2025-03-14
Putin apre al cessate il fuoco, ma soltanto se definitivo. Trump: «Parole promettenti»
Lo zar ha visto Lukashenko e incontrato, a porte chiuse, l’inviato Usa Witkoff. Ribadita l’intenzione di parlare con Donald. Che spinge: «Deluso se Mosca rifiuterà la tregua».Si prospetta un complicato minuetto diplomatico tra Washington e Mosca sull’Ucraina. Ieri, durante una conferenza stampa con il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, Vladimir Putin non ha chiuso del tutto alla proposta, elaborata a Gedda, di un cessate il fuoco di 30 giorni. Ha ciononostante puntualizzato che prima dovrebbero essere risolte alcune questioni: questioni che ha detto di voler discutere con Donald Trump.«Siamo d’accordo con la proposta di un cessate il fuoco per porre fine alle ostilità, ma partiamo dal presupposto che questo cessate il fuoco dovrebbe portare a una pace duratura e dovrebbe rimuovere le cause profonde di questa crisi», ha affermato. Il capo del Cremlino ha inoltre dichiarato che le truppe ucraine sarebbero completamente isolate nel Kursk e che potranno lasciare la regione soltanto in due modi: o arrendendosi o morendo. Putin ha proseguito, sostenendo che molto dipenderà dalla situazione sul campo e ha elencato alcune delle questioni che, secondo lui, dovranno essere affrontate per arrivare a una tregua.«Cosa succederebbe durante quei 30 giorni? Ciò consentirebbe all’Ucraina di continuare la mobilitazione forzata e la fornitura di armi all’Ucraina, in modo che le nuove unità mobilitate possano essere addestrate, oppure ciò non avverrà?», ha detto lo zar. «Chi darà l’ordine di cessare le ostilità? E quanto varranno questi ordini, lungo 2.000 chilometri? Chi deciderà dove c’è stata una violazione del possibile accordo di cessate il fuoco lungo tutta la linea dei 2.000 chilometri, e chi sarà incolpato per aver violato il cessate il fuoco? Tutte queste questioni devono essere studiate attentamente e scrupolosamente da entrambe le parti». «Quindi l’idea è buona e la sosteniamo pienamente, ma ci sono questioni di cui dobbiamo discutere e penso che dovremmo negoziare con i nostri colleghi e partner americani, magari con una telefonata al presidente Trump, ma l’idea stessa di porre fine a questo conflitto con mezzi pacifici la sosteniamo», ha aggiunto. È quindi intervenuto Lukashenko che, evidentemente calatosi ieri nel ruolo di «poliziotto cattivo», ha dichiarato: «Se la Russia si mettesse d’accordo con gli Stati Uniti, l’Ucraina e l’Europa sarebbero spacciate».Si resta dunque in attesa dei contatti tra Washington e Mosca. Ieri, mentre riceveva alla Casa Bianca il segretario generale della Nato Mark Rutte, Trump ha definito le dichiarazioni dello zar come «molto promettenti, ma non perfette». «Ora vedremo se la Russia ci starà o meno, e se non ci starà, sarà un momento molto deludente per il mondo», ha proseguito, aggiungendo che si premurerà di evitare che Mosca attacchi gli alleati degli Stati Uniti. In questo quadro, Trump si è detto disposto a parlare con Putin. E una telefonata tra i due potrebbe effettivamente tenersi in questi giorni. Non solo. Ieri sera, mentre La Verità andava in stampa, era atteso un faccia a faccia a porte chiuse tra il presidente russo e l’inviato americano per il Medio Oriente, Steve Witkoff.D’altronde, secondo Axios, gli Usa stanno premendo per una tregua «incondizionata». Non a caso, da Washington sono continuate ad arrivare pressioni su Mosca. Ieri, Trump ha detto di avere una «leva» sul Cremlino, specificando però di non volerne parlare per il momento. Inoltre, poco prima della conferenza stampa di Putin, il segretario al Tesoro americano, Scott Bessent, aveva minacciato sanzioni contro la Russia. «Se prendiamo una scala da zero a dieci, allora penso che le sanzioni dell’amministrazione Biden contro la Russia fossero probabilmente a tre; all’uscita, le hanno portate a sei. E posso dirvi che non esiteremmo a portarle fino a dieci», aveva detto, per poi aggiungere: «Tutto questo fa parte del piano del presidente Trump di preparare il tavolo per negoziati di successo. È disposto a esercitare la massima pressione su entrambe le parti». Dopo il bastone, l’inquilino della Casa Bianca è comunque tornato a usare la carota con Mosca: ieri, ha escluso nuovamente un’adesione di Kiev alla Nato e ha anche sostenuto che l’Ucraina dovrà accettare alcune cessioni territoriali.La domanda, a questo punto, è ovvia: come bisogna intendere la cauta apertura di Putin? È sincera o si tratta soltanto di un modo per prendere tempo e rafforzare la posizione russa sul campo? A che cosa si riferisce esattamente lo zar, quando parla di «rimuovere le cause profonde di questa crisi»? Ora, è chiaro che, sul campo, Mosca si trova attualmente in una posizione di forza. Non è d’altronde un caso che Putin abbia vincolato eventuali svolte diplomatiche alla situazione militare sul terreno. Il leader russo sa di potersi permettere di prendere tempo, laddove Trump ha maggiore urgenza di chiudere in fretta la partita: il che potrebbe rendere il presidente americano poco disposto a rinegoziare con lunghe trattative il piano elaborato a Gedda.C’è tuttavia un punto interrogativo non indifferente. Lo zar è in difficoltà in Siria, dove, a seguito della caduta di Bashar al Assad, ha perso significativamente terreno a netto vantaggio di Ankara. Una debolezza, questa, che alla Casa Bianca non sfugge di certo. E infatti a parlare con il capo del Cremlino Trump non ha mandato l’inviato americano per l’Ucraina, Keith Kellogg, ma quello per il Medio Oriente, Witkoff. In altre parole, il presidente degli Stati Uniti potrebbe offrirsi di aiutare lo zar a recuperare influenza in Siria, per ottenere in cambio una posizione più morbida in Ucraina. Ecco che dunque la cauta apertura di Putin nei confronti di una tregua può essere letta o come mossa tattica per guadagnare tempo o come un gesto per ricevere da Washington una contropartita mediorientale. Senza contare che lo zar avverte come sempre più soffocante il suo abbraccio con Pechino. Un fattore, questo, su cui Trump è deciso a fare leva.
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