
Pare che nelle Marche sia tornato il fascismo. Almeno così sostiene la sinistra di Macerata che da qualche giorno ha alzato le barricate contro - udite - una rassegna letteraria chiamata Letture maceratesi. Per rintracciare i segni del regime, i progressisti locali hanno addirittura chiesto perizie a storici dell’arte come Tomaso Montanari, il quale ha rinvenuto sul manifesto della kermesse chiarissime tracce di fascisteria: i caratteri utilizzati sono un po’ troppo futuristi. E pazienza se Macerata è stata una delle culle del futurismo: bisogna cancellare ogni memoria, fare piazza pulita di ogni cultura deviante.
In città è stato organizzato un «contro festival», nemmeno fossimo a Sanremo, e come da tradizione sono iniziate le defezioni in stile Zerocalcare. Gli studiosi Paola Ballesi e Roberto Cresti hanno fatto sapere che non parteciperanno: «Siamo stati contattati», hanno detto a Cronache Maceratesi, «in qualità di studiosi del futurismo marchigiano da un’associazione legittimata dal Comune di Macerata a dar vita a un festival inserito nel programma natalizio della nostra città. E in tale veste abbiamo accettato di intervenire mettendo a tema l’avanguardia maceratese del Gruppo Boccioni formato da giovani artisti di raro talento, da Bruno Tano a Sante Monachesi, da Umberto Peschi a Wladimiro Tulli, solo per citarne alcuni. Artisti che da sostenitori del regime fascista hanno poi percorso strade individuali, ostili a qualunque autoritarismo, e che hanno portato alcuni, come Tulli, a entrare nelle file della Resistenza armata». Non risulta che qualcuno abbia chiesto ai due esperti di dire qualcosa di diverso da ciò che avevano preventivato, ma a loro evidentemente non importa. Si vede che essere invitati dalla destra fa diventare fascista qualunque affermazione, a prescindere dal contenuto.
Già di per sé questa mobilitazione delle sedicenti forze del bene contro la Regione Marche colpevole di sostenere le oscure trame nere è piuttosto ridicola. Ma il tutto diviene ancora più grottesco quando si osservano le ultime mosse della destra regionale di governo. In giunta è arrivato un nuovo assessore alla sanità, Paolo Calcinaro, con un passato nel centrosinistra. Il suo predecessore, Filippo Saltamartini, si era distinto per le posizioni pro vita, non a caso le Marche sono state spesso bersagliate da inchieste sul «diritto all’aborto negato». Saltamartini aveva rifiutato di dare attuazione alla circolare emessa da Roberto Speranza nel 2020 che consentiva la somministrazione della pillola abortiva nei consultori, argomento su cui si è giocata anche buona parte della campagna elettorale.
Il centrodestra ha rivinto, a conferma del fatto che anche le scelte pro life del passato siano state apprezzate dagli elettori. Ma ecco che il nuovo assessore Calcinaro ha deciso di cambiare rotta. Per prima cosa ha fatto sapere che la Ru486 sarà somministrata anche in consultorio, come da indicazioni di Speranza. «È bene che tutti i presidi possano avere la possibilità effettiva di far svolgere a pieno un diritto sancito da una legge dello Stato», ha dichiarato Calcinaro. Il quale è intervenuto pure sul tema della obiezione di coscienza. Nelle Marche il numero di obiettori è particolarmente elevato in alcune zone, ad esempio a Jesi. Cosa che, secondo il Corriere Adriatico, sarebbe addirittura «drammatica» (peccato che l’obiezione sia un diritto, ma tant’è). Ebbene, Calcinaro fa sapere di aver preso provvedimenti per risolvere il problema: «Lo stesso valeva per la mia città, Fermo. Ma anche qui siamo riusciti a fare qualcosa. Grazie all’impegno del primario, anche se egli è obiettore, riusciamo a garantire questo servizio in collaborazione con l’ospedale di Ascoli. Ora chi va a Fermo sa che può accedere a questa pratica, ed è di straordinaria importanza». Certo, Calcinaro ha aggiunto che garantirà (vedremo per quanto) ai pro vita di entrare nei consultori, come se si trattasse di una gentile concessione e non di una possibilità garantita dalla legge. Intanto però ha rinnegato le politiche del suo predecessore aprendo all’aborto facile, adeguandosi così al pensiero prevalente di marca progressista.
Questo è il discutibile quadro: mentre la sinistra urla al fascismo di ritorno nelle Marche, la destra locale si uniforma ai diktat progressisti, forse nel tentativo di apparire più aperta e al passo con i tempi. Viene da pensare che, continuando a seguire questa linea, a breve non ci sarà più bisogno delle rampogne della sinistra: provvederà la destra a censurarsi da sola.





