Le proteste bloccano il «democratico» Zelensky: dietrofront sull’anti-corruzione

e dopo aver perseguitato i capi dell’opposizione, il campione della democrazia, il baluardo delle libertà occidentali, l’uomo che ci difende dalle autocrazie, al secolo Volodimir Zelensky poteva completare il suo piano democratico mettendo sotto controllo le due agenzie anti-corruzione dell’Ucraina. Che finora erano indipendenti, ma non dovevano esserlo più. Aveva fatto tutto bene, il campione della democrazia: una legge che parlava di tutt’altro (secondo il noto costume trasparente e democratico), un blitz con i propri scherani e la classica procedura accelerata (altri segnali di indiscussa civiltà liberale), e zac: il gioco sembrava fatto. Le due agenzie indipendenti stavano per finire diritte sotto il controllo del governo. Cioè del medesimo Zelensky. Purtroppo, però, se ne sono accorti. A Kiev sono addirittura scesi in piazza con dei cartelli che dicevano: «No alla legge». «Questa è la strada verso il totalitarismo». «Gli ucraini devono morire per i ladri?». E così il campione della democrazia è stato costretto a innestare la retromarcia.
Per fortuna, a garantire la democrazia restano la legge marziale, l’abolizione delle elezioni, la messa al bando dei partiti e le perquisizioni nei confronti degli oppositori, e tutto il restante corredo liberale e occidentale di quest’uomo che come è noto con i suoi discorsi ha influenzato l’umanità come solo Gandhi, Mandela e Martin Luther King hanno fatto (per conferma consultare apposito libro di Newton Compton: I grandi discorsi che hanno cambiato la storia, da Gandhi a Mandela a Martin Luther King e Zelensky. La foto in copertina è proprio del leader ucraino). Certo: si poteva fare di più. Si poteva completare l’opera. Ma la sottomissione delle due agenzie indipendenti, che sarebbe stata la ciliegina sulla torta democratica, pare proprio non si riesca a fare. Zelensky è stato costretto a tornare sui suoi passi in fretta e furia. E così l’Europa può ricominciare ad applaudire entusiasta il suo eroe. In effetti: dove lo troviamo un altro simile campione della democrazia?
Anche a Bruxelles, in effetti, si erano preoccupati: anni e anni a sostenere Zelensky come ultimo difensore dell’Occidente, a esaltare l’uomo che ci protegge dalle autocrazie, anni e anni a portarlo in tour nei parlamenti come la madonna pellegrina della buona amministrazione, discorsi commossi dalla trincea democratica, e ora c’è la gente in piazza, a Kiev, come non si vedeva dall’inizio della guerra, per protestare contro di lui? Contro la sua poca trasparenza? Contro la sua pessima amministrazione? Ad accusarlo di portarci al totalitarismo? Ad accusare il re della lotta ai poteri autoritari di usare metodi sempre più autoritari? Per altro era stata proprio l’Unione europea a incoraggiare l’Ucraina a istituire le due agenzie per combattere la corruzione assai diffusa in Ucraina. Di recente l’Ue aveva pure consigliato Zelensky di rafforzarle, quelle agenzie. Consiglio eseguito all’incontrario dal medesimo Zelensky, il quale evidentemente ha a cuore la democrazia, ma non tutela le istituzioni democratiche. Soprattutto se a quelle viene la bizzarra idea di indagare pure su di lui, il campione della democrazia.
Pare siano 18, in effetti, gli esponenti politici della maggioranza finiti nel mirino della Nabu e della Sap, l’Ufficio nazionale anticorruzione, e la Procura specializzata anticorruzione, le due agenzie indipendenti che lottano contro la corruzione. E forse anche per quello si è pensato di fermarle. Con la legge 12414 sarebbero state sottomesse al procuratore generale di nomina governativa. Cioè sarebbero state sottomesse al governo: «Con quella legge basterebbe una telefonata dall’ufficio di Zelensky per fermare le indagini», scrivono i giornali ucraini. La 12414 è stata approvata con procedura accelerata e per giustificare il colpo di mano è stata scelta una motivazione originale: si è detto infatti che le agenzie erano «influenzate dai putiniani». Una balla talmente enorme che non ci hanno creduto nemmeno loro. Soprattutto non ci ha creduto la gente che è scesa in piazza. E incredibilmente non ci ha creduto nemmeno l’Unione europea, che pure da sempre crede persino alla necessità di misurare la curvatura delle banane. Così il campione della democrazia Zelensky è stato costretto a mettere da parte le accuse ai putiniani e a chiedere scusa: «Ho presentato un’altra legge, questa volta ben bilanciata», ha dichiarato. «L’Ue accoglie positivamente la nuova legge», hanno subito fatto sapere da Bruxelles. E tutti vissero democratici e contenti.
Certo, resta il fatto che le due agenzie sono state perquisite dai servizi segreti, pochi giorni prima dell’approvazione della legge 12414, ovviamente a scopo intimidatorio. Resta il fatto che uno dei principali attivisti della lotta contro la corruzione in ucraina, Vitaliy Shabunin, ha subito pure lui minacce e perquisizioni. Resta il fatto che i giornali ucraini hanno scritto che «la democrazia è stata tradita». Resta il fatto che il governo vuole amnistiare i corrotti e coprire le malefatte di un sistema evidentemente marcio. Resta l’uso della legge militare per far fuori gli avversari politici, la soppressione dei partiti di opposizione, la cancellazione delle votazioni, come già si è detto, in nome del sempre valido principio che finché c’è guerra c’è speranza (di non essere trombati). Resta il fatto che Zelensky, secondo uno dei più accreditati istituti di Kiev (Kyiv international institute of sociology), un mese prima di cominciare a diventare un eroe dell’Occidente aveva contro il 64,7% degli ucraini proprio perché aveva fallito nella lotta alla corruzione che era la sua bandiera. Resta il fatto che oggi, dopo tre anni di legge marziale e di assenza di opposizioni, e con il mare di soldi che gli abbiamo fatto arrivare, la corruzione è ancora più dilagante. Resta il fatto dei dirigenti allontanati, dei frettolosi rimpasti di governo, del licenziamento del capo delle Forze armate, delle purghe e delle sparizioni in perfetto stile politburo sovietico che mal si conciliano con un simile campione del mondo libero com’è Zelensky. Ma che ci volete fare? Quando c’è da salvare la democrazia bisogna pure sacrificare qualcosa. La democrazia, per esempio.






