2024-03-02
«Ribaltare le prove è impossibile». Ma il circo Olindo e Rosa va in scena
L'arrivo di Azouz Marzouk al tribunale di Brescia (Ansa)
Ieri prima udienza per la richiesta di revisione del processo. I coniugi condannati non hanno voluto farsi riprendere. Ben 65 i giornalisti accreditati. Riappare Azouz Marzouk. Si torna in aula il 16 aprile.«Per riassumere questa vicenda mi viene in mente un film degli anni cinquanta, Il grande bluff». Nell’aula del tribunale di Brescia, la voce dell’avvocato generale dello Stato è un tuono e le sue guance sono due mele rosse; dal banco dell’accusa, Domenico Chiaro non ce la fa a trattenersi mentre stropiccia le carte della revisione del processo e scandisce: «Qui non ci sono tre prove, ma una cascata di prove che è impossibile ribaltare». Olindo e Rosa lo ascoltano dietro le sbarre senza un gesto di reazione, invecchiati come tutti, lui con i capelli rasati e lei con un parka beige, dopo avere negato l’autorizzazione ad essere ripresi dalle telecamere.Si conclude così, all’ora della pennica, la prima udienza del dibattimento più mediatico d’Italia, rinviato al 16 aprile per dare la possibilità alla difesa di prendere visione delle memorie depositate dalle controparti. A 13 anni dalla condanna definitiva all’ergastolo di Olindo Romano e Rosa Bazzi, loro si dichiarano innocenti e l’agguerrito pool difensivo sostiene di avere gli assi nella manica per scagionarli: a uccidere quattro innocenti la sera dell’11 dicembre 2006 in Brianza sarebbe stata la criminalità organizzata per vendetta.La strage di Erba ridiventa una passerella senza rete per il circo Medrano dell’informazione che tritura vite e reputazioni, brucia sentenze di Cassazione, rilancia magie da Mandrake. Tutto per soddisfare la bulimia h24 di titoli a effetto, speciali tv, rivisitazioni letterarie, duelli all’ultimo congiuntivo. I 65 giornalisti accreditati vengono confinati in un ampio sotterraneo chiamato «aula polifunzionale» a guardare un maxischermo.Lo spettacolo va in scena al piano di sopra dove per un’intera mattinata il procuratore generale, Guido Rispoli, prende a martellate in nove punti le tesi revisioniste. «La confessione non è stata indotta, la testimonianza di Mario Frigerio era idonea, le tracce di sangue di Valeria Cherubini sull’auto di Olindo sono agli atti. La criminalità organizzata non fa agguati in un condominio dentro una corte chiusa e con l’auto lontana. La criminalità organizzata non usa come armi una spranghetta e un coltellino. Nessuno aveva minacciato Azouz Marzouk, allora piccolo spacciatore, prima della strage. Anzi, lui era tranquillissimo e, dopo la mattanza diceva - agli atti - che quello “era il periodo migliore della sua vita perché gli offrivano lavoro e sesso”».Mormorio, il particolare fa scalpore. Poi Rispoli mostra le foto del massacro e riparte: «Il presunto palo era solo un extracomunitario curioso capitato lì al momento dell’incendio, che ha perso il cellulare nella corte. Non si è mai vista una strage organizzata con questi buchi di organizzazione. La criminalità organizzata non coinvolge pensionati e non uccide un bambino di due anni; il killer la pagherebbe in carcere. Il nuovo teste che dovrebbe spiegare come e perché la criminalità organizzata aveva nel mirino quella famiglia in realtà era detenuto dal giugno 2006 al 2014. Olindo è tutt’altro che uno stupido, non significa nulla che faccia l’operatore ecologico. Si vuole far passare per un minus habens che non è. Non ci sono nuove prove, niente è ammissibile».Il suo è un grande excursus o soltanto una grande cantonata? Lo deciderà alla fine il giudice Antonio Minervini che tutto immagazzina appoggiandosi il mento a una mano, con l’aria sconsolata di chi pensa: «Che ci faccio io qui?». Mentre il procuratore parla, in aula i curiosi ascoltano in silenzio. Una curva sud dell’esistenza arrivata non solo da Brescia ma anche da Padova, Parma, Piacenza. Sono apprendisti legali, la zia di un usciere, qualche avvocato affascinato dall’effetto da Un giorno in pretura. La signora Mary non si perde un processo e osserva gli imputati con tenerezza: «Sono arrivata qui alle sette, c’era già una coda impressionante sotto la pioggia. Olindo e Rosa sono sempre stati vicini, li ho visti parlare tra di loro e sorridere. Mi hanno fatto un po’ pena».Azouz Marzouk è seduto fra gli spettatori con una lupetto beige e gli occhiali da webmaster. Dice che «la revisione del processo è la mia rivincita, all’inizio pensavo che fossero colpevoli, poi ho cambiato idea. Sto lottando per tutti». Una posizione ondivaga che indigna Beppe Castagna. Lui ha perso madre, sorella, nipote e puntualizza da casa: «In tutta la sua vita ha sempre e solo lottato per sé stesso. Ora lotta per monetizzare il suo status di vittima». Il legale che rappresenta la famiglia Castagna, Massimo Campa, sottolinea il dolore dei parenti: «Si ponga fine a questa vergogna, 26 giudici hanno confermato che sono colpevoli. Questa non è una revisione ma commedia dell’arte. Si vuol far diventare tutto una serie televisiva».Tocca ancora all’avvocato dello Stato e questa volta Domenico Chiaro punta il dito contro il pm di Milano, Cuno Tarfusser, che ha portato avanti il procedimento di revisione «senza averne legittimità, tanto che è stato censurato dal Csm». Lo chiama Tartufer, neanche fosse un dessert o un personaggio di Molière. Si giustifica allargando le braccia: «Non so pronunciare bene i nomi tedeschi». Verso le 15 tutto finisce, per ora. Il 16 aprile toccherà alla difesa convincere il giudice che le «sostanziali novità», ritenute carta straccia dall’accusa, sono prove di un clamoroso errore giudiziario. Nella prima e unica intervista da persona libera (fu Espansione Tv a fare lo scoop la sera della strage), Olindo Romano disse: «Male non fare, paura non avere». Oggi il piccolo Yussef, sgozzato con una coltellata alla carotide, avrebbe 19 anni.
Jose Mourinho (Getty Images)