Con una lettera inviata al responsabile bilancio Piotr Serafin, i gruppi di centrodestra chiedono alla Commissione Ue di verificare 28 accordi siglati durante il primo mandato della Von der Leyen. Il Ppe accusa: «Ci sono anche fondi per promuovere il Green deal».
Con una lettera inviata al responsabile bilancio Piotr Serafin, i gruppi di centrodestra chiedono alla Commissione Ue di verificare 28 accordi siglati durante il primo mandato della Von der Leyen. Il Ppe accusa: «Ci sono anche fondi per promuovere il Green deal».Il vento del Doge soffia fino in Europa. Al netto delle ragioni economiche e delle più o meno esplicite inclinazioni neoliberiste (andrebbe comunque considerato che gli Stati Uniti registrano un deficit pubblico intorno al 7%, un robusto disavanzo commerciale e una disoccupazione piuttosto bassa, al 4,1%), il dipartimento per l’efficienza governativa guidato da Elon Musk nella nuova amministrazione Usa sta facendo scuola. A partire dalla soppressione dell’Usaid, agenzia governativa che sulla carta distribuiva aiuti in giro per il mondo ma che, nei fatti, si è rivelato essere una cassa di risonanza della propaganda liberal. E così per i tanti programmi Dei (diversità, equità e inclusione) finanziati dal governo, volti a diffondere l’ideologia woke. Lo scoperchiamento del sistema delle elargizioni pubbliche, dunque, sta destando un certo risveglio oltreoceano, ma l’eco di questo fenomeno è arrivata anche qui in Europa, tanto che alcuni gruppi politici del Comitato per il controllo dei bilanci del Parlamento Europeo chiedono di verificare 28 contratti di sovvenzione siglati dalla Commissione Ue.A darne notizia è Politico, che ha visonato una lettera indirizzata al commissario per il Bilancio, Piotr Serafin, dai suddetti gruppi di destra e centrodestra. Essi chiedono ulteriori approfondimenti su tutta una serie di beneficiari dei fondi europei. Tra i contratti messi sotto esame, figurano quelli riguardanti l’International Rescue Committee e altre Ong impegnate nell’inclusione dei migranti Lgbtqi+, ma anche colossi industriali come Shell e Volkswagen. Gruppi di sinistra, invece, hanno chiesto di esaminare i fondi concessi all’associazione imprenditoriale BusinessEurope. Si tratta di un elenco di accordi firmati tra il 2019 e il 2024, quindi durante la prima Commissione guidata da Ursula von der Leyen, per un totale di 58,2 milioni di euro. La disputa tra gli europarlamentari e l’esecutivo Ue è nata quando il Partito popolare europeo ha accusato il secondo di finanziare Ong per fare attività di lobbying in favore del Green Deal attraverso il programma di finanziamento Life. Il sito del ministero per l’Ambiente descrive quest’ultimo come «uno dei programmi «storici» della Commissione europea», «operativo dal 1992», nonché «il principale strumento finanziario dell’Unione europea dedicato all’ambiente e all’azione per il clima». Nel periodo 2021-2027, i suoi fondi ammontano a quasi 5,5 miliardi di euro. Dopo la richiesta, la Commissione ha rivisto le proprie elargizioni verso le Ong coinvolte. In seguito, il Ppe ha chiesto di rivedere anche i contratti relativi a Transparency International e altre Ong ambientaliste, mentre gruppi di sinistra hanno reagito invocando l’esame anche dei fondi concessi alle imprese. Tra i programmi nel mirino, troviamo il New mobility solutions for climate neutrality in Eu cities (si risparmia al lettore l’alternanza delirante tra maiuscole e minuscole), con i suoi 24,7 milioni di euro di finanziamenti per promuovere soluzioni innovative di mobilità urbana al fine di ridurre le emissioni e rendere le città «climaticamente neutre»; l’H2Accelerate inaugural station deployment, con 16,9 milioni per accelerare la diffusione di camion a idrogeno; un programma per la diffusione dei pannelli fotovoltaici traslucidi nell’agricoltura (3,5 milioni) e diversi altri a trazione green. In ambito immigrazione e diritti, nell’elenco abbiamo un programma per «promuovere l’integrazione e l’accoglienza di migranti lgbtqi+» (1,3 milioni di euro), un altro per «contrastare i discorsi d’odio e le parole offensive contro la diversità: comunità rom, lgbtqi, ebraiche e migranti» (168.400 euro); e un piano per «sviluppare il coordinamento con i migranti per migliorare l’inclusione delle persone vittime di tratta» (756.100 euro). Non può mancare, naturalmente, il finanziamento all’Osservatorio europeo per l’odio online, con 1,2 milioni.A questi, si aggiungono altri contratti che gli eurodeputati hanno chiesto di esaminare, relativi a: il «Fondo per l’asilo, la migrazione e l’integrazione», che finanzia progetti per gestire i flussi migratori, migliorare le politiche di asilo e promuovere l’integrazione dei migranti nei Paesi membri; il già citato programma «Life»; il programma «Diritti, uguaglianza e cittadinanza», che sostiene iniziative per promuovere l’uguaglianza di genere, la lotta alla discriminazione (xenofobia, razzismo, omofobia) e la protezione delle vittime di violenza e crimini d’odio; «Connecting cities towards integration action», progetto che collega città europee per condividere strategie e buone pratiche sull’integrazione dei migranti, favorendo politiche locali inclusive; e l’«Alternative fuels infrastructure facility, che finanzia lo sviluppo di infrastrutture per carburanti alternativi (come idrogeno, elettricità o biocarburanti), per ridurre le emissioni nei trasporti e sostenere la transizione ecologica. Tra le aziende private e le associazioni industriali riportate da Politico, invece, figurano: Shell, Volkswagen, Ramboll Consulting, Ricardo Nederland, BayWa Solar Projects, BusinessEurope, North European Oil Trade Oy, PlantPress e AgroTV.
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Parla Gaetano Trivelli, uno dei leader del team Recap, il gruppo che dà la caccia ai trafficanti che cercano di fuggire dalla legge.
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Su un testo riservato appare il nome del partito creato da Grillo. Dietro a questi finanziamenti una vera internazionale di sinistra.
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Nel 1937 l’archeologo francese Fernand Benoit fece una scoperta clamorosa. Durante gli scavi archeologici nei pressi dell’acquedotto romano di Arles, la sua città, riportò alla luce un sito straordinario. Lungo un crinale ripido e roccioso, scoprì quello che probabilmente è stato il primo impianto industriale della storia, un complesso che anticipò di oltre un millennio la prima rivoluzione industriale, quella della forza idraulica.
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Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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