
Il 2021 inizia con circa 4 milioni di italiani che sono stati costretti a chiedere aiuto per mangiare a Natale e Capodanno, un numero praticamente raddoppiato rispetto allo scorso anno. Ce lo dice la Coldiretti.Immagino già i commenti politici a questa notizia, soprattutto da parte governativa. Qualcuno comincerà dicendo che il governo era impreparato alla più grande crisi dal Dopoguerra a oggi. Qualcuno comincerà a elencare tutte le cose fatte. Qualcun altro mostrerà una certa meraviglia, della serie «non mi sarei aspettato cifre così consistenti», ma il problema c'è e va affrontato. Altri ancora sosterranno che evidentemente il reddito di cittadinanza non ha funzionato. Ci sarà un benedett'uomo o una benedetta donna che avrà il coraggio di dire che siamo fuori dalla Costituzione che ci prescrive di mettere tutti i cittadini italiani nelle condizioni di disporre dell'essenziale per campare? Ci sarà un qualcuno di onesto che ammetterà che siamo di fronte a un fatto di inciviltà? Qualcuno si ricorderà che la civiltà di un popolo, di una nazione, di uno Stato si misura da come vengono tratti i più deboli, i poveri, quelli che non ce la fanno ad andare avanti?Dichiariamo più o meno giustamente stati di emergenza ogni due per tre. Lo abbiamo fatto in Italia dove il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, lo ha chiesto per la gestione del Covid e l'ha ottenuto. Lo abbiamo fatto per i migranti e il ministro delle Politiche agricole, Teresa Bellanova, ha preteso e ottenuto la sanatoria. Da anni, in sede internazionale, si è dichiarata l'emergenza ambientale e, come nel caso dei migranti, si sono sentite alte e forti levarsi le voci di quelli che contano, di star internazionali, di gente del bel mondo che non sa neanche che cosa sia la raccolta differenziata, ma non poteva non sapere dell'emergenza del buco dell'ozono o del global warming. Salvo poi scoprire che alcune campagne per l'ambiente risultavano magari finanziate o spalleggiate da imprese che lavoravano nell'eolico e nelle energie alternative. Tutto bene. Ma questa dei 4 milioni di poveri che a Natale non hanno di che mangiare è un'emergenza umanitaria o no? Perché non la si dichiara al pari delle altre? Forse perché non ci sono i nomi che contano a occuparsene? Forse perché fa più figo occuparsi dell'emergenza ambientale che di quella dei poveracci? E l'Europa che fa tanto parlare dell'aumento delle diseguaglianze sociali ed economiche perché non ha pensato di dedicare una buona parte del Recovery fund a questa emergenza povertà, non solo in Africa (dove fa finta di aiutare imponendo poi dazi alle importazioni da quei Paesi e bloccandone, di fatto, il possibile sviluppo economico autonomo), ma anche qui da noi, nei Paesi maggiormente colpiti dal Covid, come il nostro?«In Italia si contano», sempre secondo le dichiarazioni di Ettore Prandini, presidente nazionale della Coldiretti, «10.194 strutture periferiche (mense e centri di distribuzione) promosse da 197 enti caritativi impegnate nel coordinamento degli enti territoriali ufficialmente riconosciute. Quasi quattro italiani su dieci (39 per cento) hanno infatti dichiarato di partecipare a iniziative di solidarietà per aiutare chi ha più bisogno». Tra queste iniziative anche quella di Coldiretti stessa della spesa sospesa promossa da agricoltori che hanno messo a disposizione beni di prima necessità per le famiglie bisognose. Questa si chiama carità, compassione, solidarietà. Bontà. Quanti sarebbero i poveri senza queste iniziative, il doppio? Ma la carità è una cosa e gli obblighi sociali, i doveri sociali e prima ancora costituzionali sono un'altra cosa. Sono, appunto, obblighi. Ce lo dice la tanto sventolata a corrente alterna Costituzione della Repubblica italiana. Cos'altro deve succedere perché si riconosca questa come emergenza umanitaria nazionale? Certo quelli che contano dei poveracci non se ne occupano, generalmente. Se aspettiamo loro siamo spacciati.
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.
Donald Trump (Ansa)
La Corte Suprema degli Stati Uniti si appresta a pronunciarsi sulla legittimità di una parte dei dazi, che sono stati imposti da Donald Trump: si tratterà di una decisione dalla portata storica.
Al centro del contenzioso sono finite le tariffe che il presidente americano ha comminato ai sensi dell’International Emergency Economic Powers Act (Ieepa). In tal senso, la questione riguarda i dazi imposti per il traffico di fentanyl e quelli che l’inquilino della Casa Bianca ha battezzato ad aprile come “reciproci”. È infatti contro queste tariffe che hanno fatto ricorso alcune aziende e una dozzina di Stati. E, finora, i tribunali di grado inferiore hanno dato torto alla Casa Bianca. I vari casi sono quindi stati accorpati dalla Corte Suprema che, a settembre, ha deciso di valutarli. E così, mercoledì scorso, i togati hanno ospitato il dibattimento sulla questione tra gli avvocati delle parti. Adesso, si attende la decisione finale, che non è tuttavia chiaro quando sarà emessa: solitamente, la Corte Suprema impiega dai tre ai sei mesi dal dibattimento per pronunciarsi. Non è tuttavia escluso che, vista la delicatezza e l’urgenza del dossier in esame, possa stavolta accelerare i tempi.






