2024-08-09
Puigdemont riappare (e scompare). Eluso l’arresto, imbarazzo a Madrid
Dopo 7 anni in Belgio, l’ex governatore catalano ricercato Carles Puigdemont sbuca a Barcellona e rivendica la causa separatista. La polizia organizza quindi una caccia all’uomo, ma lui se la svigna grazie ai complici. Sánchez sotto accusa.Quello di Carles Puigdemont in Catalogna è stato un ritorno da film. Prima le sue dichiarazioni pubbliche, poi la «caccia» della polizia per arrestarlo, infine le ricerche sospese. E il leader separatista, su cui pende un mandato d’arresto per il referendum indipendentista del 2017, ora è scomparso nel nulla.Ma riavvolgiamo il nastro. «Devo esserci e voglio esserci. Per questo ho intrapreso il viaggio di ritorno dall’esilio». Con queste parole, in un video condiviso su X, l’ex governatore della Catalogna, aveva annunciato l’altro ieri il suo ritorno a Barcellona dopo aver trascorso quasi sette anni in Belgio. Una dichiarazione preceduta qualche giorno prima da un altro post, sempre sulla piattaforma social di Elon Musk, in cui il leader di Junts per Catalunya aveva confermato la volontà di tornare in Spagna, consapevole del rischio di finire in carcere.L’occasione dell’arrivo in patria è stata la seduta della Camera catalana per l’investitura del nuovo governatore della Catalogna, il socialista Salvador Illa, un risultato politico scaturito dal patto tra il Partito dei socialisti di Catalogna, Sinistra repubblicana e Sumar. Il ritorno di Puigdemont era dunque una certezza, e che non avrebbe dovuto destare sorpresa o cogliere impreparate le autorità spagnole.Eppure ieri mattina, intorno alle 9, Puigdemont si è presentato su un palco allestito poco distante dal Parlamento regionale, presso l’Arco di Trionfo di Barcellona, circondato da alcuni politici indipendentisti e diverse centinaia di simpatizzanti. È riuscito, indisturbato, a pronunciare un discorso di sei minuti davanti alla folla, invocando il diritto di autodeterminazione dei popoli, recriminando una «persecuzione» durata sette anni. «Oggi sono qui per ricordare che ci siamo ancora», ha detto festante. Successivamente è scomparso dai radar di telecamere e giornalisti mentre altri suoi alleati procedevano verso il Parlamento, in cui poco dopo sarebbe avvenuta l’investitura di Illa. Secondo fonti locali, sembra che la polizia non volesse arrestarlo mentre si trovava sul palco per evitare problemi di ordine pubblico: una mossa che Puigdemont avrebbe pienamente sfruttato, sparendo senza lasciare alcuna traccia. Quindi è partita una frenetica caccia all’uomo, con la polizia che ha allestito posti di blocco dentro e fuori la città causando rallentamenti e code. L’ipotesi più plausibile è che il leader indipendentista si sia allontanato a bordo di un’auto e forse scortato da un’ulteriore vettura fuori dal centro di Barcellona, con la complicità di alcune persone. Ieri pomeriggio, un agente dei Mossos d’Esquadra, ossia della polizia catalana, è stato arrestato perché avrebbe svolto un ruolo nella fuga dell’ex governatore. E successivamente la polizia della Catalogna ha proprio sospeso le ricerche, rivelatesi (al momento) un clamoroso buco nell’acqua.Un fatto che crea non poco imbarazzo a Madrid e al governo di Pedro Sánchez per duplici motivi: innanzitutto, l’agire indisturbato dell’ex governatore della Catalogna, nonostante la consapevolezza del suo arrivo e la mancata cattura. In secondo luogo, l’arresto di un agente di polizia per presunto favoreggiamento, membro quindi della stessa forza che starebbe cercando Puigdemont. Le reazioni politiche non si sono fatte attendere. Il leader di Vox Santiago Abascal ha individuato un unico colpevole: Sánchez, ritenuto infatti come «il principale responsabile dell’impunità» di Puigdemont e «della distruzione dello Stato di diritto in Spagna». Sulla stessa linea Alberto Núñez Feijóo, leader del Partito popolare spagnolo, che descrive la situazione come «un’umiliazione insopportabile», e puntando il dito contro il primo ministro sostiene che «è imperdonabile danneggiare l’immagine della Spagna in questo modo». Al contrario, Jordi Cabré, membro della squadra giuridica del politico indipendentista, ha preso inevitabilmente le difese di Puigdemont, sostenendo che, avendo il diritto di voto, «la sua missione era quella di poter esercitare i propri diritti come cittadino e come deputato eletto al massimo possibile».Sulla questione, Vox era già stato critico nei confronti del governo, quando a maggio di quest’anno Sánchez aveva concesso l’amnistia agli indipendentisti catalani, colpevoli di aver indetto sette anni fa il referendum sulla secessione della Catalogna, un atto contrario alla Costituzione spagnola. Se per Sánchez «il perdono è meglio del rancore», come disse in quell’occasione, per Abascal l’amnistia non era altro che «un atto di corruzione politica» e uno strumento per il premier per restare saldo al potere. Questa misura non era stata applicata però a Puigdemont, perché oltre a essere accusato del tentativo illegittimo di secessione, è stato ritenuto colpevole anche di appropriazione indebita di fondi pubblici usati per organizzare il referendum. Motivo per cui pende tuttora il mandato di cattura, e ragione per cui non era più tornato nella città catalana. Fino a ieri.
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