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Pro Vita querela «Repubblica» per diffamazione: «Ci hanno attribuito false minacce alla Alfonsi»

Pro Vita querela «Repubblica» per diffamazione: «Ci hanno attribuito false minacce alla Alfonsi»
notizieprovita.it

«Abbiamo querelato per diffamazione aggravata a mezzo stampa la testata di Repubblica. In un articolo del 1 dicembre 2018, infatti, ci ha attribuito falsamente un blitz di Azione Frontale consistente nell’imbrattamento con manifesti della sede del primo Municipio di Roma, riportando un titolo lesivo della nostra reputazione. L’articolo ci addebitava un messaggio minaccioso indirizzato alla presidente del I Municipio Sabrina Alfonsi mettendoci in bocca le parole «Alfonsi è morte»: è quanto dichiarato dal presidente di Pro Vita Antonio Brandi.

«Chi pensava di attribuirci azioni e parole altrui, per di più recanti una sorta di nostra intimidazione neanche fossimo un’organizzazione criminale, ne risponderà davanti al giudice. Siamo un’associazione che agisce nel campo della solidarietà sociale e non funzionerà il giochetto di farci passare per un gruppo di violenti ed esaltati» ha continuato Brandi.

«È ormai da maggio di quest’anno che Pro Vita è perseguitata dall’amministrazione capitolina e dal I Municipio di Roma» - ha poi aggiunto - «con sanzioni e rimozioni dei nostri manifesti legalmente affissi, e con blitz e attacchi da parte delle cosiddette femministe e dai centri sociali. E tutto perché siamo portatori di opinioni assai poco ‘politicamente corrette’».

«Raggi, Alfonsi e tanti altri politici» - ha concluso Brandi - «che non rispettano la libertà di opinione costituzionalmente garantita, e così anche i media che manipolano le notizie, sono avvertiti che noi non solo non intimidiamo nessuno, ma non ci facciamo neanche intimidire e non desisteremo fino quando non finirà la dittatura del pensiero unico».

La Consulta benedice l’odioso green pass e prepara il terreno a nuove imposizioni
Ansa
Seguendo il presupposto dei giudici, ogni farmaco «efficace» e in grado di alleggerire gli ospedali può diventare obbligatorio.


La sentenza della Corte costituzionale n. 199, con la quale i giudici hanno di fatto legittimato l’imposizione del green pass, apre in teoria le porte all’estensione degli obblighi di trattamento sanitario. Finora, almeno formalmente, la Costituzione imponeva infatti che questi fossero legittimi solo se, oltre al ricevente, avessero tutelato anche la salute degli altri, «riducendo la circolazione del patogeno». Gli obblighi in questione sarebbero d’ora in poi costituzionalmente legittimi, anche se ritenuti efficaci per «tutelare la salute del solo ricevente», e/o per «contenere il carico ospedaliero».

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Parte il coro di chi minimizza la persecuzione. Ma i dati sono chiari: nel 2025, l’82% dei fedeli uccisi o rapiti era in Nigeria.

Pur di non darla vinta a Donald Trump, quasi quasi fanno diventare la Nigeria un Paese sicuro. «Nessuna prova che i cristiani siano uccisi più dei musulmani», titolava ieri l’Ansa, citando le analisi dei «gruppi che monitorano la violenza» nel Paese centrafricano. «Ma i cattolici sono davvero nel mirino?», si domandava il Corriere, rispolverando un pezzo del 27 novembre che riprendeva l’agenzia Dire («I sequestri non sarebbero legati a ostilità di carattere religioso», si leggeva, semmai «aumentano le persone che aderiscono alle bande armate per ragioni economiche») e il Financial Times, secondo cui il governo di Nairobi «non riesce a proteggere nessuno, a prescindere dalla fede».

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«Il governo nigeriano sapeva dei raid ed è pronto a cooperare con gli Usa»
Il ministro degli Esteri della Nigeria Yusuf Maitama Tuggar (Getty Images)
Il ministro degli Esteri nigeriano Yusuf Maitama Tuggar: «Gli States sono un nostro alleato e insieme vogliamo distruggere il terrorismo islamico. Non abbiamo abbandonato i cristiani, tutti i cittadini sono uguali e sotto la protezione dello Stato».

Le minacce di Donald Trump alla Nigeria sono diventate realtà quando una serie di raid aerei hanno colpito il nord-ovest della grande nazione africana. Il tycoon americano ha definito quest’operazione come un potente e mortale attacco contro le forze dello Stato islamico in Nigeria, un’azione resasi necessaria per difendere le popolazioni cristiane perseguitate e uccise nelle regioni settentrionali. Questo raid è stata pianificata dal Pentagono per circa un mese, identificando alcune zone specifiche dove si troverebbero i centri di comando delle cellule dello Stato islamico in questa parte d’Africa.

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Il dialogo tra Russia e Francia riparte dal politologo prigioniero
Laurent Vinatier (Ansa)
Laurent Vinatier è in cella a Mosca dal 2024. La sua vicenda sul tavolo dei negoziati con Parigi.

Il presidente francese Emmanuel Macron è «pienamente mobilitato» per ottenere il rilascio di Laurent Vinatier «il più rapidamente possibile», in quanto è detenuto ingiustamente e la «propaganda» contro di lui «non corrisponde alla realtà», fa sapere l’Eliseo. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov ha dichiarato ai giornalisti che la Russia ha fatto «un’offerta ai francesi» riguardo al politologo, arrestato a Mosca l’anno scorso e condannato per aver raccolto informazioni militari, e che «ora la palla è nel campo della Francia». Peskov si è rifiutato di fornire dettagli, citando la delicatezza della questione.

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