2021-05-25
Un professore non si può punire per delle opinioni «non allineate»
Il rettore dell'Università degli Studi di Milano, Elio Franzini (Ansa)
Una docente della Columbia University scrive al rettore della Statale di Milano, che ha sospeso il professor Marco Bassani per aver condiviso un post critico su Kamala Harris: «Da donna non mi sento offesa in alcun modo». Sebbene non abbia mai avuto il privilegio di incontrare il professor Marco Bassani di persona, sono un'ammiratrice dei suoi studi accademici: in particolare Liberty, State, & Union: The Political Theory of Thomas Jefferson, del 2010, e il più recente Chaining Down Leviathan: The American Dream of Self-Government 1776-1865. Inoltre, siamo amici su Facebook, dove apprezzo la sua arguzia e la sua perspicacia nel pubblicare commenti, notizie e meme in merito ai temi contemporanei più dibattuti.Quando lo scorso autunno ho seguito il trambusto conseguente al semplice fatto che aveva ripreso un meme sulla sua pagina Facebook, l'ho considerato un tentativo di intimidirlo, per avere pubblicamente espresso la sua opinione, ma onestamente non mi aspettavo di certo che il clamore portasse a qualcosa di concreto. Ora, però, che un procedimento disciplinare dell'Università Statale di Milano ha comminato un'effettiva punizione, sotto la forma di una sua sospensione per un mese dall'insegnamento e dallo stipendio, sento l'obbligo morale di registrare il mio shock e la mia contrarietà, chiedendo la cancellazione della sanzione a suo carico.Secondo quanto riportato dalla stampa, Lei avrebbe ritenuto che il meme contenga contenuto sessista e altamente offensivo non solo della diretta interessata, ma dell'intero genere femminile. Non posso parlare a nome di altri, ma francamente trovo assurda l'accusa che quel meme sia «lesivo della dignità delle donne». Come donna, e in particolare come donna statunitense, posso assicurarle che il meme non è stato per niente «lesivo della mia dignità». Anzi, definirei il contenuto non affatto sessista, ma invece femminista. In ogni caso, concentrare tutta l'attenzione sulla questione di genere distoglie l'attenzione dai problemi di corruzione politica e conflitto di interessi che quel meme dal contenuto ironico solleva. Infatti, e lo dico anche in qualità di studiosa di letteratura e linguaggio, se nel mirino ci fosse implicitamente un gruppo intero, non sarebbe il genere femminile, ma invece la classe politica.Le scrivo comunque non per difendere il meme in sé, ma per difendere il fondamentale diritto del professor Bassani di ripubblicarlo nella sua pagina personale Facebook senza timore di ritorsioni di alcun genere da parte del suo datore di lavoro: ora e domani. Non riesco a credere che questa libertà fondamentale possa essere negata a un professore di un'università italiana.Un meme, infatti, spesso funge da scorciatoia per richiamare alla mente e commentare questioni serie che sono di dominio pubblico o che sono state trattate in modo più approfondito in precedenza. E infatti, questo specifico meme - ampiamente diffuso negli Stati Uniti - che il professor Bassani ha ripubblicato sulla sua pagina riporta l'attenzione sul modo in cui la vicepresidentessa Kamala Harris è ascesa al potere: qualcosa che è stato esaminato e criticato in maniera molto dettagliata da talune ricerche giornalistiche. Il meme ha usato quel sarcasmo che, come la satira, da secoli ha un ruolo venerabile nel dire la verità al potere: anche e soprattutto lungo la storia della cultura e della letteratura italiane.Oggi, tuttavia, questa libertà è sempre più in discussione, quando le proprie opinioni non coincidono con quelle di chi domina nelle istituzioni politiche, nella stampa e anche nel mondo accademico. Un simile diritto d'espressione va quindi salvaguardato e difeso con ancora maggiore tenacia.Se questa condanna non fosse revocata, non solo si metterebbe in pericolo la libertà di parola di tutti (già abolita in larga parte del mondo, dove agli accademici - in particolare - è spesso proibito di esprimersi liberamente), ma si finirebbe velocemente in un mondo nel quale chi dispone del monopolio della violenza legale può agire impunemente - anche grazia alla copertura di chi dovrebbe tutelare la libera ricerca! - senza che la sua azione sia indagata o sottoposta a censura. Se osserviamo la situazione nel suo insieme, è certamente un'ingiustizia molto più grave il fatto che oggi whistleblower e giornalisti d'inchiesta coraggiosi che denunciano atti criminali siano imprigionati o costretti a vivere in esilio, mentre uomini potenti e corrotti responsabili di misfatti di ogni genere sono al riparo da ogni censura e da ogni conseguenza. Per questa ragione, mi chiedo davvero come in un Paese che si ritiene libero si possa sanzionare qualcuno semplicemente per aver ripubblicato quel meme sulla sua pagina personale di Facebook!Sulla stampa italiana ho letto che tale repressione della libera espressione del pensiero sarebbe stata giustificata da norme volte a «evitare un danno all'immagine e alla reputazione dell'Università». Per me è chiaro che la reputazione dell'Università Statale di Milano non è stata affatto danneggiata dalla ripubblicazione del meme da parte del professor Bassani, che deve poter esprimersi liberamente; al contrario, quello che invece ha veramente danneggiato e gravemente la reputazione dell'Università milanese è stato infliggere una punizione così ingiustificata, che fa pensare proprio che si sia trattato di un processo alle sue idee politiche.Jo Ann CavalloProfessoressa ordinaria e Direttrice del Dipartimento di italianistica della Columbia University