2019-09-28
«Più probabile hard che soft Brexit»
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L'esperto Bepi Pezzulli: «Londra creerà un mercato unico con Commonwealth e Washington».Populista, sconsiderata e apocalittica: così viene spesso dipinta la Brexit da buona parte dei media. La situazione potrebbe tuttavia risultare più complessa. E, a questo proposito, La Verità ha deciso di intervistare Bepi Pezzulli, Direttore Editoriale di Italia Atlantica.Bepi Pezzulli, quanto ritiene concreta ad oggi la possibilità di una Brexit senza accordo?Io ritengo la hard Brexit ancora estremamente probabile, a meno che a Boris Johnson non venga offerto un accordo di uscita tra pari, cioè un accordo che quantomeno rimuova la clausola di backstop in Irlanda. Ritengo che Johnson voglia anche la rimozione di ogni residuo della giurisdizione della Corte di Giustizia Europea in Gran Bretagna e nessuna concessione a Bruxelles in materia di Difesa. Secondo me, in Europa c'è molto meno unità sulla Brexit di quanto non traspaia, anzi le cancellerie europee sono divise sul tema. La Francia ha dichiarato di essere pronta – salvo fatti nuovi – a mettere un veto su un'ulteriore proroga della Brexit. Questo perché Macron evidentemente è stato il più duro dei leader europei nei confronti della Brexit e il negoziatore capo, Barnier, ha sempre seguito la linea dell'Eliseo durante tutto il negoziato.Quali sono le ragioni di questo atteggiamento?Il tema geopolitico è che, per la Francia, l'Unione Europea è un amplificatore di influenza. E Macron intende perseguire il piano Juncker: cioè, l'Europa federale e integrata politicamente sotto la guida di Parigi e Berlino attraverso la riforma della governance e del fondo salva-Stati. Parigi poi spinge per la Difesa europea, che renderebbe la Francia l'unica potenza nucleare del blocco e quindi restituirebbe a Parigi per via politica quel ruolo internazionale che la Francia – con la sua economia ormai poco competitiva – non ha più nelle relazioni internazionali. Quindi la visione di Macron è l'impero carolingio 2.0. E per questo Marcon auspica un'uscita tempestiva della Gran Bretagna che al contrario, in Europa, ha sempre rappresentato la linea intergovernativa e atlantista. D'altro canto, Johnson vuole uscire il 31 ottobre, in quanto ogni ritardo trasformerebbe le prossime elezioni nella liquefazione del Partito Conservatore, e ha raggiunto un accordo politico con l'Ungheria, in base al quale Budapest metterà il veto a ogni ipotesi di ulteriore proroga alla Brexit. Poiché nell'UE vige ancora il principio del voto all'unanimità, senza l'unanimità dei ventisette Stati membri, una proroga potrebbe anche saltare.Che cosa c'è di vero negli scenari apocalittici in circolazione sull'eventualità di una hard Brexit?Gli scenari apocalittici rappresentano la campana pessimista. C'è l'altra campana che non viene normalmente sviscerata a sufficienza dal sistema dei media continentali. Fin dal referendum del 2016, le ragioni del Leave erano basate fondamentalmente sull'idea di ridisegnare il paradigma economico britannico. Il Regno Unito ritiene che, con la digitalizzazione dell'economia, la prossimità geografica non è più un fattore di successo per un'area di libero scambio. Quindi già quando, in ambienti conservatori, si parlava di Brexit nel 2016, si concepiva l'uscita dall'UE come il modo di tornare a politiche commerciali indipendenti e rifocalizzare l'asse economico e geopolitico britannico. L'idea è che, dopo l'uscita, Londra possa sostituire il Mercato comune europeo con il Commonwealth: un mercato di 52 nazioni e due miliardi e mezzo di consumatori. E ha anche una caratteristica: l'output del Commonwealth è molto più adatto alla domanda aggregata interna britannica. Poi c'è un secondo fattore. Liberatasi dai vincoli dell'appartenenza all'UE, Londra può focalizzarsi su elementi come lo shadow bancking (molto poco compreso e sviluppato in UE) e poi il Regno Unito può continuare a sviluppare finanza cinese e islamica nel miglio quadrato di Londra e perseguire innovazione (per esempio le criptovalute). La Brexit è praticamente la strategia con cui il Regno Unito vuole recuperare un ruolo centrale nel commercio internazionale, ponendo Londra al centro dei grandi flussi commerciali da Est a Ovest. Per quel che riguarda la questione dell'apocalisse economica, Londra ha già raggiunto accordi per trattati bilaterali con l'Australia, con Israele, con la Nuova Zelanda, con la Corea del Sud. Il Canada ha annunciato che consentirà al Regno Unito di commerciare con Ottawa agli stessi termini del Ceta. Infine, Johnson ha in mente il modello "Singapore sul Tamigi": politiche fiscali competitive e regolamentazione leggera. Il Regno Unito potrebbe essere più conveniente per banche e imprese europee come piattaforma per l'internazionalizzazione.Che cosa cambierà per gli europei residenti nel Regno Unito?Per quel che riguarda le persone fisiche, l'uscita dall'UE termina il diritto alla libera circolazione. Tuttavia gli europei già presenti nel Regno Unito da almeno cinque anni possono richiedere il settled status. Coloro che invece sono entrati prima della Brexit e da meno di cinque anni possono chiedere il pre-settled status che, dopo cinque anni, dà diritto alla residenza permanente. Per le grandi imprese non credo esista un problema: sono già vent'anni che le imprese gestiscono la globalizzazione. Le supply chian anche delle imprese europee sono già internazionali. Il Regno Unito diventerà un partner commerciale terzo extracomunitario come gli Stati Uniti, con i quali non mi sembra ci siano particolari problemi nel commercio internazionale.Donald Trump spinge per la hard Brexit in vista di un trattato commerciale tra Washington e Londra. Esiste la possibilità che questa iniziativa venga bloccata?Non c'è il rischio che venga bloccata. Le due ragioni di confronto erano l'accordo sul nucleare in Iran e l'accesso di Huawei alle infrastrutture per il 5G in Inghilterra. Il trattato bilaterale lo vogliono tutti: lo vuole Downing Street, lo vuole la Casa Bianca, lo vogliono i rispettivi Paesi. Già nel 2016, nel momento in cui vinse la Brexit al referendum, Johnson aveva cominciato a studiare l'ipotesi di far aderire il Regno Unito al NAFTA. Successivamente, soprattutto sulla spinta del segretario di Stato americano Pompeo, l'ipotesi di lavoro è cambiata in una serie di accordi settoriali. C'è stato un piccolo punto di frizione sull'accesso delle grandi compagnie assicurative americane al servizio sanitario britannico, ma da parte dei due governi c'è l'intenzione di rafforzare la relazione speciale. Per gli Stati Uniti, la Brexit è l'opportunità di tornare al modello dell'anglosfera.