2022-11-09
Poste attende la manovra: stop al superbonus
La società annuncia sul sito il congelamento delle acquisizioni. A pesare il caos normativo e i dubbi sulle decisioni sul nodo 110% dell’esecutivo. Che potrebbe modificare le tempistiche e intervenire sulle villette unifamiliari. Il mondo dell’edilizia critica il blocco.Al tavolo con Cgil, Cisl e Uil di oggi si parlerà anche di sostegno ai redditi e fisco.Lo speciale contiene due articoli.Poste italiane stoppa l’acquisto dei nuovi crediti di imposta legati ai bonus edilizi, comunicando la decisione tramite il suo sito Internet: «Gentili clienti, il servizio di acquisto di crediti d’imposta ai sensi del dl 19 maggio 2020 n. 34, convertito con modificazioni nella legge 17 luglio 2020 n. 77 e s.m.i., è sospeso per l’apertura di nuove pratiche. È possibile seguire l’avanzamento delle pratiche in lavorazione e caricare la documentazione per quelle da completare». E dunque, ancora una volta, la cessione dei crediti legati al superbonus 110% sta creando problemi al mondo delle imprese e del credito. Non è infatti una novità il fatto che si verifichino situazioni di blocco simili e che il governo di turno sia costretto a intervenire per cercare di risolvere la situazione, spesso in modo frettoloso e non definitivo. Dietro lo stop ordinato da Poste, sull’accettazione di nuovi crediti di imposta edilizi, ci sono diverse motivazioni tra cui sicuramente la presenza di norme passate che non sono state in grado di aggiustare la situazione sulla cessione crediti, decisioni giuridiche e l’attesa per le nuove mosse del governo Meloni sulla questione 110%. Per quanto riguarda il primo punto è da sottolineare come la circolare di inizio ottobre dell’Agenzia delle entrate, che ha dato seguito a quanto deciso dal decreto Aiuti bis voluto dal governo presieduto da Mario Draghi sulla cessione dei crediti, non ha risolto il problema. Le modifiche fatte sono risultate infatti poco incisive, dato che hanno soltanto «ammorbidito le norme, purtroppo sbloccando ben poco», sottolinea la presidente dell’Ance (Associazione nazionale costruttori edili), Federica Brancaccio, secondo cui Poste sarebbe ferma praticamente da un anno nell’acquisto dalle imprese e ora avrebbe chiuso i rubinetti anche nei confronti dei privati che hanno crediti di minore entità, tra i 100.000 e i 150.000 euro. «Le banche», continua Brancaccio, «affermano di aver esaurito la capacità fiscale, ma Poste, Cdp e le altre partecipate non hanno questo problema, la loro capacità loro la hanno, ma non comprano. È un problema grave». L’altro aspetto che non deve essere sottovalutato nella questione Poste sono le ultime cinque sentenze della Corte di Cassazione, che oltre a vederla coinvolta in prima persona, hanno anche evidenziato un’ulteriore lacuna nel meccanismo di cessione dei crediti d’imposta, andando a confermare la possibilità per l’Agenzia delle entrate di effettuare il sequestro dei crediti nel caso sia avviata una procedura per sospetto di frode. È dunque in questo contesto di incertezza che si inserisce lo stop di Poste, così come di altri istituti bancari, verso i nuovi crediti di imposta. Questa situazione produce però delle conseguenze negative, da una parte sulle imprese che si ritrovano in pancia crediti non esigibili e dall’altra su tutti quei contribuenti che hanno già avviato un intervento di superbonus 110% o con altri bonus edilizi, contando sulla possibilità di cedere i propri crediti di imposta, che al momento sono in stand by. Situazione di non poco conto di cui il governo Meloni si dovrà far carico a partire dalla legge di Bilancio. Secondo quanto risulta alla Verità, il nuovo esecutivo starebbe pensando di intervenire sul superbonus in diversi ambiti. Una modifica riguarderebbe le tempistiche, e dunque la possibilità di richiedere l’agevolazione, con la detrazione al 110%, solo fino al 31 dicembre 2022, mentre dal primo gennaio il tetto scenderebbe al 90% o al 85%. Si ipotizzano poi interventi anche sulle villette unifamiliari che con il governo Draghi avevano visto lo stop dell’invio delle pratiche per il superbonus al 30 settembre per motivi di budget. Modifiche che dunque per il momento non riguardano l’annosa questione dei crediti di imposta, che stanno creando non pochi problemi a diverse banche che hanno deciso, come Poste, di mettere un freno al superbonus e al mondo dell’edilizia, che a causa della presenza di cassetti fiscali pieni di crediti non scontabili, rischia di veder fallire diverse imprese. E dunque se da una parte certamente il 110% deve essere rivisto e modificato, dall’altro non ci si deve dimenticare di sanare le situazioni pregresse che stanno continuando a creare non pochi problemi: «Prima di pensare a modifiche normative sul superbonus bisogna verificare se siano stati risolti - per tutti gli incentivi riguardanti gli interventi sugli immobili - i molti problemi relativi alla cessione del credito e allo sconto in fattura», sottolinea infatti Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, che ribadisce come «la nostra idea è che si debba dar luogo a un sistema stabile ed equilibrato di sostegno agli interventi finalizzati a riqualificare il nostro patrimonio immobiliare, anche in vista dell’imminente approvazione della nuova direttiva dell’Unione europea sul rendimento energetico nell’edilizia, che si preannuncia molto gravosa», soprattutto per gli immobili italiani e il loro valore.