La proposta Ue che prevede un punto di ricarica per le auto elettriche in ogni box si basa solo sull’ideologia senza tenere conto dei limiti pratici. Un’altra tegola sulle case e un regalo alle grandi società immobiliari.
La proposta Ue che prevede un punto di ricarica per le auto elettriche in ogni box si basa solo sull’ideologia senza tenere conto dei limiti pratici. Un’altra tegola sulle case e un regalo alle grandi società immobiliari.Dopo la proposta della Commissione europea per rendere obbligatorie le colonnine di ricarica nei garage privati abbiamo avuto la conferma che gli ecopolitici abitano in un mondo parallelo. Oppure, probabilmente, sono cresciuti in villette con autorimessa attigua. Di più, la proposta dimostra l’assoluta mancanza di conoscenza dei fondamentali dell’elettrotecnica. Passi il «dettaglio» che alle reti elettriche cittadine arriverebbe una richiesta che non potrebbero soddisfare, in contemporanea, almeno per oltre la metà delle utenze comunitarie, ma soprattutto fa saltare sulla sedia il fatto che ai proponenti nemmeno passi per l’anticamera del cervello il fatto che l’edilizia di mezza Europa non sia compatibile con un’idea del genere. Consentiteci un’osservazione: non sempre, in fatto di progresso, l’ultima tecnologia disponibile è anche quella migliore da utilizzare per uno scopo, talvolta non è neppure quella convenientemente applicabile e men che meno la più idonea. Cerchiamo di capire perché con esempi reali. In una casa indipendente il proprietario può decidere che cosa installare e come, scegliere un fornitore di energia e quindi potrebbe soddisfare senza troppi problemi l’imposizione europea salvo affrontare costi elevati per cablare con una potenza adeguata la sua dimora. Ma scavare in giardino per posare un cavidotto adeguato non sarebbe complesso.Ma se poi pensiamo che ci sono persone che hanno il garage, ma che questo non si trova nello stesso stabile dove abitano, nasce l’esigenza di installare un secondo contatore dedicato e la necessità di adeguare l’impianto in una proprietà comune altrui. Diverso, invece, è quanto accadrebbe per caseggiati e condomini, dove peraltro abitano 45 milioni di italiani su 60. Passino i palazzi in costruzione, nei quali si potrebbe prevedere il passaggio di conduttori idonei alle ricariche rapide, ma nella maggioranza degli edifici, e in quelli storici che spesso hanno solo posti auto nei cortili, il lavoro sarebbe immane se non impossibile. Pensiamo come esempio un edificio di grandi dimensioni con garage padronali costruiti nel seminterrato o sotto il livello stradale, magari al di sotto di giardini comuni. Adeguare gli impianti significherebbe dover installare cablaggi anche di notevoli dimensioni esternamente, con buona pace per il decoro, oppure escavare il verde per interrare le nuove linee. Lavori che farebbero la felicità delle imprese, sia chiaro, ma che stante la rapidissima evoluzione del settore delle batterie e delle ricariche rischiano di diventare obsoleti in meno di un decennio.Dal punto di vista tecnico o ci si accontenta di ricaricare l’auto in una notte intera, ma scordiamoci di usarla per un imprevisto se siamo rientrati con la batteria scarica, oppure a fronte di un contratto per abitazione normale, come il classico da tre chilowatt, ne servirebbe un secondo almeno da 2,5 per ciascun garage, e qui casca l’asino: proprio una norma europea Cei dice che quando in un’utenza si superano i 100 chilowatt occorre costruire una cabina elettrica. È facile intuire che un palazzo nel quale ci siano una cinquantina di garage ricadrebbe nella prescrizione e quindi oltre al costo della colonnina (o wallbox, o stazione di carica, come preferite), e quello dell’impianto di distribuzione, ecco un’altra spesa non indifferente. Figuriamoci se si sceglie di ricaricare in modo abbastanza rapido con un impianto personale da dieci chilowatt. Se poi la richiesta è ancora maggiore, come potrebbe accadere nei grandi caseggiati, l’adeguamento del sistema potrebbe rendere necessario l’uso della media tensione, quindi la progettazione ex novo della cabina elettrica.Secondo l’Agenzia delle entrate, nel 2020 in Italia erano censiti 67.210 tra box e garage, che a 2,5 chilowatt l’uno (davvero pochi per ricaricare un veicolo elettrico in tempi rapidi), fanno oltre 168 megawatt da produrre, distribuire e rendere fruibili (certo, non per forza richiesti tutti insieme), un consumo notevole che sarebbe anche destinato a salire con il tempo e con la capacità delle celle ricaricabili delle vetture. Come aggiungere una manciata di paesi alla rete nazionale, senza contare che l’energia non arriverebbe tutta da fonti rinnovabili. Dunque, ancora una volta, il problema non è favorire o ostacolare la transizione ecologica, ma volerla imporre ciecamente in fretta in una società che non è ancora pronta sia dal punto di vista tecnico, sia sul piano logistico. Posto che oggi ognuno è libero di affrontare l’installazione a spese proprie, anche in un condominio, sorge il dubbio che il disegno ecoeuropeista sia un altro sulla stessa scia dell’adeguamento energetico delle abitazioni, quello di depredare il patrimonio immobiliare privato italiano e trasformare le abitazioni da bene durevole a prodotto «di uso e consumo» a favore delle grandi società immobiliari. A pensare male si fa peccato, ma i segnali ci sono tutti. Pensiamoci alle prossime elezioni europee.
