2022-06-05
Pure Bergoglio bacchetta i tagli di Speranza
Papa Francesco non cita il ministro ma gli fa fischiare le orecchie: «La sanità italiana è una ricchezza, ridurre i fondi è un oltraggio». Dal collasso dei pronto soccorso alla carenza di medici fino alle liste d’attesa infinite per un esame, il settore è sempre più in crisi.Compagni, c’è un problema: a sparare a palle incatenate sulla sanità italiana non è un rappresentante dell’opposizione, non è la destra pericolosa, non è un perfido sovranista, ma il Papa in persona. E, nel doveroso rispetto del distanziamento sociale ed eventualmente indossando anche una o più mascherine contemporaneamente, bisognerà che qualcuno avvisi il ministro della Salute Roberto Speranza che il messaggio, per evidenti ragioni, non può che essere indirizzato proprio a lui. I fatti, per cominciare. Nel corso dell’udienza concessa ai dirigenti della confederazione Federsanità, papa Bergoglio ha preso la parola, dapprima sviluppando concetti più prevedibili, ispirati a princìpi di carità, a quello che potremmo definire lo spirito del buon samaritano: «Gli operatori sanitari», ha detto papa Francesco, «devono farsi prossimi ai pazienti, abbattere le distanze, fare in modo che non ci siano malati di “serie A” e di “serie B”, mettere in circolo le energie e le risorse perché nessuno sia escluso dall’assistenza».Occorre percepire, nel paziente, «un altro me stesso»: questo atteggiamento «spezza le catene dell’egoismo, fa cadere il piedistallo sul quale a volte siamo tentati di salire e spinge a riconoscerci fratelli, a prescindere dalla lingua, dalla provenienza geografica, dallo status sociale o dalla condizione di salute». E ancora, ribadendo il concetto: «Se nelle persone che incontriamo nelle corsie degli ospedali, nelle case di cura, negli ambulatori, riusciamo a scorgere prima di tutto dei fratelli e delle sorelle, cambia tutto: la “presa in carico” smette di essere una questione burocratica e diventa incontro, accompagnamento, condivisione». E fin qui c’è, nel senso migliore del termine, la parte di predica, di invito a ciascun professionista della sanità a essere persona e buon cristiano, prima che medico o infermiere. A poco a poco, però, Bergoglio ha allargato la prospettiva. Dapprima lo ha fatto secondo concetti anch’essi prevedibili per il Pontefice sudamericano, con un riferimento al concetto di giustizia sociale: citando la cosiddetta «Nuova carta degli operatori sanitari», papa Francesco ha ricordato che la cura «attiene al valore della giustizia, secondo il quale non ci sono distinzioni di popoli e nazioni, tenuto conto delle oggettive situazioni di vita e di sviluppo dei medesimi, nel perseguimento del bene comune, che è contemporaneamente bene di tutti e di ciascuno». Una volta preso slancio, però, il Papa non si è più fermato, e qui è arrivata la parte più politica, più italiana e diciamo pure più inattesa della sua intemerata: «Occorre lavorare perché tutti abbiano accesso alle cure, perché il sistema sanitario sia sostenuto e promosso, e perché continui ad essere gratuito. Tagliare le risorse per la sanità è un oltraggio all’umanità». A seguire, e sempre sul tema della sanità pubblica, ecco un’altra legnata alla politica: «Quando un Paese perde questa ricchezza, che è la sanità pubblica, incomincia a fare distinzioni tra la popolazione: coloro che hanno accesso, che possono avere sanità a pagamento e coloro che sono senza servizio sanitario. Per questo è una ricchezza vostra, qui in Italia, la sanità pubblica: non perderla, per favore, non perderla!», ha concluso. Ora, a voler essere puntigliosi, si potrebbero fare mille osservazioni anche critiche: non c’è motivo di prendersela con la sanità privata, anzi è noto che le Regioni che offrono prestazioni migliori (dal Veneto alla Lombardia) sono proprio quelle che favoriscono un virtuoso incrocio tra parte pubblica e parte privata, allargando le possibilità di scelta del cittadino. Ma, per una volta, non è questo il cuore del problema: il punto è che il Papa ha severamente e inequivocabilmente bastonato un settore gestito, oggi, dal ministro più di sinistra, dal ministro che si riempie sistematicamente la bocca di investimenti pubblici, dal ministro più dirigista e interventista, dal ministro che non aveva avuto remore a mettere nero su bianco (nel suo libro poi ritirato) il concetto secondo cui la situazione sociale creatasi dopo la pur sciagurata emergenza Covid dava una nuova opportunità alla sinistra, anzi «una nuova possibilità di ricostruire un’egemonia culturale su basi nuove. […] Adesso può sembrare utopia, ma credo che la strada sia già segnata ed è quella giusta. A noi tocca, su queste basi, rifondare il campo democratico e progressista». La tesi era fin troppo chiara. Prima dovevano esserci stati i liberisti cattivi, mentre ora c’erano e ci sono quelli con la preoccupazione sociale. Ah sì? E allora come si spiega il collasso dei pronto soccorso? Come si spiegano i clamorosi buchi negli organici nonostante le massicce immissioni di personale avvenute nel periodo pandemico? Come si spiega l’ininterrotta fuga di medici, anno per anno? Come si spiega l’enormità (in primo luogo nelle Regioni governate dalla sinistra) delle liste d’attesa infinite? Nel mese di maggio, il dorso romano di Repubblica ha denunciato, nel Lazio, lo scandalo, per una risonanza magnetica al cervello (esame che si fa, inutile dirlo, se si hanno terribili sospetti), della prima disponibilità nella città di Roma soltanto a gennaio del 2023… Sarà dura stavolta dare la colpa alla destra.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)