«Provo gioia all’idea di far sapere che non lasciamo respirare chi sta dietro il vetro oscurato». Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia, dopo la sua frase l’Anpi l’ha definita «macellaio sadico».
«Reazioni fuori luogo. In Italia sono la mafia, la ’ndrangheta e la camorra ad aver dimostrato sadismo. L’Anpi crede che il sanguinario sia io? Vada a raccontarlo alle famiglie delle vittime della criminalità organizzata».
Ci spiega meglio la sua uscita?
«All’atto della cerimonia di consegna di un mezzo blindato che metterà finalmente in sicurezza la polizia penitenziaria nel trasporto di mafiosi, ho detto semplicemente che mi dava gioia il fatto di incalzare, di “non lasciare respirare” gli esponenti della criminalità organizzata. Posto che in Italia nessuno compra “macchine asfissianti”, va da sé che si trattava di una metafora: intendevo dire che non diamo tregua ai criminali».
Lo ribadisce?
«Sì, e mi stupirei del contrario. Sarebbe strano dire in pubblico che “lasciamo respirare” la mafia. Non c’è fine a questa lotta».
Non poteva utilizzare parole diverse? Ripeterebbe ancora quella frase con gli stessi termini?
«Il mio livello di scorta è stato innalzato, per ovvi motivi. Eppure qualcuno si domanda chi è il macellaio tra Delmastro e i mafiosi; questo qualcuno, evidentemente, non ha avuto continenza verbale in questa vicenda, e dovrebbe fare attenzione a soppesare le parole».
Come avveniva il trasporto dei reclusi al 41 bis con i vecchi veicoli della polizia penitenziaria?
«Con dei furgoni da 20-30 posti. Quando entrava nelle vie strette dei quartieri spagnoli a Napoli, o nell’entroterra calabrese, la polizia era costretta ad abbandonare il mezzo, proseguendo a piedi il trasporto del detenuto, magari per accompagnarlo al funerale di un parente. Vi sembrano queste condizioni di sicurezza?»
È vero che state pensando di “schermare” le carceri per impedire ai detenuti di usare cellulari?
«Stiamo studiando l’introduzione di una schermatura per i cellulari, di modo che possano funzionare soltanto quelli del personale, mentre quelli dei detenuti diventerebbero niente più che giocattoli. Stiamo lavorando per avere le necessarie garanzie sul piano della salute».
E il sovraffollamento carcerario?
«Sono nato 50 anni fa e già c’era carenza di 10.000 posti detentivi. Oggi che sono nel mezzo del cammin della mia vita, il problema rimane esattamente con gli stessi numeri. Anche mio figlio di 10 anni capirebbe che i provvedimenti svuotacarceri hanno fallito: in compenso, mortificano le vittime dei reati, erodono la certezza della pena, rendono insicure le nostre città».
Quindi come pensate di affrontare il problema?
«Oggi abbiamo stanziato oltre 250 milioni, per recuperare 7.000 posti che mancano da mezzo secolo. Abbiamo inoltre istituito la figura del commissario speciale, che dovrebbe garantire di impiegare più velocemente le risorse già stanziate. In futuro altre risorse arriveranno. Entro la fine del nostro mandato recupereremo tutti i posti detentivi mancanti».
Amnistia e indulto, come propongono le opposizioni, sono alternative valide?
«Sarebbe una resa. Il centrosinistra scomoda sempre la Costituzione, parlando del “fine rieducativo della pena”. Ebbene, non c’è nulla di rieducativo nel colpo di spugna. La rieducazione avviene in carcere o nell’esecuzione penale esterna. Chi propugna il “liberi tutti”, dimentica un piccolo particolare: chi è libero non viene rieducato».
Lei passa per essere contrario alla rieducazione.
«Ai buonisti da salotto vorrei ricordare che, per la prima volta nella storia della Repubblica, sono riuscito a riempire le piante organiche dei funzionari giuridico-pedagogici, cioè degli educatori preposti al trattamento dei detenuti. Dunque, c’è chi si limita a pontificare dai salotti televisivi, e chi agisce con concretezza».
Sul progetto Albania pende un ricorso alla Corte di giustizia europea. Il ministro della Giustizia, Nordio, dice basta al «diritto creativo».
