2022-08-23
Piste e accuse sull’uccisione di Dugina. Mosca: «È stata un’ucraina di Azov»
(Russian Investigative Committee/Anadolu Agency via Getty Images)
Per i servizi russi colpevole dell’esplosione del Suv della giovane è una militare legata al battaglione nazista Kiev nega. Tra le ipotesi, anche una faida interna tra apparati di sicurezza e una ritorsione contro Vladimir Putin.A 48 ore dall’attentato nel quale è morta a Mosca Darya Dugina, trentenne figlia del filosofo e politologo russo Aleksandr Dugin, ha parlato Vladimir Putin: «Un crimine vile e crudele ha posto fine alla vita di Darya Dugina, una persona brillante e talentuosa con un vero cuore russo gentile, amorevole, comprensiva e aperta». Il presidente russo ieri ha inoltre conferito alla giovane uccisa l’onorificenza dell’Ordine del coraggio. Ma chi è stato a mettere 400 grammi di tritolo sotto il sedile del Suv che Darya Dugina stava guidando? Chi sapeva che percorso avrebbe fatto quel giorno? Chi ha azionato il telecomando che ha fatto esplodere l’auto? Da quando sono stati recuperati i poveri resti della giornalista e politologa, si sono diffuse varie teorie. C’è chi ha parlato dell’Esercito repubblicano nazionale (Ern), un sedicente gruppo anti-Putin operativo in Russia del quale però nessuno sa nulla, ma che secondo l’ex parlamentare russo Ilya Ponomarev, l’unico che votò contro l’annessione della Crimea, sarebbe responsabile dell’attentato. Prove? Zero. Alcuni media britannici hanno invece ipotizzato che dietro la morte della giovane ci siano «motivazioni di carattere commerciale» e che i killer siano stati pagati per ucciderla. Anche qui mancano le prove. Ovvio che fin da subito i sospetti si siano concentrati sulle strutture di intelligence ucraine, ma Kiev ha smentito con forza ogni responsabilità tanto che alla tv nazionale Mykhailo Podolyak, principale consigliere del presidente ucraino Zelensky, ha detto: «L’Ucraina non ha nulla a che fare con l’omicidio della figlia di Dugin. Non siamo uno Stato criminale, a differenza della Russia, e sicuramente non uno Stato terrorista». Tra le molte tesi che circolano in queste ore c’è chi pensa - ricordando anche alcune vicende del passato - che la morte di Darya Dugina possa essere stata causata da quella faida interna che esiste (questa davvero) negli apparati di sicurezza russi (militari e civili) che dall’inizio dell’invasione russa sono divisi tra favorevoli e contrari a quella che Mosca ha definito «operazione militare speciale». Su questa circostanza ci sono pochi dubbi, visti i continui arresti di uomini dei servizi di Mosca, tra i quali ci sono moltissimi ufficiali dei quali nessuno sa più nulla da tempo, senza contare coloro che si sono suicidati in circostanze poco chiare. Chi è convinto di questa tesi ritiene che l’uccisione della figlia di Aleksandr Dugin non sia stato altro che un messaggio diretto a Vladimir Putin, che ha perso una delle sue propagandiste più popolari che in Russia attirava molti giovani e consensi. Ipotesi seducente ma che resta sulla carta senza avere prove. E lo stesso vale per chi pensa che la morte di Darya Dugina sia opera del Servizio federale per la sicurezza della Federazione russa (Fsb) che svolge compiti per garantire la sicurezza interna. Ma perché avrebbe dovuto uccidere una personalità così rilevante, oltretutto amata dallo stesso presidente russo? Chi è convinto di questo cita quanto accaduto durante le due guerre cecene volute da Mosca nelle quali avvennero alcuni attentati a dir poco «obliqui». Prove? Nessuna. Allora a fornire dei documenti sui quali si dovranno esprimere a Kiev ci hanno pensato i russi, che ieri hanno diffuso l’identikit di una cittadina ucraina di 43 anni, Natalya Vovk, che sarebbe arrivata nel Paese a luglio insieme alla figlia dodicenne e avrebbe monitorato le abitudini della Dugina, e che dopo aver premuto il telecomando, sarebbe riuscita a fuggire in Estonia. Secondo l’Fsb Natalya Vovk «stava seguendo Dugina utilizzando una Mini Cooper, su cui le targhe erano state cambiate più volte. All’ingresso della Russia, l’auto aveva il numero di targa della Repubblica popolare di Donetsk E982XH DPR. A Mosca, l’auto aveva una targa del Kazakistan: 172AJD02. Dopo aver ucciso Darya Dugina, la donna immortalata anche in un video trasmesso da Russia Today, che, secondo l’Fsb, ha documenti di servizio nella Guardia nazionale ucraina e che in precedenza ha prestato servizio nel reggimento Azov, ha lasciato la Russia con la targa ucraina AH7771IP. È andata davvero così? Tutto sembra andare in questa direzione, ma ora tocca a Kiev spiegare cosa è realmente accaduto, chi è davvero questa donna che nell’identikit diffuso veste un’uniforme militare ucraina. Questa mattina Darya Dugina verrà ricordata in una funzione commemorativa civile presso il Centro televisivo di Ostankino (Mosca). Il padre ha ricordato la figlia come «una stella nascente all’inizio del suo viaggio. I nemici della Russia l’hanno uccisa di nascosto. Ma noi, il nostro popolo, non possiamo essere spezzati nemmeno da colpi così insopportabili. Volevano schiacciare la nostra volontà con sanguinoso terrore contro i migliori e i più vulnerabili di noi. Ma non lo capiranno. I nostri cuori bramano qualcosa di più della semplice vendetta o punizione: è troppo meschino, non russo».La delegazione russa all’Unesco ha intanto esortato il direttore dell’agenzia Onu a «condannare questo spregevole assassinio, un attacco alla sicurezza dei giornalisti, alla libertà di parola e all’accesso all’informazione».
Eugenia Roccella (Getty Images)
Carlotta Vagnoli (Getty Images)