2023-09-03
«La poesia ci allena a trovare bellezza in ciò che ci circonda»
L’attore e poeta Vasco Mirandola: «La tempesta Vaia mi turbò, gli alberi sembravano forti e solidi. Vederli sradicati mi ha ricordato dei soldati caduti sul campo».Vasco Mirandola (Castagnaro, 1954) è attore, regista, insegnante e poeta. La sua formazione avviene con alcuni dei grandi artisti attivi in Europa negli ani Settanta e Ottanta, quali Odin Theatre, Grotowsky, Ingemar Lindh e Thèatre du Soleil, debutta col teatro di strada nel 1974, due anni più tardi è tra i fondatori della compagnia teatrale padovana Teatrocontinuo: inizia così una lunga carriera tra teatro, performance, cinema e letteratura, tra classici e nuovi autori, collaborando con diverse realtà quali il gruppo musicale Piccola Bottega Baltazar, il Teatro Libero di Palermo, la compagnia di danza Sosta Palmizi, l’Accademia Arte della Diversità di Bolzano e figurando in diversi film di successo, quali Mediterraneo, Come Dio comanda, Il bambino invisibile, Colpo di luna, Notte Italiana, Il prete bello. Ha diretto spazi culturali e festival, creato una compagnia con ragazzi sordi, tiene corsi di teatro e lettura espressiva. Ha pubblicato raccolte di poesia tra le quali Non urlare che mi rovini il prezzemolo (Studio Tesi) Carpe diem trote gnam (Cleup) e Volevo solo scriverti accanto (Anima Mundi). Il suo sito è www.vascomirandola.it.Quando ha iniziato a giocare con il teatro e le parole il mondo culturale aveva di fronte le esperienze dell’Odin, di Peter Brook, Grotowski e Kantor. Tutto questo mondo oramai appartiene al passato, e oggi? Che cosa abbiamo di fronte? Se domani si risvegliasse nuovamente a vent’anni, sempre con la stessa passionaccia, da chi andrebbe adesso a far bottega?«Credo che non molti conoscano i nomi che sono stati alla base della mia formazione, direi due parole in proposito per dare una direzione alle mie riflessioni. Ho iniziato a fare teatro in un momento di grande rinnovamento, erano gli anni generati dal ’68, in cui si metteva in discussione il conosciuto e ci si proiettava verso nuove strade. Si parlava di teatro povero, nel senso di «spogliato», via scenografie, costumi, effetti luce, in scena l’attore e la sua capacità d’emozionare col corpo e la voce. Inizio a fare teatro in questo momento particolare, avevo 20 anni e tutto mi affascinava. Ho imparato a lavorare con gli altri, a coltivare sogni, il teatro mi ha nutrito, inventato, illuso, appassionato. Avevamo dei maestri che hanno sconfinato e indicato direzioni. Questo è il mio passato, che non è stato rinnovato da nuove figure di questa portata. Tante cose sono cambiate anche per me, più che di teatro ora mi nutro di letteratura, poesia, cinema, musica. Forse è anche cambiato il mio modo di pormi, in qualche misura facevo teatro con l’idea di scuotere le coscienze, ora mi dirigo verso il mantenere una coscienza, e una conoscenza delle nostre radici». Recita alcuni grandi scrittori e poeti: Rodari, Buzzati, Calvino, Meneghello, Benni, Zanzotto, Szymborska, Gualtieri, Merini. Si occupa anche di tematiche ambientali con Alberi, canto per uomini foglie, radici e Gli anni del tempo matto, tra canzoni, poesie, letteratura. Come risponde il pubblico? Gli spettatori vogliono ancora sentir parlare di certe voci, di certe idee? Che pubblico la viene a seguire?«Le parole, oltre a creare danni e fraintendimenti se utilizzate in modo improprio, hanno il potere di portarci in altri luoghi, ci possono aiutare a decifrare il mondo, a gettare semi, a coltivare il più possibile l’umano che ci sta scivolando via. Il teatro ha molto a che fare con l’umano, e tutto ciò che lo rende tale, scoprire le emozioni, esporre la fragilità, alimentare il dubbio, porsi delle domande più che trovare risposte. Il pubblico ama ritrovarsi in questo angolo di verità. Gli scrittori e i poeti lavorano per noi, ci rendono visibili le grandi e le piccole domande, il teatro fa il resto, è un posto speciale dove possiamo permetterci di riprenderci il tempo e di farcelo amico».La sua ultima raccolta di poesia s’intitola Volevo solo scriverti accanto: che cosa la porta a scrivere? Le risulta naturale passare dal gesto, dall’interpretazione teatrale alla parola scritta?«Scrivo poesie dall’adolescenza, per me è un modo di comunicare la mia intimità, è un allenamento a trovare bellezza in quello che ci circonda. Le poesie mi hanno spesso accompagnato anche nel percorso teatrale, ci sono cose che sono difficili da dire o spiegare. La poesia lascia dei vuoti che vanno riempiti da chi ascolta, in qualche misura la poesia comunica se la fai tua, se ti risuona, se va a toccare qualcosa di te. La parola a me è arrivata molto tardi, per anni ho lavorato più col corpo e coi suoni, è stata una conquista, per farsela amica ci vuole tempo, quando esce da te bisogna imparare a guidarla perché non si perda per strada e arrivi proprio lì dove diventa sangue e respiro... e ritorna a farsi carne in un altro corpo».Una delle poesie più commoventi della nuova raccolta tenta di descrivere, di suscitare una minima idea di quel che è successo agli alberi e agli animali travolti dalla furia dei venti di Vaia, Musica per alberi caduti, ma lo potremmo ipotizzare per ogni tempesta che si scatena sui nostri boschi quanto sulle nostre città. Come ha lavorato in questi versi?«La tempesta Vaia mi ha molto colpito, credo non meno dell’attentato alle torri gemelle di New York. Ci sono avvenimenti che fanno da spartiacque, annunciano un passaggio, Vaia ci ha detto: ecco adesso si comincia a pagare il prezzo del nostro insano modo di stare su questo pianeta. Quello per me è stato il primo segnale a cui purtroppo ne stanno seguendo molti altri. Avevamo da poco fatto uno spettacolo sugli alberi, almeno loro ci sembravano solidi, ben piantati, attaccati alle radici, e poi all’improvviso questi nostri maestri di tenuta, vengono gettati a terra, sembravano soldati dopo una battaglia. É un’immagine che fa male, come fanno male le alluvioni, le tempeste, gli incendi, le guerre, i naufragi, tutto quello che ci lascia senza più sostegno. Mi piace a questo punto riportare la conclusione di una riflessione della poetessa polacca Wislawa Szymborska: «La poesia? / ma cos’è mai la poesia? / Più d’una risposta incerta / è stata già data in proposito. / Ma io non lo so, / non lo so e mi aggrappo a questo / come all’ancora d’un corrimano.» Ecco la poesia anche se non sappiamo cos’è, può aiutarci, può sostenerci, e non è poco di questi tempi.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.