2025-07-24
Il sì al processo per le Park Towers rafforza l’inchiesta sull’urbanistica a Milano
Sei rinvii a giudizio per la costruzione dei due grattacieli di via Crescenzago. Il Comune ci avrebbe perso 1,5 milioni. È un’altra conferma dell’impianto accusatorio del pool sull’illegittimità delle autorizzazioni.Un’altra vittoria piena per la Procura di Milano, la quarta volta consecutiva nel filone che da oltre un anno scuote la macchina urbanistica del Comune. Stavolta, nonostante le sentenze del Tar dei giorni scorsi («in aree già completamente urbanizzate non serve un piano attuativo nemmeno per edifici oltre i 25 metri») a passare indenne lo scrutinio del giudice per l’udienza preliminare è l’impianto accusatorio sul progetto Park Towers, i due grattacieli residenziali da 23 e 16 piani spuntati in via Crescenzago, al confine con il Parco Lambro.Il giudice Alessandra Di Fazio ha rinviato a giudizio sei imputati, tra cui l’immobiliarista Andrea Bezziccheri, già coinvolto in altri tronconi dell’indagine. Le accuse sono di lottizzazione abusiva, abuso edilizio e abuso d’ufficio. Questo è il quarto processo nato dall’inchiesta sull’urbanistica milanese, dopo quelli già in corso su via Fauchè, Bosconavigli (con l’architetto Stefano Boeri tra gli imputati) e Torre Milano di via Stresa, dove è stato citato come testimone anche il sindaco Beppe Sala.Il procedimento su via Crescenzago inizierà il 12 novembre e, come sottolineano fonti giudiziarie, rappresenta uno snodo cruciale per l’intera inchiesta: perché proprio davanti alla decima sezione penale si discuteranno, per la prima volta in aula, tutti i principali nodi giuridici che punteggiano anche il filone più recente - e politicamente più sensibile - in cui figura anche Sala, indagato per falso (conferma di Giuseppe Marinoni alla presidenza della commissione paesaggio) e induzione indebita (per il progetto del Pirellino).La Procura guidata dall’aggiunta Tiziana Siciliano contesta una serie di irregolarità gravi in via Crescenzago: secondo i pm Marina Petruzzella, Paolo Filippini e Mauro Clerici, l’intervento edilizio sarebbe stato presentato come «ristrutturazione» - e quindi avviato con una semplice Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) - mentre si trattava a tutti gli effetti di «nuova edificazione», con due torri residenziali da oltre 110 appartamenti in totale, sorte al posto di vecchi capannoni a un piano.Il tutto in assenza, sempre secondo l’accusa, di un piano attuativo, senza una reale valutazione dell’impatto sull’area in termini di carico urbanistico (verde pubblico, parcheggi, servizi, viabilità, fognature, scuole) e con una monetizzazione degli standard ritenuta illegittima. Per gli inquirenti, il meccanismo avrebbe garantito ai privati - in questo caso alla società Bluestone Crescenzago rappresentata da Bezziccheri - «un ingiusto vantaggio patrimoniale» a scapito della collettività.Il rinvio a giudizio deciso dalla gup Di Fazio potrebbe essere molto più che un passaggio tecnico. Con questa decisione, il tribunale riconosce per la quarta volta consecutiva la solidità dell’impianto accusatorio costruito dal pool Siciliano-Clerici-Filippini. E lo fa proprio su quei profili - la legittimità della Scia, l’obbligo del piano attuativo, la classificazione edilizia - che saranno centrali anche nel prossimo processo Bosconavigli, che inizierà in autunno.Oltre a Bezziccheri, andranno a processo il progettista Paolo Asti, la dirigente del Sue (Sportello unico edilizia) Carla Barone, il responsabile del procedimento Maurizio De Luca, il tecnico comunale Francesco Rosata e Roberto Verderio, legale rappresentante dell’impresa costruttrice. Le imputazioni vanno dalla lottizzazione abusiva al falso ideologico, fino alla violazione delle norme urbanistiche statali e regionali.Per di più, secondo la Procura di Milano, nel caso delle Park Towers di via Crescenzago si configura non solo una violazione delle regole urbanistiche, ma anche un’ingente perdita economica per il Comune e un notevole guadagno per il promotore privato, la Bluestone Crescenzago.Il danno erariale stimato dalla Corte dei Conti della Lombardia è pari a 300.000 euro, ma la cifra reale potrebbe essere ben più alta, considerando il meccanismo con cui si è proceduto alla monetizzazione degli standard urbanistici. In base all’atto di chiusura delle indagini, il Comune ha incassato 240,43 euro al metro quadro per 6.232,92 mq che, secondo la legge, avrebbero dovuto essere ceduti come aree per servizi pubblici (parchi, parcheggi, asili, ecc.). Il totale monetizzato è quindi di circa 1,5 milioni di euro. Secondo gli inquirenti, però, questo prezzo è sottostimato rispetto al valore reale delle aree cedute, che - se valutate secondo i criteri di mercato - avrebbero potuto fruttare fino al doppio: almeno 3 milioni di euro, quindi una perdita potenziale di oltre 1,5 milioni.Sul fronte opposto, per la società costruttrice il progetto si è rivelato un’operazione potenzialmente milionaria. I due grattacieli hanno permesso la realizzazione di 113 appartamenti con box e posti auto. In quella zona di Milano, a ridosso del Parco Lambro, il prezzo medio di vendita al metro quadro per immobili nuovi oscilla oggi tra i 4.000 e i 5.500 euro.Stimando in media 80 mq per appartamento e un prezzo medio prudente di 4.500 euro/mq, si ottiene un ricavo lordo potenziale di oltre 40 milioni di euro solo dalla vendita delle unità abitative. Aggiungendo i ricavi da box e posti auto, si supera facilmente la soglia dei 45 milioni.Considerando i costi di costruzione (stimabili in circa 1.500-1.800 euro/mq) e gli oneri ridotti versati, il margine operativo per Bluestone potrebbe aggirarsi tra i 15 e i 20 milioni di euro netti.Un’operazione redditizia, insomma, che per la Procura sarebbe stata possibile solo grazie all’uso di una Scia «inappropriata» al posto del permesso di costruire, alla mancata pianificazione attuativa, e a una monetizzazione degli standard a ribasso, che avrebbe privato la città di servizi pubblici essenziali.
Margherita Agnelli (Ansa)
L’europarlamentare del Pd Irene Tinagli (Imagoeconomica)
John Elkann (Getty Images)