Gertrude O'Brady.Il chiosco, s.d./LaM, Musée d’art moderne, d’art contemporain et d’art brut de Lille Métropole, Villeneuve d’Ascq© Philip Bernard
Dal Cubismo all’Art Brut, a Palazzo Zabarella di Padova in mostra (sino al 25 gennaio 2026) oltre 60 opere di 30 diversi artisti delle avanguardie del primo e del secondo dopoguerra, tutti provenienti dal LaM di Lille. Fra capolavori noti e meno conosciuti, anche cinque dipinti di Pablo Picasso e sei straordinarie tele di Amedeo Modigliani.
Susanna Tamaro (Getty Images)
La scrittrice Susanna Tamaro: «La società dimentica che la vita non ci appartiene, ma la morte non si affronta con le carte bollate. La lotta con il destino è essenziale perché dalla fragilità dell’esistenza è impossibile scappare».
Il punto di vista di Susanna Tamaro sul tempo presente è sempre originale. Nell’ultimo saggio, intitolato La via del cuore. Per ritrovare senso nella vita (Solferino), sulla scorta dell’inventore dell’etologia, Konrad Lorenz, utilizza le osservazioni sulla natura e gli animali per studiare la società contemporanea. A ben guardare, però, questo memoir può essere letto anche come una lunga preghiera per lo stato del pianeta. «È così», ammette la scrittrice, «non condivido la tendenza all’angelicazione dell’uomo o a vederlo come frutto dell’evoluzione».
Il principale operatore della rete elettrica nazionale registra ricavi pari a 2,88 miliardi (l’8,9% in più rispetto al 2024) e accelera nei progetti Tyrrhenian Link e Adriatic Link, al centro della strategia per la decarbonizzazione. Aumenta il peso delle rinnovabili.
Nei primi nove mesi del 2025 Terna, principale gestore della rete elettrica nazionale, ha consolidato la propria posizione strategica nel settore, segnando un’intensa crescita economico-finanziaria e un’accelerazione significativa degli investimenti a supporto della transizione energetica. Il consiglio di amministrazione, guidato da Igor De Biasio e con la presentazione dell’amministratore delegato Giuseppina Di Foggia, ha approvato risultati che provano la solidità del gruppo e il suo ruolo determinante nel percorso di decarbonizzazione del Paese.
Nel periodo gennaio-settembre, il fabbisogno elettrico italiano si è attestato a 233,3 terawattora (TWh), di cui circa il 42,7% è stato coperto da fonti rinnovabili. Tale quota conferma la crescente integrazione delle fonti green nel panorama energetico nazionale, un processo sostenuto dal potenziamento infrastrutturale e dagli avanzamenti tecnologici portati avanti da Terna.
Sul fronte economico, i ricavi del gruppo hanno raggiunto quota 2,88 miliardi di euro, con un incremento dell’8,9% rispetto agli stessi mesi del 2024. L’Ebitda, margine operativo lordo, ha superato i 2 miliardi (+7,1%), mentre l’utile netto si è attestato a 852,7 milioni di euro, in crescita del 4,9%. Risultati, questi, che illustrano non solo un miglioramento operativo, ma anche un’efficiente gestione finanziaria; il tutto, nonostante un lieve aumento degli oneri finanziari netti, transitati da 104,9 a 131,7 milioni di euro.
