2024-02-22
Mandare a processo i sindaci perché «poco anti smog» farà impennare le multe a noi
Da sinistra: Piero Fassino, Sergio Chiamparino e Chiara Appendino (Ansa)
Sergio Chiamparino, Piero Fassino e Chiara Appendino, gli ultimi amministratori di sinistra di Torino, accusati di inquinamento ambientale perché non hanno emesso abbastanza sanzioni.L’Operazione maschera antigas comincia con una domanda: chi sono i potenziali responsabili dello smog nella Pianura padana? I sindaci presenti o passati. E, in subordine, i presidenti di Regione. La risposta surreale arriva da un processo del tribunale di Torino, messo in calendario il 18 giugno prossimo e destinato a colmare la grande lacuna della transizione verde più sgangherata della storia dell’umanità. Dopo avere indicato obiettivi lunari (2030), dopo avere sbagliato i tempi e i metodi, dopo avere minato l’automotive europeo e avere tentato di declassare le abitazioni di mezza Italia, i fanatici del Green deal sentivano l’odore del sangue ma non sapevano quale giugulare aggredire. Ora possono dormire sonni tranquilli perché il capro espiatorio è stato individuato.Per l’inquinamento di Torino negli ultimi dieci anni compariranno alla sbarra sette rinviati a giudizio, fra i quali l’ex governatore del Piemonte, Sergio Chiamparino, l’ex sindaco Piero Fassino e il suo successore, Chiara Appendino, accusati con i loro assessori di «inquinamento ambientale in cooperazione colposa» per non avere adottato misure sufficienti a contenere i livelli di polvere sottile nell’aria attorno alla Mole antonelliana. L’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Vincenzo Pacileo e dal pm Gianfranco Colace è nata dalla denuncia del comitato «Torino respira», a caccia di responsabili con un nome, un cognome e una faccia da additare come ventilatori umani di gas tossici, tra l’altro in continuità di reato poiché Fassino e Appendino hanno guidato la città per dieci anni consecutivi. Curiosamente sono tutti di sinistra e forse per questo la notizia è stata annegata da La Repubblica nelle pagine locali.Pur essendo aleatorio il reato (e di conseguenza empirico l’accertamento delle responsabilità soggettive), il processo si profila meravigliosamente mediatico, quindi con sicuro impatto all’interno di quella gigantesca operazione di marketing che è il condizionamento delle coscienze riguardo un problema reale, sociale e planetario, come l’inquinamento atmosferico. Il dossier-totem finito sul tavolo dei magistrati si compone di due capisaldi: i dati ufficiali rilevati dalle centraline Arpa nel decennio e le misure ritenute insufficienti dal comitato per combattere i livelli di smog. La citazione diretta in giudizio è già un’indicazione del perimetro dell’eventuale pena: dalla condanna a quattro anni alla semplice multa.In generale, l’alleanza ideologica fra associazioni e giudici è esplosiva, in questo caso offre anche spunti di originalità. A cominciare dalla difesa allestita dagli imputati, i quali rigettano le accuse spiegando con buonsenso di avere adottato adeguate contromisure come l’istituzione di Ztl, l’installazione di semafori in grado di bloccare la circolazione quando i livelli di Pm 10 salivano oltre i limiti, il divieto di accesso agli Euro 3, il varo delle domeniche a piedi di antica memoria. Fassino, Chiamparino e la Appendino, travestiti da vigili urbani, hanno aggiunto di avere elevato anche multe ai trasgressori (39 nel 2015, diventate 137 l’anno successivo). Questi numeri non hanno placato né «Torino respira» e neppure la Procura, che ha mandato tutti a processo perché «non erano abbastanza», anzi le contravvenzioni erano troppo poche. Da qui gli avvisi di garanzia anche per gli assessori Alberto Unia, Stefania Giannuzzi, Enzo La Volta e Alberto Valmaggia.Se il giudice dovesse accogliere le tesi dell’accusa si aprirebbe un fronte pericoloso per gli automobilisti torinesi e, probabilmente, italiani (spesso le proprietà transitive delle sentenze diventano tentazioni irrinunciabili): i sindaci sarebbero indotti a massacrare di multe chi ha un motore acceso solo per giustificare l’adesione alle istanze green ed evitare di finire a loro volta in tribunale per inquinamento ambientale. Con un cascame ulteriore: chi decide il numero congruo delle contravvenzioni, che fa da spartiacque fra un borgomastro lassista (o, peggio, negazionista) e quello verde in purezza? Un’associazione privata? Un giudice? La faccenda è delicata ma la conclusione rischia di essere già stucchevolmente nota: a pagare la transizione della maschera antigas saranno i cittadini.Poiché Torino non è un’isola galleggiante nell’ultramondo ma un capoluogo di Regione, esiste un secondo filone d’inchiesta, che vede indagati l’attuale presidente del Piemonte, Alberto Cirio, e il suo assessore Matteo Marnati. L’aria fetida sarebbe anche colpa loro, in attesa di espandere le responsabilità ai primi cittadini di Vercelli, Cuneo, Asti, Alessandria, Novara, su fino a Biella e la Val d’Ossola per via del vizio del vento di spostare le particelle. A questo proposito, il silenzio stupefatto delle istituzioni è stato rotto da Marco Bussone, presidente nazionale dei Comuni montani (Uncem). A La Repubblica ha detto una cosa così semplice da sembrare incredibile, di questi tempi: «Addebitare a loro le colpe dell’inquinamento della pianura padana è insensato».
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In Murdaugh: Morte in famiglia, Patricia Arquette guida il racconto di una saga reale di potere e tragedia. La serie Disney+ ricostruisce il crollo della famiglia che per generazioni ha dominato la giustizia nel Sud Carolina, fino all’omicidio e al processo mediatico.