2021-09-21
Con i tempi del Pnrr, niente riforma ma solo minestra fiscale riscaldata
Mario Draghi (Getty Images)
A nove giorni dalla scadenza della legge delega sul riordino delle tasse, i partiti sono divisi e il premier tace. Nessun coinvolgimento delle parti sociali come annunciato da Mario Draghi. Incognite sul reddito di cittadinanza.Stando alle recenti dichiarazioni del titolare del Mef, Daniele Franco, la legge delega fiscale dovrebbe essere licenziata entro al fine del mese. Mancano nove giorni. Al momento gli schieramenti politici all'interno della maggioranza sono assai divisi. Il centrodestra non vuole assolutamente (e giustamente) sostenere alcun intervento sugli estimi catastali che si tradurrebbe in una finta riduzione del prelievo, ma in un fortissimo allargamento della base imponibile. Nessuno più crede alla falsa promessa del saldo zero. Nemmeno giornali come La Repubblica che di solito approcciano le tasse con lo stesso spirito di Tomaso Padoa-Schioppa. Il centrodestra vuole un taglio dell'Irpef e dell'Ires. «Il governo Draghi è stato voluto da Forza Italia e in primis dal presidente Berlusconi e siamo sempre disponibili al dialogo ed al confronto, avanzando proposte sui temi più importanti, nell'interesse del Paese. Proprio per questo poniamo un veto a qualsiasi tipo di aumento delle tasse, diretto o indiretto», ha spiegato ieri l'azzurro Sestino Giacomoni, membro del coordinamento di presidenza di Fi. «È bene ricordare», ha aggiunto, «che per quanto riguarda la riforma fiscale, ed in particolare quella del catasto, in commissione Finanze c'è stato un lungo confronto e un grande lavoro di sintesi e quasi all'unanimità abbiamo deciso che questo non è il momento storico per introdurre nuove imposte o patrimoniali». Matteo Salvini, sullo stesso tema, ha chiesto a Mario Draghi di parlare e di confermare che venga accolta la linea del Parlamento. Un appello che, in effetti, merita di essere ascoltato e accolto. Non solo nel merito ma anche nella forma.Sarebbe necessario che il governo, come prima cosa, chiarisse di non voler prestare il fianco alle richieste che provengono dall'altra componente di maggioranza, quella di centrosinistra. I 5 stelle e Italia viva spingono per una nuova riformulazione delle aliquote, solo che i renziani chiedono il taglio del reddito di cittadinanza che, a sua volta, resta il pilastro dei grillini. Il Pd è rimasto fermo alla proposta lettiana di tassare coloro che chiama «ricchi» con un prelievo da destinare ai giovani. Al tempo stesso, i dem sono favorevoli a forme di patrimoniale sulla casa. Una volta chiarita la china che il governo intende prendere, bisogna affrontare il tema vero della riforma. Quando si è presentato all'Aula con il discorso di fiducia, Draghi ha citato la riforma Vanoni degli anni Cinquanta. Magari potesse ripetersi in Italia un evento come quello. Riuscì a coinvolgere le parti sociali e ad avviare un nuovo modello di erario inclusivo. Negli ultimi decenni le tasse sono state imposte sempre tramite decreti sbriciolati e a volte semplicemente con circolari delle agenzie. Comunque sempre scelte piovute dall'alto. La riforma Vanoni si perfezionò attraverso l'introduzione di un team di esperti che si confrontarono prima con le parti sociali e poi presentarono una bozza al governo per la discussione finale. Il testo Vanoni fu anche il primo a introdurre in Italia il condono fiscale, un modo per azzerare il passato e lavorare sul presente e sul futuro. Il Parlamento, tramite le commissioni congiunte, ha prodotto 18 pagine di indicazioni contenenti non solo il veto sulle tasse al mattone ma anche interessanti ipotesi di riforma della componente capital gain. Duole dire che, a pochi giorni dalla scadenza dell'ultimatum sulla riforma fiscale, non si conosce la posizione di Draghi, né quella di Franco. Non c'è un testo condiviso tra i partiti. E soprattutto non abbiamo avuto nemmeno la parvenza del coinvolgimento delle parti sociali. Sindacati e industriali sono stati sentiti nel tempo libero tra l'introduzione del green pass, la discussione del decreto delocalizzazioni e la (finta) sospensione dello stop ai licenziamenti. Commercialisti e advisor fiscali sono rimasti inchiodati alle loro scrivanie.Purtroppo le aspettative create dal discorso di insediamento al momento sono tradite. Avremmo voluto vivere un po' dello spirito degli anni Cinquanta. Invece il tempo stringe e la riforma fiscale va portata in porto così come quella della concorrenza. Se non avviene il Pnrr o Recovery plan si inchioda e l'Ue non vidima i prossimi bonifici. La riforma della concorrenza è ferma da tre anni e capiamo che Draghi voglia stringere senza troppe consultazioni. Se il Parlamento fallisce nelle sue prerogative, può non avere scuse. Ma stavolta sulle tasse il Parlamento ha fatto i compiti. Ha detto la sua. Verrà scavalcato? Probabilmente no. Il che non ci tranquillizza. Potremo tirare un sospiro di sollievo perché non sono diventate realtà le richiesta di Enrico Letta. Purtroppo ci aspettiamo che il cdm serva al posto di una vera riforma fiscale un brodino sciapo. Sarà forse scritta con la calligrafia giusta tanto da ottenere la sufficienza da parte dell'Ue, ma per gli italiani che producono (sempre meno) sarà una delusione.