2024-03-08
I prezzi degli alimentari esplodono. Multinazionali e super macinano utili
Dopo l’aumento delle materie prime come il cacao, nel 2023 ricavi e profitti di gran parte dei player sono cresciuti. È il caso di Coca Cola e Pepsi o di Carrefour, Lindt e Walmart. Stritolati agricoltori e consumatori.Prima c’è stata la guerra in Ucraina che ha fatto deflagrare i costi dell’energia alimentando i flussi di liquidità sui ricavi e gli utili delle società del settore, mentre le bollette per gli utenti finali impazzivano. Poi abbiamo assistito alle poco avvedute decisioni di politica monetaria della Banca Centrale Europea che su impulso del presidente Christine Lagarde ha portato nel giro di un anno i tassi di interesse da quota zero al 4,5% per la felicità delle banche che incameravano i profitti del denaro prestato a imprese e famiglie e lasciavano quasi inalterati i guadagni riconosciuti ai correntisti. Nel frattempo, però, abbiamo assistito, poco evidenziato dalle cronache e dai media, a una terzo fenomeno socio-economico per certi aspetti devastante: la crescita dei prezzi dei prodotti alimentari (nel 2022 l’inflazione di frutta, pane, pasta, carne ecc. in media è stata del 13%) correlato a un incremento spesso fuori misura dei profitti delle società del settore. Gabriel Debach, un’analista di eToro, specializzato nello spulciare i bilanci delle società quotate, ha messo in fila una serie di numeri che evidenziano come le multinazionali dell’agroalimentare, i grandi produttori e le singole catene dei supermercati hanno visto (dati 2023 sul 2022) fatturato e utili in forte salita, con i secondi che spesso e volentieri hanno segnato delle percentuali di crescita più alte rispetto a quelle relative ai ricavi. Il non detto è che ovviamente quando ci sono dei margini di profitto così elevati poi esistono degli attori della filiera che «piangono». E in questo caso l’anello debole è rappresentato da consumatori e agricoltori.Qualche esempio. Prendiamo il caso del cacao, ingrediente base per la preparazione del cioccolato e quindi di buona parte dei prodotti dolciari in commercio. Nel 2023 la quotazione è cresciuta del 61% e in questi primi mesi del 2024 ha subito un’altra impennata del 54%. Bene, il segmento confectionary (che racchiude appunto snack e dolci) ha registrato nello stesso periodo una crescita organica dell’8,5%. Al punto che alcune delle maggiori multinazionali del settore, si parte dall’americana Mondelez, la società degli Oreo, e si arriva fino all’altro colosso Usa The Hershey e alla svizzera Lindt hanno riportato ricavi e utili lordi in grande spolvero. La Mondelez, per dire ha aumentato il fatturato 2023 del 14% mentre i profitti riportavano un +21%. Hershey's, la più grande compagnia statunitense nella produzione di cioccolato che ha il suo quartier generale in Pennsylvania, ha visto i ricavi salire del 7,16 e gli utili impennarsi dell’11,11%. Mentre le performance di Lindt si sono attestate intorno al 6%. Lo stesso discorso vale per il beverage. Anche nel mondo delle beverage, Coca Cola e PepsiCo se la sono cavata abbastanza bene. I prezzi sono saliti circa dell’8% e nel frattempo gli utili della bevanda con le bollicine per antonomasia sono cresciuti del 9% contro un incremento dei ricavi di poco superiore al 6%. Da segnalare anche i risultati di Monster Corporation, il colosso americano, quotata al Nasdaq, che produce bevande energetiche tra cui la Monster Energy, Relentless e Burn. Nel 2023 i suoi profitti sono stati aggiornati al rialzo del 15,27% mentre il fatturato migliorava dell’11,24%. Quindi arriviamo al variegato modo dei supermercati. Qui troviamo la catena polacca Dina Polska che guida i rialzi con ricavi su del 37%, seguita dalla portoghese Jeronimo Martins +22%. Doppia cifra che viene replicata anche sul fronte degli utili. Da segnalare Walmart, Metro e la storia di Carrefour che a inizio 2024 si è fatta promotrice di un’aspra battaglia contro i rincari, togliendo dagli scaffali in Francia, Italia, Spagna e Belgio i prodotti PepsiCo. La lista dei tagli include bevande gassate Pepsi, le patatine Lay’s, ma anche tè Lipton e 7up. Motivo? I francesi ha evidenziato nei loro volantini alla clientela giudicano «inaccettabili» gli aumenti di prezzo praticati dalla multinazionale americana. A pensar male però verrebbe da dire che dopo aver aumentato i profitti 2023 quasi del 15%, farsi un po’ di pubblicità con la lotta a carovita è di certo più semplice. Sia chiaro: non esiste nessuna certezza assoluta sul fatto che le multinazionali dell’alimentare abbiano portato, aumentandoli, i rincari delle materie prime sui clienti finali. È però un fatto incontestabile che in un periodo difficile dove oggettivamente inflazione e caro-tassi hanno zavorrato la capacità di spesa, soprattutto in Italia, i grandi player del settore abbiano incrementato ricavi e profitti. Così come è un fatto altrettanto indiscutibile che diverse catene hanno attuato politiche di riduzione delle dimensioni dei pacchetti o della quantità di prodotto presente nelle singole confezioni lasciando i prezzi inalterati. Il problema è che stando alle dichiarazioni sui rischi inflattivi della Lagarde di ieri («abbiamo bisogno di più evidenze, più dati, sul rischio inflattivo, e sappiamo che questi dati ci arriveranno nei prossimi pochi mesi») saremo costretti a fare i conti con il carovita e i tassi alti ancora per un po’ e nel frattempo gli anelli deboli della catena di cui sopra (consumatori e agricoltori) continueranno a soffrire.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)