2019-07-16
Prova di forza della Lega al Viminale. Deciso il piatto forte della manovra
Matteo Salvini riceve la triplice sindacale, Confindustria e decine di associazioni. Sul tavolo la flat tax al 15% per 20 milioni di famiglie. Ira di Giuseppe Conte: «La legge di Bilancio la decido io». E domani si apre il fronte Massimo Garavaglia.Come anticipato più o meno due settimana fa, ieri il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, come lui ha stesso ha voluto specificare in veste di vicepremier e segretario della Lega, ha incontrato al Viminale un sessantina di rappresentanti delle parti sociali: dai sindacati fino a Confindustria, passando per i rappresentanti degli artigiani e delle professioni liberali. Il tavolo è servito al Carroccio per esplicitare (sebbene senza dettagli nemmeno sulle coperture) l'idea di fondo su cui dovrà poggiare la prossima manovra, ovvero la tassa piatta con l'aggiunta della revisione Imu. Un mix di taglio al cuneo fiscale e di riformulazione delle aliquote con un fascia centrale (dai 25.000 ai 55.000 euro di reddito lordo familiare) dedicata al prelievo unico del 15%. In cambio niente detrazioni né deduzioni: «Il nostro obiettivo è la flat tax con un'unica deduzione fiscale che assorbirà tutte le detrazioni. Ci saranno benefici per 20 milioni di famiglie e 40 milioni di contribuenti. Ci sarà un grande impulso ai consumi e risparmi per 3.500 euro per una famiglia monoreddito con un figlio».A spiegare in sintesi il progetto è lo stesso Armando Siri che al tavolo del Viminale ieri mattina si è seduto a fianco di Salvini con, a pochi posti di distanza (come si vede nella foto in pagina), Massimo Garavaglia, che a differenza del collega di partito riveste ancora un incarico di governo, come viceministro dell'Econmia. Ed è stata proprio l'organizzazione del meeting e la presenza di Siri a far saltare i nervi al premier Giuseppe Conte: «L'ho già detto: la manovra economica vien fatta a Palazzo Chigi, dal ministro dell'Economia e tutti gli altri ministri interessati. Non si fa altrove, non si fa oggi, e i tempi», ha dichiarato il premier proprio a metà dell'incontro leghista durato quasi sei ore, «li decide il presidente del Consiglio sentiti gli altri ministri. I tempi non li decidono altri, se si lavora d'estate, d'inverno o d'autunno», ha concluso stizzito Conte, allontanandosi da Palazzo Chigi per un caffè col suo staff dopo aver rilasciato un'ultima dichiarazione: «Siamo nella logica di un incontro di partito? Ci sta bene la presenza di Siri. Siamo nella logica di un incontro governativo? Non ci sta bene la presenza di Siri». Il che significa che la mossa leghista ha colto nel segno. La scelta di farsi affiancare da Siri è molto precisa. Sta a indicare che lo staff leghista resta il medesimo, soprattutto in vista delle sentenza della Corte dei conti attesa per la settimana prossima e del processo penale attesa invece domani, e stavolta riguardanti Garavaglia. Il messaggio è chiaro. Salvini blinda la squadra e avvia la tecnica del buco. Cioè, se c'è un vuoto di potere va subito riempito. Tradotto? La Lega vuole arrivare a fine settembre facendo in modo che l'opinione pubblica dia per scontato che la manovra di basi sui pilastri del Carroccio e che non ci sarà spazio per inserire i desiderata dei 5 stelle. Uno su tutti, il salario minimo. Basti pensare che ieri durante l'incontro la Lega sul tema ha raccolto quasi tutti pareri sfavorevoli. E poi c'è il tema della spesa pubblica. Già ci sarà da trovare coperture per le clausole di salvaguardia sull'Iva, le uniche altre risorse dovrebbero essere destinate al taglio delle tasse, come almeno immaginano i leghisti. D'altronde a esporsi, ieri, è stato il ministro alle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio in una intervista rilasciata al nostro quotidiano. «Il governo va avanti, ma realizzando le richieste della Lega. A cominciare dalla flat tax. Se la riforma del fisco del Carroccio non dovesse essere prevista dalla legge di Bilancio, allora bisognerà trovare un modo per tornare indietro anche sul reddito di cittadinanza», ha spiegato. Mentre si avvicina la chiusura della finestra per votare a settembre, Centinaio fa capire anche che «abbiamo fatto lo stesso ragionamento che facemmo anche un anno fa, quando a molti sembrava più facile tornare al voto che non fare un governo con i 5 stelle. Abbiamo scelto allora la strada più difficile, e gli italiani ci hanno dato ragione». Secondo la stessa logica la mossa di ieri servirà alla Lega per cercare di costruire un ulteriore consenso che fino a oggi non ha mai avuto tra le parti sociali. Confindustria ad esempio ha cercato più volte di aprire un dialogo con la Lega per tramite di Garavaglia. Salvini ha sempre stoppato. Era prevista anche una cena con rappresentanti di Assolombarda, ma non si è mai realizzato. Vincenzo Boccia si era mosso cercando sponda in Luigi Di Maio, non comprendendo che Confindustria e 5 stelle non potranno mai avere punti in comune. Al tempo stesso Boccia è pronto a concedere tutto al partito che prende le redini del governo perché teme che un giorno passi la legge che impone alle controllate pubbliche di sfilarsi da Confindustria. Per lui e per il suo entourage che punta alla successione sarebbe la fine. Un discorso simile vale per le tre sigle sindacali. Sanno che se si realizzasse il progetto di autonomia leghista perderebbero le basi per i contratti nazionali di lavoro. Se i Ccnl, le sigle non avrebbero più senso. Non a caso ieri vertici dei sindacati hanno auspicato risposte concrete agli interrogativi posti alla Lega. La prima settimana di agosto ci sarà il secondo round. Lì si capirà se le parti sociali accenderanno la casella Lega e la useranno come interlocutore in vista della manovra, anche se come interlocutore provvisorio. A quel punto le lamentale di Conte avranno poco respiro. Una volta posizionata la pedina del potere è difficile rimuoverla.