2021-07-21
Pioggia di fondi Ue in arrivo per siti Internet Lgbt e imprenditori transgender
Tra le iniziative finanziate, molte riguardano realtà arcobaleno. Questa sì che è una discriminazione basata sulle scelte sessuali.Mentre lo scellerato ddl Zan prosegue - con grande fatica - il suo iter parlamentare, la dittatura europea del pensiero Lgbtq non conosce tregua. Mi riferisco alla «Relazione programmatica 2021 sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea» presentata alle commissioni parlamentari per le Politiche dell'Unione europea. Si tratta di una relazione di 188 pagine che prevede, a pagina 130, l'elenco delle azioni che verranno finanziate con i fondi europei di «Pon Inclusione». Vi leggiamo: «Realizzare la digitalizzazione di archivi Lgbt, fondo di 495.000 euro; avvio all'implementazione del portale nazionale Lgbt, fondo 288.000 euro; realizzare percorsi di informazione e accompagnamento per favorire l'autoimprenditorialità di persone transgender». Come si vede, la politica della promozione e diffusione della cosiddetta cultura Lgbt, con la creazione di una «casta» privilegiata sulla base della scelta di orientamento sessuale e identità di genere, spinge gli Stati nazionali a sottomettersi alla volontà di burocrati che dettano l'agenda antropologica di popoli, ipocritamente definiti dai trattati europei «liberi e sovrani»! Come preconizzato qualche anno fa da Ida Magli, non c'è bisogno di gridare al complotto: tutto avviene alla luce del sole, a colpi di «raccomandazioni» condite da minacce esplicite e ricatti veri e propri: chi non si allinea, i fondi del Recovery fund se li sogna. Sta accadendo esattamente così con Polonia e Ungheria, accusate di violare lo «stato di diritto». Ma quale diritto? Il diritto di difendere la vita dei bimbi disabili fin dal seno materno, o il diritto al «figlio perfetto» con gameti e uteri comprati? Il diritto della famiglia a educare i propri figli, proteggendoli da pornografia e pedofilia, o il diritto a promuovere percorsi di educazione alla perniciosa identità di genere nelle scuole? Lo «stato di diritto» è nato per tutelare i più deboli, i più poveri, gli emarginati, gli «scarti» prodotti dalla società dei consumi: non certo per tutelare gli interessi, i desideri o i capricci di chi, con le tasche piene di euro, pretende di comprarsi quel che vuole! C'è di che vergognarsi nel sentire affermazioni come quelle del segretario del Pd, Enrico Letta, che invece di cogliere le osservazioni di tanti «compagni» della sinistra storica - quella vera, autentica, dura e pura, che faceva dichiarare a Palmiro Togliatti che il Pci era il partito delle famiglie, dei papà e delle mamme - chiede a Matteo Salvini di «rinnegare» il legame con Orbàn, prima di discutere sul ddl Zan. Si tratta certamente di una lucidità di pensiero troppo alta per noi poveri uomini della strada, non forgiati da anni di frequentazioni francesi, per cui è logico e coerente non discutere nel merito di un testo che dovrebbe diventare nientemeno che legge dello Stato, con tutti gli sfasci ad essa collegata, ma discettare su alleanze politiche e preferenze! Ovviamente, senza rinunciare al biglietto da visita di «cattolico democratico», atteso che «cattolico» dovrebbe significare l'intima totale adesione al magistero della Chiesa (aborto, eutanasia, matrimonio, procreazione, ecc..) con pubblica manifestazione di questi valori, e «democratico» che, stando dalla parte del proletariato, osteggia ogni dittatura, a partire da quella dell'indottrinamento ideologico, tanto cara al nazifascismo. E il mondo Lgbt, non foss'altro che per il fiume di denaro che gli piove addosso da fondi istituzionali e da opulenti finanziatori del mondo del commercio, della finanza, della moda, dello spettacolo, è difficilmente accostabile a quel proletariato, rurale e urbano, che fece commuovere Antonio Gramsci o Giuseppe Di Vittorio. È ora di chiamare le cose con il loro nome: demagogia, pura e semplice demagogia, quella che pretende di raccontare una categoria di povere e indifese vittime di violenze omofobiche: per gli imbecilli e i delinquenti che compiono atti violenti c'è già da tempo il sacrosanto ricorso al carcere, senza Zan e adepti. Certamente l'Europa, paladina dei diritti, farebbe meglio a preoccuparsi della diffusione della pratica dell'utero in affitto, che per tutelare il capriccio di ricchi compratori viola la dignità delle donne, ponendole vittime di un neocolonialismo che il mondo femminista per primo considera abominevole. Proprio in questi giorni 77 Ong firmano una petizione per condannare il Consorzio Grana Padano per la separazione precoce dei vitellini dalle loro madri: non sento voci altrettanto indignate quando sono i bimbi a essere strappati dal seno materno con barbare clausole contrattuali ipocritamente denominate «gestazione per altri».