
Roberto Gualtieri scrive ai commissari: nuove entrate per lo 0,7% di Pil. In cambio avremo 3 miliardi di taglio del cuneo, il resto paghiamo noi. Compreso il fondo anti imposte finanziato con 5 miliardi di imposte.Confessio est regina probationum. Il celebre brocardo ci ricorda che la confessione costituisce prova inconfutabile riguardo la veridicità di un fatto. Con la lettera inviata mercoledì 23 dal ministro Roberto Gualtieri al vicepresidente Valdis Dombrovskis e al commissario Pierre Moscovici, possiamo finalmente dire di avere la prova regina sull'aumento delle tasse che ci attende per il 2020, ma non solo.Gualtieri rassicura subito i commissari, informandoli che il deficit/Pil per il 2020 si fermerà a quello del 2019 (2,2%) ma che già dal 2021 scenderà all'1,8% e poi all'1,4% nel 2022. Insomma, il solito calciare il barattolo giù lungo la discesa, promettendo di rispettare regole assurde e insostenibili, per poi ritrovarci tra 12 mesi a intavolare la solita pantomima con Bruxelles. Il deficit strutturale (che è quello osservato dalla Ue), che addirittura era sceso all'1,2% nel 2019, andrà all'1,4% nel 2020, all'1,2% nel 2021 e all'1% nel 2022. Così da rassicurare la Commissione sul raggiungimento del famigerato «obiettivo di medio termine» che, da Monti in poi, è la corda che tiene impiccato ogni anno il bilancio dello Stato.Gualtieri ritiene che tale sforamento sia giustificabile alla luce del rallentamento della congiuntura e delle spese per emergenza idrogeologica e infrastrutture stradali del Paese. Una litania ripetuta per strappare uno 0,2% di deficit in più. Con una non banale stoccatina sul tema dell'aleatorietà del calcolo della differenza tra Pil reale e potenziale (output gap), il ministro sembra dire che tutto il ragionamento sul rapporto tra deficit strutturale e Pil potenziale è fuori dalla realtà. Però poi noi obbedientemente («dutifully!») eseguiamo. E infatti Gualtieri confessa che:1 Senza aumento dell'Iva, con alcune spese indifferibili, e con il taglio del cuneo fiscale (0,3% del Pil) il deficit 2020 sarebbe stato pari al 2,9%.2 Poiché l'obiettivo di deficit è pari al 2,2%, ma loro sono obbedienti - mica come la Francia che nel 2019 farà un sontuoso 3,1% di deficit -, sono necessarie maggiori entrate per lo 0,7% del Pil. Ecco la confessione: sono oltre 12 miliardi di tasse, minuziosamente elencate in 2 allegati:a. Lo 0,2% sono entrate da lotta all'evasione. Circa 3 miliardi, tra cui uno frutto di un intervento che allunga i tempi di compensazione delle imposte per i contribuenti creditori, in pratica un prestito forzoso dei contribuenti allo Stato.b. 0,04% da tasse sui giochi.c. 0,1% per entrate da eliminazione dei sussidi ambientali dannosi e altre tasse ambientali (plastic tax).d. 0,3% da diverse misure (minori detrazioni per i redditi alti, restrizione regime forfettario...) note ormai come «microtasse» che, per essere pari a circa 5 miliardi, non devono essere poi così micro. Per indorare la pillola le chiamano «tax changes»: tra queste, spicca la garrota verbale del «fondo taglia tasse»: in pratica, si alza il prelievo per rimpinguare una riserva chiamata appunto «taglia tasse» (che però intanto le aumenta) e che, siccome deve realizzare gli obiettivi della manovra, domani potrà essere usata a copertura di interventi già programmati (e cioè smentendo il suo nome): niente male.e. Si chiude con uno 0,1% di spending review, un abito che si porta in tutte le stagioni.3 Ed ecco fatto. Ci sono le coperture pari allo 0,7% del Pil: oltre 12 miliardi che, al netto del beneficio del taglio del cuneo fiscale (per chi ne godrà), si traducono in quegli 8-9 miliardi di nuove tasse pronte per gli italiani.Oltre al danno, c'è la beffa. Gualtieri sostiene che per il 2020 la Ue ci chiedeva una stretta fiscale da 23 miliardi per l'aumento Iva. Poiché ne pagheremo solo 8-9 (frantumate in una miriade di micromisure che creano ancora più incertezza), dice che sta «riducendo le tasse». Quella che qualsiasi economista avrebbe chiamato manovra restrittiva viene pure ribaltata come una frittata.Andrebbe chiesto agli italiani se per loro ha importanza quanto pagheranno in più oppure quanto pagheranno in meno rispetto a quanto avrebbero dovuto pagare se fosse aumentata l'Iva. Esiste qualcuno che nei propri bilanci previsionali famigliari o aziendali aveva inserito l'aumento dell'Iva ed ora gioisce per lo scampato pericolo? O sono molto più numerosi quelli che imprecano per le maggiori tasse rispetto al 2019? Forse la seconda.