Elemento di rilievo sono gli investimenti, che hanno superato i 2 miliardi di euro (+22,9% rispetto ai primi nove mesi del 2024, quando il dato era di 1,7 miliardi), un impegno che riflette la volontà di Terna di rafforzare la rete di trasmissione e favorire l’efficienza e la sicurezza del sistema elettrico. Tra i principali progetti infrastrutturali si segnalano il Tyrrhenian Link, il collegamento sottomarino tra Campania, Sicilia e Sardegna, con una dotazione finanziaria complessiva di circa 3,7 miliardi di euro, il più esteso tra le opere in corso; l’Adriatic Link, elettrodotto sottomarino tra Marche e Abruzzo; e i lavori per la rete elettrica dedicata ai Giochi olimpici e paralimpici invernali di Milano-Cortina 2026.
L’attenzione ai nuovi sistemi di accumulo elettrico ha trovato un momento chiave nell’asta Macse, il Meccanismo di approvvigionamento di capacità di stoccaggio, conclusosi con l’assegnazione totale della capacità richiesta, pari a 10 GWh, a prezzi molto più bassi del premio di riserva, un segnale di un mercato in forte crescita e di un interesse marcato verso le soluzioni di accumulo energetico che miglioreranno la sicurezza e contribuiranno alla riduzione della dipendenza da fonti fossili.
Sul piano organizzativo, Terna ha visto una crescita nel personale, con 6.922 dipendenti al 30 settembre (502 in più rispetto a fine 2024), necessari per sostenere la complessità delle attività e l’implementazione del Piano industriale 2024-2028. Inoltre, è stata perfezionata l’acquisizione di Rete 2 S.r.l. da Areti, che rafforza la presenza nella rete ad alta tensione dell’area metropolitana di Roma, ottimizzando l’integrazione e la gestione infrastrutturale.
Sotto il profilo finanziario, l’indebitamento netto è cresciuto a 11,67 miliardi di euro, per sostenere la spinta agli investimenti, ma è ben bilanciato da un patrimonio netto robusto di circa 7,77 miliardi di euro. Il consiglio ha confermato l’acconto sul dividendo 2025 pari a 11,92 centesimi di euro per azione, in linea con la politica di distribuzione che punta a coniugare remunerazione degli azionisti e sostenibilità finanziaria.
Da segnalare anche le iniziative di finanza sostenibile, con l’emissione di un Green Bond europeo da 750 milioni di euro, molto richiesto e con una cedola del 3%, che denuncia la forte attenzione agli investimenti a basso impatto ambientale. Terna ha inoltre sottoscritto accordi finanziari per 1,5 miliardi con istituzioni come la Banca europea per gli investimenti e Intesa Sanpaolo a supporto dell’Adriatic Link e altri progetti chiave.
L’innovazione tecnologica rappresenta un altro pilastro della strategia di Terna, con l’apertura dell’hub Terna innovation zone Adriatico ad Ascoli Piceno, dedicato alla collaborazione con startup, università e partner industriali per sviluppare soluzioni avanzate a favore della transizione energetica e della digitalizzazione della rete.
La solidità del piano industriale e la continuità degli investimenti nelle infrastrutture critiche e nelle tecnologie innovative pongono Terna in una posizione di vantaggio nel garantire il sostentamento energetico italiano, supportando la sicurezza, la sostenibilità e l’efficienza del sistema elettrico anche in contesti incerti, con potenziali tensioni commerciali e geopolitiche.
Il 2025 si chiuderà con previsioni di ricavi per oltre 4 miliardi di euro, Ebitda a 2,7 miliardi e utile netto superiore a un miliardo, fra conferme di leadership e rinnovate sfide da affrontare con competenza e visione strategica.
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Il presidente venezuelano Nicolas Maduro (Getty Images)
L’operazione Southern Spear lanciata da Washington fa salire il rischio di escalation. Maduro mobilita 200.000 militari, denuncia provocazioni Usa e chiede l’intervento dell’Onu, mentre l’opposizione parla di arruolamenti forzati e fuga imminente del regime.