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/poste-attende-manovra-stop-superbonus-2658619246.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="nuovo-round-tra-meloni-e-i-sindacati-sulle-pensioni-intervento-di-un-anno" data-post-id="2658619246" data-published-at="1667957231" data-use-pagination="False"> Nuovo round tra Meloni e i sindacati. Sulle pensioni intervento di un anno Oggi pomeriggio il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, incontrerà a Palazzo Chigi i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri. I temi che verranno affrontati sono il sostegno ai redditi di dipendenti e pensionati, maggiore flessibilità in uscita verso la pensione, lotta alla precarietà, riduzione del cuneo fiscale a vantaggio dei lavoratori ma anche delle aziende. L’incontro si tiene per la messa a terra della manovra di Bilancio. Al centro soprattutto le pensioni: a preoccupare la legge Fornero, che se non verrà disinnescata, rientrerà in vigore dall’anno prossimo, garantendo l’uscita dal mondo del lavoro non prima dei 67 anni una volta esaurita Quota 102. I sindacati si dicono contrari alle quote: chiedono la flessibilità in uscita dai 62 anni o con 41 anni di contributi per tutti, quindi a prescindere dall’età. La Lega spinge per l’uscita con 41 anni di contributi fissando però anche una soglia minima di età. Si parla poi della conferma delle misure opzione Donna e Ape sociale. Ad ogni modo, quello che sembra certo, è che, come accadde con Mario Draghi, anche il governo Meloni riformerà le pensioni solo per un anno. Per un piano triennale infatti, adesso non ci sarebbero abbastanza fondi. I sindacati poi insisteranno sul potere d’acquisto di salari e pensioni, intaccati pesantemente dall’inflazione impazzita. Insomma, i sindacati chiedono subito altre misure per aiutare lavoratori, pensionati, famiglie e imprese alle prese con la rincorsa dei prezzi, dall’energia agli alimentari: per finanziare questi aiuti, secondo loro, si può far ricorso agli extraprofitti. Sul tema flat tax la richiesta che arriva dalle sigle sindacali è una riforma completa del fisco. «Noi siamo contrari alla flat tax. In un Paese che ha 120 miliardi di evasione fiscale il tema fondamentale è come si combatte questa evasione», sostiene il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che insiste, «bisogna rilanciare una riforma che assuma il principio della progressività prevista dalla Costituzione» e riduca il peso a partire dai redditi più bassi. Il piglio del segretario è deciso: «È evidente», conclude, «che se non dovessero esserci delle risposte decideremo tutte le iniziative necessarie». Il numero uno della Cisl, Luigi Sbarra, parla di un cammino dalle emergenze alle riforme, che va portato avanti con il confronto e il dialogo sociale: bisogna «affrontare insieme i tanti dossier», insiste, sostenendo che oggi più che mai serve «un accordo di politica dei redditi» per tutelare salari e pensioni e mettere sotto controllo prezzi e tariffe. Sul tavolo anche il reddito di cittadinanza: il governo intende rimodularlo ma garantisce che non sarà toccato per chi non può lavorare e si parlerà anche dei navigator, visto che non è tecnicamente possibile una proroga dei loro contratti, scaduti lo scorso 31 ottobre. Sul tema del cuneo fiscale si è espresso il ministro del Lavoro, Marina Elvira Calderone: «C’è l’impegno del governo a sostenere chi produce. Vogliamo usare tutte le risorse a disposizione per valorizzare tutto quello che può creare nuova occupazione». Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, rilancia la richiesta del taglio del cuneo fiscale con un intervento choc da 16 miliardi: «due terzi ai dipendenti e un terzo alle imprese. Significa mettere 1.200 euro in tasca in più ai lavoratori», spiega. Venerdì 11 sarà la volta delle associazioni delle imprese: saranno 22 le sigle convocate dalla presidenza del Consiglio.
Roberto Cingolani, ad di Leonardo (Getty Images)
Palazzo Justus Lipsius a Bruxelles, sede del Consiglio europeo (Ansa)
Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa (Ansa)