2023-10-07
La versione di Putin su Prigozhin «Giocava con una granata da ubriaco»
Vladimir Putin (Getty Images)
Il leader russo attribuisce la morte del capo della Wagner alla poca lucidità a bordo dell’aereo esploso. Giallo sulla strage di Groza: Mosca nega responsabilità. E intanto fa marcia indietro sulla messa al bando del nucleare.Dopo lo scandalo per gli onori all’ex Ss, per placare gli animi il presidente canadese si è impegnato a desecretare un rapporto sui reduci dell’Asse riparati nel Paese.Lo speciale contiene due articoli.La verità sulla morte del leader dei mercenari della Wagner Evgenij Prigozhin non si scoprirà mai. Di ciò che è accaduto ci è concesso solo avere delle versioni, l’ultima, e forse la più bizzarra, è quella che arriva dal presidente russo Vladimir Putin. «Giocavano con una granata ed erano ubriachi». Questa la sua versione. Semplice. Troppo. E infatti è al limite del ridicolo. Sui corpi delle vittime - ha spiegato - sono stati trovati frammenti di una granata, quindi questo potrebbe far pensare ad un’esplosione accidentale. Inoltre, sempre nella sua ricostruzione, non c’è traccia di impatto esterno al velivolo. Il particolare escluderebbe così la tesi del missile, scenario ipotizzato da alcuni insieme a quello di un ordigno nascosto a bordo. Nulla di ufficiale in quanto, come spiegato dal portavoce Dmitri Peskov, gli inquirenti non hanno ancora consegnato il report finale. Il leader del Cremlino si è detto amareggiato e deluso per il fatto che non siano stati eseguiti test durante l’autopsia per accertare presenza di alcol o droghe, ricordando che durante una perquisizione nella villa di Prigozhin erano stati trovati cinque chilogrammi di cocaina. Putin chiaramente in questo modo intende alludere alla possibilità che il capo della Wagner e i suoi potessero essere sotto l’effetto di sostanze e in assenza di lucidità compiere gesti rischiosi, come il giocare con delle bombe a mano. Ennesimo tentativo di sviare e confondere le acque. Putin ha poi aggiunto che migliaia di membri della Wagner hanno firmato l’atto di sottomissione alla Difesa. Dopo la morte dello chef di Putin, a far discutere è il terribile attentato avvenuto due giorni fa a Groza, vicino a Kupiansk, nella regione ucraina di Kharkiv. Una strage in cui sono morte 52 persone, ma nonostante l’Alto commissariato dell’Onu riferisca che «tutto suggerisce sia stato un missile russo», il portavoce del Cremlino Peskov ha dichiarato: «Continuiamo a riaffermare che l’esercito russo non colpisce obiettivi civili, ma militari». Una squadra di otto membri dell’Alto Commissariato oggi raggiungerà Groza, per raccogliere le testimonianze dei sopravvissuti e far luce su quanto accaduto. «In questa fase è ovviamente molto difficile stabilire con assoluta certezza cosa sia successo» ha spiegato Elizabeth Throssell, portavoce dell’ufficio dell’Alto commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite. «Non sembrano esserci obiettivi militari nelle vicinanze, ma ovviamente ciò richiederà ulteriori esami e verifiche», ha aggiunto Throssell. In seguito a ciò che è successo Vienna ha deciso di convocare l’ambasciatore russo in Austria, Dmitri Ljubinski. «Con questo brutale attacco contro obiettivi civili, la Federazione Russa viola ancora una volta il diritto internazionale umanitario. I responsabili di questi crimini di guerra devono rispondere delle loro azioni. L’Austria continuerà a lavorare in questo senso insieme ad altri partner», ha sottolineato il ministero degli Esteri austriaco.Gli attacchi russi sulla regione di Kharkiv proseguono. Ieri mattina un bombardamento ha danneggiato 20 edifici, decine i feriti e un morto: un bambino. «Il bambino ucciso è un maschio. Aveva dieci anni... Le mie condoglianze ai parenti e agli amici», il messaggio del presidente ucraino Volodomyr Zelensky. «Vogliono ucciderci solo perché siamo ucraini. Questa è una guerra brutale. È una lotta per la sopravvivenza della nostra nazione contro un terrorista folle il cui obiettivo è il genocidio», ha scritto su Telegram il consigliere presidenziale ucraino Andry Yermak. Le forze russe non commentano l’attacco ma rivendicano invece di aver colpito un’auto blindata con a bordo ufficiali di alto rango dell’esercito di Kiev a Kherson. A difendere Mosca il solito presidente bielorusso Alexander Lukashenko: «L’esplosione delle tensioni e l’escalation porteranno a una situazione in cui la Russia sarà spinta a mettere il pulsante rosso sul tavolo», ha detto sottolineando che si tratta degli Stati Uniti che spingono la Russia a usare misure estreme. La comunità internazionale insomma continua a tenere l’attenzione alta sul conflitto. Anche il presidente della Repubblica italiano Sergio Mattarella torna a parlare di Ucraina: «L’Unione Europea ha reagito con fedeltà e compattezza ai suoi valori. Accanto, e al di là, della doverosa solidarietà all’Ucraina, sostenendola scongiuriamo il pericolo di un conflitto dai confini imprevedibili. Se l’Ucraina cadesse assisteremmo a una deriva di aggressioni ad altri Paesi ai confini con la Russia e questo, come avvenne nel secolo scorso tra il 1938 e il ’39, condurrebbe a un conflitto generale e