Nel Mar dei Caraibi la tensione fra Venezuela e Stati Uniti resta altissima e Washington, per bocca del suo Segretario alla Guerra Pete Hegseth, ha appena lanciato l’operazione Southern Spear. Questa nuova azione militare è stata voluta per colpire quelli che l’amministrazione Trump ha definito come i narco-terroristi del continente sudamericano ed ha il dichiarato obiettivo di difendere gli Stati Uniti dall’invasione di droga portata avanti da questi alleati di Maduro. Intanto è stata colpita la 21ª imbarcazione, accusata di trasportare droga verso il territorio statunitense, facendo arrivare a circa 80 il numero delle vittime.
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha ordinato alle forze armate di essere pronte ad un’eventuale invasione ed ha dispiegato oltre 200mila militari in tutti i luoghi chiave del suo paese. il ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez sta guidando personalmente questa mobilitazione generale orchestrata dalla Milizia Nazionale Bolivariana, i fedelissimi che stanno rastrellando Caracas e le principali città per arruolare nuove forze.
L’opposizione denuncia arruolamenti forzati anche fra i giovanissimi, soprattutto nelle baraccopoli intorno alla capitale, nel disperato tentativo di far credere che la cosiddetta «rivoluzione bolivariana», inventata dal predecessore di Maduro, Hugo Chavez, sia ancora in piedi. Proprio Maduro si è rivolto alla nazione dichiarando che il popolo venezuelano è pronto a combattere fino alla morte, ma allo stesso tempo ha lanciato un messaggio di pace nel continente proprio a Donald Trump.
Il presidente del Parlamento ha parlato di effetti devastanti ed ha accusato Washington di perseguire la forma massima di aggressione nella «vana speranza di un cambio di governo, scelto e voluto di cittadini». Caracas tramite il suo ambasciatore alle Nazioni Unite ha inviato una lettera al Segretario Generale António Guterres per chiedere una condanna esplicita delle azioni provocatorie statunitensi e il ritiro immediato delle forze Usa dai Caraibi.
Diversi media statunitensi hanno rivelato che il Tycoon americano sta pensando ad un’escalation con una vera operazione militare in Venezuela e nei primi incontri con i vertici militari sarebbe stata stilata anche una lista dei principali target da colpire come porti e aeroporti, ma soprattutto le sedi delle forze militari più fedeli a Maduro. Dal Pentagono non è arrivata nessuna conferma ufficiale e sembra che questo attacco non sia imminente, ma intanto in Venezuela sono arrivati da Mosca alcuni cargo con materiale strategico per rafforzare i sistemi di difesa anti-aerea Pantsir-S1 e batterie missilistiche Buk-M2E.
Dalle immagini satellitari si vede che l’area della capitale e le regioni di Apure e Cojedes, sedi delle forze maduriste, sono state fortemente rinforzate dopo che il presidente ha promulgato la legge sul Comando per la difesa integrale della nazione per la salvaguardia della sovranità e dell’integrità territoriale. In uno dei tanti discorsi alla televisione nazionale il leader venezuelano ha spiegato che vuole che le forze armate proteggano tutte le infrastrutture essenziali.
Nel piano presentato dal suo fedelissimo ministro della Difesa l’esercito, la polizia ed anche i paramilitari dovranno essere pronti ad una resistenza prolungata, trasformando la guerra in guerriglia. Una forza di resistenza che dovrebbe rendere impossibile governare il paese colpendo tutti i suoi punti nevralgici e generando il caos.
Una prospettiva evidentemente propagandistica perché come racconta la leader dell’opposizione Delsa Solorzano «nessuno è disposto a combattere per Maduro, tranne i suoi complici nel crimine. Noi siamo pronti ad una transizione ordinata, pacifica e che riporti il Venezuela nel posto che merita, dopo anni di buio e terrore.»
Una resistenza in cui non sembra davvero credere nessuno perché Nicolas Maduro, la sua famiglia e diversi membri del suo governo, avrebbero un piano di fuga nella vicina Cuba per poi probabilmente raggiungere Mosca come ha già fatto l’ex presidente siriano Assad.
Intanto il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso preoccupazione per i cittadini italiani detenuti nelle carceri del Paese, sottolineando l’impegno della Farnesina per scarcerarli al più presto, compreso Alberto Trentini, arrestato oltre un anno fa.
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