In base ai dati Aifa, nel momento in cui la campagna è entrata nel suo top sono crollate le informazioni sugli eventi avversi. È mancato così il più importante argomento a favore della validità delle inoculazioni
In base ai dati Aifa, nel momento in cui la campagna è entrata nel suo top sono crollate le informazioni sugli eventi avversi. È mancato così il più importante argomento a favore della validità delle inoculazioniSono giorni che si parla con sempre maggiore insistenza di obbligo vaccinale e dell’estensione del suo equivalente, il certificato verde, che dovrebbe disporre ulteriori limitazioni alla socialità e all’attività lavorativa per chi non lo possiede. Decisioni che dovrebbero trovare un ben solido ancoraggio nei dati sembrano invece dettate da arroccamenti ideologici, minacce e ricatti nemmeno troppo velati. Resta purtroppo in secondo piano quello che dovrebbe essere lo strumento principe per trarre qualsiasi conclusione: la farmacovigilanza e i relativi dati. Come vi dimostreremo in seguito, più ci si vaccina e, in proporzione, meno dati affluiscono. La fase successiva alla commercializzazione dei quattro vaccini approvati nella Ue (Pfizer, Moderna, J&J e Astrazeneca) - che in Italia hanno toccato la soglia di 80 milioni di dosi somministrate - avrebbe dovuto generare un prezioso patrimonio di informazioni per consentire allo Stato le decisioni più rispettose del diritto del singolo e dell’interesse della collettività, come dispone l’articolo 32 della Costituzione. Tale fase è anche essenziale per consentire all’Ema la raccolta di ulteriori dati clinici - oltre a quelli parziali e provvisori che hanno consentito l’autorizzazione condizionata - entro la fine del 2023 e concedere quindi l’autorizzazione standard. Tale processo è fondato sulla segnalazione dell’evento avverso, cioè qualsiasi episodio sfavorevole che si verifichi dopo la somministrazione del vaccino. Solo la successiva valutazione di una relazione causale con il vaccino, consentirà di parlare di reazione avversa.Un elevato numero di segnalazioni non è indice di dannosità del vaccino: al contrario, potrebbe essere la conferma della sua relativa sicurezza. Tutto dipende dal numero delle segnalazioni e dal successivo accertamento di una relazione causale. È la stessa Agenzia italiana del farmaco (Aifa) a sostenere che «un elevato tasso di segnalazione è indicativo di una elevata sensibilità alla segnalazione e all’importanza che questo atto riveste per lo studio della sicurezza del farmaco». Ribadiamo che la valutazione della relazione causale non è di competenza del segnalatore (medici e farmacie nel 60% dei casi) ma, prima di tutto di un algoritmo che incrocia sei parametri (tra cui la relazione temporale e la presenza di spiegazioni alternative) e poi di diversi comitati di esperti. Tale valutazione può fornire tre esiti: correlabile, non correlabile o indeterminata/non classificabile. Ma l’attività decisiva è quella della segnalazione, altrimenti tutto il processo non parte nemmeno.Ed è proprio su questo punto che solleviamo dei dubbi. Infatti, abbiamo lavorato sui dati forniti dall’Aifa nei sette rapporti mensili finora emessi, calcolando anche i dati mensili e non solo quelli cumulati presenti nei rapporti. Come rilevabile dai grafici in pagina, abbiamo riscontrato un crollo verticale del tasso di segnalazione (eventi avversi ogni 100.000 dosi somministrate), coincidente proprio con i mesi più intensi della campagna vaccinale. Il tasso di segnalazione degli eventi gravi (quelli con ospedalizzazione, pericolo di vita, decessi ed altre situazioni clinicamente rilevanti) mostra un analogo andamento. Si potrebbe comprendere una relativa pigrizia nella segnalazione di episodi non particolarmente dannosi, ma risulta inspiegabile essere passati da 50 a 12 nel tasso di segnalazione degli eventi gravi, proprio nei mesi in cui sono state somministrate mediamente 16 milioni di dosi. La stessa Aifa si è lamentata dell’incompletezza delle segnalazioni. Cosa non ha funzionato e portato a più che dimezzare il tasso di segnalazione? Quello che avrebbe dovuto essere il gesto di massima responsabilità e di vero «amore verso gli altri» non è stato forse adeguatamente incentivato e valorizzato? Forse sarebbe stato utile ritagliare tra i milioni spesi nelle campagne istituzionali a favore della vaccinazione, qualche spicciolo per far capire a decine di milioni di italiani l’importanza di segnalare qualsiasi episodio sospetto? O si ha paura dei dati e della trasparenza?Il confronto con il Regno Unito è imbarazzante. Oltremanica hanno superato 90 milioni di dosi e vantano un tasso di segnalazione di 394 eventi (yellow cards), più del triplo di quello italiano (128 eventi). Il risultato è che, dall’alto di una base dati così robusta, che pure comprende importanti segnalazioni di gravi reazioni avverse, nel suo ultimo rapporto settimanale l’agenzia del farmaco di Londra (Mhra) ha potuto permettersi di concludere che «per la maggior parte della popolazione, i benefici dei vaccini superano i rischi».In Italia, al 26 luglio, sono stati segnalati 10.805 eventi avversi gravi (il 12,8% delle segnalazioni). Nel 74% di quei casi l’algoritmo ha valutato il nesso di causalità, e i casi correlabili sono stati il 43% (3.453, cioè 5,2 casi ogni 100.000 dosi somministrate). Resta da capire cosa sia stato del restante 26% delle segnalazioni. Per quanto riguarda i decessi, le segnalazioni sono state 498 e la valutazione del nesso di causalità ha riguardato il 59% dei casi (294). Di questi, solo sette casi (2,4%) sono stati considerati correlabili, mentre gli altri 287 sono stati valutati non correlabili o indeterminati/non classificabili.Al netto di tutte le perplessità sul metodo di raccolta delle segnalazioni e sul metodo di valutazione del nesso di causalità, resta la realtà delle sette vittime e delle altre 3.453 persone ammalatesi seriamente, con causalità accertata. Vagheranno nelle aule giudiziarie alla ricerca di un risarcimento o lo Stato, da promotore della campagna, si farà carico di un equo indennizzo?
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.