«Io parlerei di diritto “pregiudizialmente” creativo. Quando certi magistrati intervengono con sentenze su fatti rispetto ai quali hanno già espresso la loro posizione politico-ideologica, è chiaro che quelle sentenze saranno fortemente influenzate dal loro portato culturale. Diventa difficile immaginare che questi magistrati siano sereni. Ed è per questo che dovrebbero avvertire l’esigenza di astenersi».
Nella nuova proposta del ministro Nordio, si parla per l’appunto di procedimenti disciplinari per i magistrati che prendono una posizione pubblica su un argomento di cui si stanno occupando. Magistratura democratica dice che è l’ennesimo bavaglio per le toghe, che favorirà i dossieraggi nei confronti dei magistrati.
«Per il momento faccio notare che il sospetto di dossieraggi si è diffuso altrove, soprattutto intorno alla Direzione nazionale antimafia. Dopodiché, il punto è semplice: quando un giudice esprime ampiamente una legittima opinione politica su un argomento, dovrebbe astenersi dal giudizio sul medesimo argomento? Per me la risposta è sì. E in ogni caso, in base alle nuove regole, su eventuali provvedimenti disciplinari deciderebbe comunque il Csm».
Non pensa che, nella querelle sulla lista dei Paesi sicuri, il diritto europeo debba prevalere su quello italiano?
«Il diritto europeo dice che uno Stato non può essere definito sicuro se abbondanti porzioni del suo territorio non rientrano sotto la sua sovranità giuridica. Pensare che lo Stato diventi insicuro sulla base di “categorie” di persone, è per l’appunto un’interpretazione creativa, frutto dell’ideologia politica. Se fosse valida questa interpretazione, nessun Paese sarebbe sicuro, nemmeno gli Stato Uniti, dove è prevista la pena capitale. E per assurdo, il governo tedesco dovrebbe andare a riprendersi gli afghani che qualche mese fa ha rispedito dai talebani».
Alla fine il progetto Albania verrà davvero realizzato, visti gli ostacoli che spuntano ogni giorno?
«Assolutamente sì. Tutta Europa lo sta prendendo come modello. D’altra parte, la fallace interpretazione delle toghe italiane significherebbe “porte aperte” in tutto il continente europeo».
Se la Corte europea dovesse accogliere i ricorsi italiani?
«Insisteremmo comunque, perché il contrasto all’immigrazione irregolare è il Dna di questo governo. Tuttavia, credo che la Corte ci darà ragione, perché non sarebbe una scelta di buon senso ritenere tutto il mondo “insicuro”, intervenendo a gamba tesa sulle politiche migratorie di un Paese europeo».
A proposito di tribunali internazionali: dopo il mandato di cattura, il premier israeliano Netanyahu andrebbe arrestato?
«Penso che la posizione del presidente del Consiglio Meloni sia coerente ed equilibrata. Le questioni giuridiche internazionali debbono essere attentamente meditate, e nello stesso tempo Hamas non può essere messa sullo stesso piano dello Stato di Israele, che è il bastione democratico in quelle terre».
Intanto in Italia non si placa la protesta contro il ddl sicurezza, che introduce nuovi reati e aumenta le pene per quelli già esistenti.
«Mi danno del “liberticida” perché voglio consentire a un giudice di arrestare le madri borseggiatrici? Vorrei tutelare quelle madri che prendono la metropolitana per portare il figlio a scuola e poi andare a lavorare, non quelle che la prendono per rapinare gli altri. Vorrei difendere quegli anziani che dopo un ricovero in ospedale trovano la casa occupata illegalmente. Vorrei tutelare chi prende il treno per andare a studiare e lavorare, non chi si stende sui binari per protesta».
Si riferisce alle pene più pesanti per chi manifesta su strade e ferrovie, anche in modo pacifico?
«Un tempo guardavo con raro interesse gli antichi girotondi della sinistra, che erano colorati e divertenti. Ecco, i girotondi si fanno in piazza, non sui binari dei treni».
Le forze dell’ordine italiane sono sotto attacco?
«Scontiamo anni di pregiudizio ideologico della sinistra nei confronti delle divise. Come Pasolini, che si rivolgeva ai figli di papà col cuore a sinistra e il portafogli a destra, vorrei dare un consiglio all’opposizione: abbracciate i poliziotti. Perché sono loro i veri figli del popolo, non certi borghesi annoiati. Invece, ogni volta che visito un penitenziario e abbraccio il personale, gli intellettuali della Ztl mi criticano. Perché loro, l’odore del popolo, proprio non lo sopportano».