devastante. È motivo di tristezza vedere tante vite stroncate, tanta distruzione, immani risorse finanziarie bruciate in armamenti, ma quanto stiamo facendo tutela la pace mondiale. Naturalmente, l’auspicio è che si creino quanto prima le condizioni per un processo che conduca alla pace in Ucraina: una pace giusta, non effimera». Eppure nonostante il sostegno unanime il nodo dell’ingresso di Kiev nell’Unione continua a dividere. Se da una parte il premier spagnolo, Pedro Sanchez chiede che si cominci a parlare della sua integrazione, dall’altra il premier ungherese Viktor Orbán esprime delle perplessità: «Dobbiamo discuterne seriamente. Non abbiamo mai fatto alcun allargamento con un Paese che è in guerra». Preoccupa infine l’intenzione di Mosca di uscire dal Trattato per la messa al bando totale degli esperimenti nucleari (Ctbto). Peskov ha spiegato che abbandonare il trattato avrebbe lo scopo di allinearsi alla posizione degli Stati Uniti, non quello di effettuare test.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/putin-su-prigozhin-granata-ubriaco-2665824876.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-lista-dei-nazisti-spaventa-trudeau" data-post-id="2665824876" data-published-at="1696696731" data-use-pagination="False"> La lista dei nazisti spaventa Trudeau Chi l’avrebbe mai detto che un vecchio reduce della seconda guerra mondiale, alla veneranda età di 98 anni, potesse causare così tanti problemi a un primo ministro… Eppure, è proprio quello che è successo in Canada, dove il premier Justin Trudeau, insieme a Volodymyr Zelensky in visita, ha assistito alla standing ovation tributata dal Parlamento a Yaroslav Hunka, ucraino con passaporto canadese e, soprattutto, veterano delle Waffen-Ss. Cosa che, come c’era da attendersi, ha mandato su tutte le furie le associazioni ebraiche.Mercoledì scorso, per placare gli animi, il povero Trudeau ha annunciato che alcuni alti funzionari del governo stanno riesaminando con «molta attenzione e cautela» il rapporto della Commissione Deschênes, per renderlo il più possibile accessibile al grande pubblico. Istituita dall’ex premier di centrodestra Brian Mulroney (1984-1993), questa commissione si era occupata dei reduci nazionalsocialisti che, dopo la guerra, si sono trasferiti in Canada. Pubblicato nel 1986, il rapporto era diviso in due sezioni: la prima conteneva raccomandazioni per facilitare l’estradizione dei criminali di guerra e fu subito resa pubblica; la seconda, invece, non è mai stata divulgata. È possibile che si tratti di veterani che, pur avendo servito le potenze dell’Asse, non si sono macchiati di particolari crimini e si sono poi rifatti una vita in Canada.A spingere per la pubblicazione della seconda parte del rapporto sono soprattutto le associazioni ebraiche, come il B’nai Brith e gli Amici del Centro Simon Wiesenthal. La politica, invece, si è spaccata a livello trasversale: sia liberali che conservatori si sono divisi al loro interno sull’opportunità di declassificare il rapporto. Per alcuni, si tratta di fare definitivamente i conti con il passato, mentre per altri è ormai inutile rivangare storie antiche e ingombranti. Ad esempio, il deputato liberale del Québec Anthony Housefather, che è ebreo, ha affermato che si tratta di una questione molto delicata e che il governo «non vuole arrecare dolore a diverse comunità dell’Europa orientale». Per questo c’è da capire quali parti rivelare e quali mantenere segrete, anche perché le singole situazioni sono piuttosto differenziate: lo stesso Hunka, per dire, ha interpretato il suo servizio militare come una lotta per l’indipendenza dell’Ucraina contro il totalitarismo sovietico, senza contare che la divisione di Waffen-Ss in cui combatté è tuttora commemorata dagli espatriati ucraini in tutto il mondo. La Commissione Deschênes, peraltro, sentenziò che le accuse di crimini di guerra commessi da questa divisione «non sono mai state comprovate».Insomma, questa sorta di Norimberga 2.0, avallata da Trudeau con goffaggine, malcelati timori e imbarazzo, non aiuta a comprendere le complessità della storia. Basti guardare a quel che sta succedendo alla nutrita comunità ucraina presente in Canada. L’Università dell’Alberta, per esempio, è stata accusata da alcuni reporter di sinistra di intrattenere rapporti (anche economici) con l’Istituto canadese di studi ucraini (Cius). Il suo co-fondatore, Peter Savaryn, militò nella stessa formazione di Hunka. Questo, però, non gli impedì di essere insignito nel 1987 dell’Ordine del Canada, la più alta onorificenza della nazione.Insomma, pare sia partita una singolare caccia alle streghe in salsa canadese. Con risvolti, tra l’altro, alquanto grotteschi. Infatti, uno degli autori dell’inchiesta sull’Università dell’Alberta e il Cius, Duncan Kinney, un anno fa è stato rinviato a giudizio per atti di vandalismo contro due monumenti ucraini a Edmonton: una statua in onore del nazionalista ucraino Roman Shukhevych e un memoriale per i soldati ucraini della seconda guerra mondiale. A detta degli inquirenti, Kinney avrebbe imbrattato entrambi con la vernice rossa e la scritta «nazisti».
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