Johann Chapoutot (Wikimedia)
Col saggio «Gli irresponsabili», Johann Chapoutot rilegge l’ascesa del nazismo senza gli occhiali dell’ideologia. E mostra tra l’altro come socialdemocratici e comunisti appoggiarono il futuro Führer per mettere in crisi la Repubblica di Weimar.
«Quella di Weimar è una storia così viva che resuscita i morti e continua a porre interrogativi alla Germania e, al di là della Germania, a tutte le democrazie che, di fronte al periodo 1932-1933, a von Papen e Hitler, ma anche a Schleicher, Hindenburg, Hugenberg e Thyssen, si sono trovate a misurare la propria finitudine. Se la Grande Guerra ha insegnato alle civiltà che sono mortali, la fine della Repubblica di Weimar ha dimostrato che la democrazia è caduca».
(Guardia di Finanza)
I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, grazie a una capillare attività investigativa nel settore della lotta alla contraffazione hanno sequestrato oltre 10.000 peluches (di cui 3.000 presso un negozio di giocattoli all’interno di un noto centro commerciale palermitano).
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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Stefano Arcifa
Parla il neopresidente dell’Aero Club d’Italia: «Il nostro Paese primeggia in deltaplano, aeromodellismo, paracadutismo e parapendio. Rivorrei i Giochi della gioventù dell’aria».
Per intervistare Stefano Arcifa, il nuovo presidente dell’Aero Club d’Italia (Aeci), bisogna «intercettarlo» come si fa con un velivolo che passa alto e veloce. Dalla sua ratifica da parte del governo, avvenuta alla fine dell’estate, è sempre in trasferta per restare vicino ai club, enti federati e aggregati, che riuniscono gli italiani che volano per passione.
Arcifa, che cos’è l’Aero Club d’Italia?
«È il più antico ente aeronautico italiano, il riferimento per l’aviazione sportiva e turistica italiana, al nostro interno abbracciamo tutte le anime di chi ha passione per ciò che vola, dall’aeromodellismo al paracadutismo, dagli ultraleggeri al parapendio e al deltaplano. Da noi si insegna l’arte del volo con un’attenzione particolare alla sicurezza e al rispetto delle regole».
Riccardo Molinari (Ansa)
Il capogruppo leghista alla Camera: «Stiamo preparando un pacchetto sicurezza bis: rafforzeremo la legittima difesa ed estenderemo la legge anti sgomberi anche alla seconda casa. I militari nelle strade vanno aumentati».
«Vi racconto le norme in arrivo sul comparto sicurezza, vogliamo la legittima difesa “rinforzata” e nuove regole contro le baby gang. L’esercito nelle strade? I soldati di presidio vanno aumentati, non ridotti. Landini? Non ha più argomenti: ridicolo scioperare sulla manovra».
Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, la Cgil proclama l’ennesimo sciopero generale per il 12 dicembre.
«Non sanno più di cosa parlare. Esaurito il filone di Gaza dopo la firma della tregua, si sono gettati sulla manovra. Ma non ha senso».






