina sarà poi anche Panzeri, che ha patteggiato con la giustizia belga un anno di carcere. Nonostante la firma dell’accordo da pentito, il diritto penale belga prevede un riesame periodico delle misure cautelari anche nei suoi confronti. L’avvocato di Panzeri, Laurent Kennes, ha riferito all’Ansa che non avanzerà alcuna richiesta per un regime di sorveglianza elettronica.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/qatargate-bonino-bonifici-5milioni-dalleuropa-2659419717.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="mazzette-al-miur-la-boda-punta-allo-sconto-di-pena" data-post-id="2659419717" data-published-at="1676465096" data-use-pagination="False"> Mazzette al Miur, la Boda punta allo sconto di pena L’ex capo dipartimento del ministero dell’Istruzione, Giovanna Boda, ha chiesto ieri di essere giudicata con il rito abbreviato (che prevede lo sconto di un terzo della pena) nel processo che la vede imputata insieme ad altri per presunti episodi di corruzione in appalti affidarti dal dicastero di viale Trastevere. Con lei altri tre imputati (in totale le persone ancora coinvolte sono 13) durante l’udienza preliminare di ieri hanno chiesto di essere giudicati con lo stesso tipo di procedimento. Tra loro anche Fabio Condoleo, l’autista messo a disposizione della dirigente del ministero dall’imprenditore Federico Bianchi di Castelbianco, imputato nel procedimento. Secondo le accuse sarebbe infatti stato Castelbianco a erogare alla Boda tra utilità e promesse, 3,2 milioni di euro, di cui 3 effettivamente andati a suo beneficio. Le utilità dirette ammontano a 1,17 milioni di euro, poco di più di quella per i collaboratori e le assunzioni fatte da Castelbianco attraverso le sue società su richiesta della Boda, costate all’imprenditore 1,15 milioni di euro. Le una tantum versate a soggetti indicati dalla dirigente ammontano a 175.455 euro, mentre le somme versate agli 11 componenti del «gruppo ministero» ammontano a 546.058 euro. Tra le utilità dirette, oltre a 50.000 euro ricevuti in contanti, ci sono anche le spese fatte con una carta di credito prepagata intestata a Castelbianco e ricaricata con 38.756 euro. Per questo all’ex capo dipartimento del ministero e a Bianchi di Castelbianco i magistrati di piazzale Clodio contestano i reati di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio. Durante le indagini Castelbianco è stato raggiunto da due ordinanze di custodia cautelare. Con la prima che, nel settembre di due anni fa, lo aveva fatto finire prima nel carcere romano di Regina Coeli e poi ai domiciliari. La stessa misura prevista dalla seconda ordinanza, risalente a marzo 2022. Va detto che durante l’interrogatorio del 6 luglio scorso, nel corso la ex capo dirigente del ministero dell’Istruzione aveva già ammesso davanti sostituto procuratore Carlo Villani gli addebiti che le contesta la Procura di Roma. Mentre altre sei persone coinvolte hanno già chiesto il patteggiamento con pene che vanno dai 4 mesi e due anni di reclusione. Se era pressoché scontata la richiesta di costituirsi parte civile l’Avvocatura dello Stato per il Miur e la Presidenza del Consiglio, ieri è arrivata a sorpresa anche quella dei giornalisti dell’agenzia di stampa Dire, all’epoca dei fatti controllata da Castelbianco. La decisione di avanzare la richiesta di costituzione di parte civile è stata deliberata al dall’assemblea dei giornalisti dell’agenzia. La richiesta è stata presentata formalmente da tre giornalisti in rappresentanza del corpo redazionale. Nel dicembre scorso i lavoratori avevano proclamato lo stato di agitazione sindacale a seguito dell’annuncio da parte del nuovo editore della Dire di interrompere il percorso di ammortizzatori sociali e di voler procedere con un piano di esuberi pari a circa il 30% della forza lavoro. In un comunicato i dipendenti avevano denunciato come «l’attuale situazione finanziaria aziendale» fosse «addebitabile in gran parte alla catena di errori e di illeciti della precedente proprietà contestati dall’autorità giudiziaria». L’udienza è stata rinviata il 30 maggio, quando verrà presa la decisione sia sulle richieste di rito abbreviato e di costituzione di parte civile (se confermate), sia sui rinvii a giudizio.
Pier Silvio Berlusconi (Ansa)
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