2023-04-24
Pietrangelo Buttafuoco: «C’è tirannia da prof democratiche»
Pietrangelo Buttafuoco (Imagoeconomica)
Per l’intellettuale siciliano «i fan del politicamente corretto sono come le beghine di 50 anni fa. I giornali parlano solo di Carlo Calenda, ma il popolo che va nelle processioni non sa chi sia. Il governo? Più fatti e meno esternazioni».È tra gli italiani ospiti d’onore al Festival del libro di Parigi, dove ieri ha raccontato la sua Sicilia attraverso i grandi scrittori, da Giovanni Verga e Leonardo Sciascia ad Andrea Camilleri. Dirige il Teatro stabile d’Abruzzo: «Mi regala una felicità festosa, vivere il teatro con una dimensione non da intellettuale ma da artista», racconta. A Pietrangelo Buttafuoco c’è chi a sinistra riconosce di essere «libero», chi invece lo incasella tra gli intellettuali «d’area». A chiederlo a lui, ti risponderà che c’è oggi molta «ansia da schieramento». «Avendo io questo “marchio” politico affibbiatomi, mi sono sempre potuto consentire libertà altrimenti impossibili agli altri. Anni fa un grande direttore, protagonista per anni “dell’altra parte”, per intenderci, mi ripeteva che avevo il vantaggio di conoscere autori e mondi che gli altri non conoscono, e neanche si immaginano. Di questo faccio un tesoro, un giacimento». Chi era? «Non ho nessuna intenzione di dirlo, non mi voglio vantare».Lei va ripetendo che c’è aria di fanatismo, oggi.«Per il mio ultimo romanzo (Le cose che passano, Nave di Teseo, ndr) ho studiato gli anni Cinquanta, e ho riscoperto una libertà nei costumi, nella creatività e nell’inventiva che oggi sarebbe impossibile».Che cosa ci ha impantanato?«La deriva psicotica dell’ideologia occidentalista. Se si sfoglia il racconto dell’anglosfera, è una immensa cancel culture. Passa sotto silenzio la preside licenziata perché una sua insegnante ha mostrato il David di Donatello. Vogliono strapparci dalle carni il Rinascimento. Epurano persino Agatha Christie. È diventato normale proibire, in nome del bene assoluto che sarebbe rappresentato dalla società liberale».Una divisione tra buoni e cattivi?«Nei teatri arrivano disposizioni, occorre sottoscrivere un codice etico affinché le rappresentazioni non offendano questo e quell’altro. Ma basta pure accendere i canali Disney, per accorgersene».Pietrangelo Buttafuoco che guarda i cartoni Disney è una notizia. «Possibile che prima di guardare Dumbo o gli Aristogatti mi debbano avvertire che potrei risultare offeso da “stereotipi”, come se potessero far male quanto un pacchetto di sigarette? Mi sono sempre piaciuti sempre tantissimo, i film animati di Disney. Fino a due anni fa avevo pure l’abbonamento a Topolino». E poi? «Poi ho disdetto, perché questa voluttà etica è diventata asfissiante. Quel che preferisco sono i disegni animati, e noi italiani siamo patria di cartoni eccezionali. Il gruppo Tnt è il mio preferito. Uno come Jacovitti oggi non potrebbe assolutamente pubblicare i suoi salamini: raffigurazioni falliche che sarebbero proibite».Consiglia ai censori di andarsi a rileggere Jacovitti?«Ormai ha preso il sopravvento la tirannia delle professoresse democratiche con il cerchietto». Occhio, che si offendono. «Hanno sostituito quello che nell’immaginario di quaranta, cinquant’anni fa erano le beghine rintanate nelle parrocchie. Quelle che per De André non potendo dare il cattivo esempio…».…danno buoni consigli.«Il “target” è facile da individuare. È quello che ogni sera si mette davanti alla tv a vedere l’intero palinsesto di La7, che poi costituisce la messa cantata di Sanremo. Parlano un codice che negli Stati Uniti d’America assume urti e spinte da guerra civile». Preoccupato che esploda anche qui?«Siamo ancora nella fase strisciante. Le mode americane da noi arrivano tardi. Se si va in California - area più ricca e agiata - è una immensa Ztl e ci si rende conto di cosa sia veramente l’apartheid. Se si accorgono che qualcuno vota repubblicano in un condominio, non solo gli tolgono il saluto, ma fanno la riunione per farlo cacciare via». Qual è l’idea di fondo?«Se hai consapevolezza di essere “il bene”, pretendi che tutto, intorno, si pieghi alla tua idea».Violento?«Più che violenza, è subdolo: trasformano chi la pensa diversamente in un imputato. Costruendo leggi apposta per trasformare chi dissente in un colpevole. Non aspettano che tu faccia qualcosa, ti tolgono prima dalla circolazione».Non è la destra a essere intransigente sui diritti, quelli civili ad esempio?«L’unica strada che la destra si può consentire - e da quel che vedo nell’ambito della promozione culturale è già evidente - è di dare un riparo a chi non ha casa. Noi non dobbiamo andare a cercare chi ha il nostro stesso verbo. Al contrario, dobbiamo dare casa a chi è “spatriato”. A chi non ha la possibilità di organizzare una mostra dove è vietato, o pubblicare un libro, o ravvivare la forza e la tradizione dei classici altrove negati, qui lo può fare. Qui preserviamo le statue. Non gettiamo al rogo Platone, Aristotele, eppure ci fu chi lo fece. Ma chi li preservò ci dà la possibilità ora di parlare al telefono, lei e io, adesso». Dare casa anche a chi la cerca disperatamente attraversando il mare?«L’Italia ha il vantaggio di essere il luogo dell’universale. È il concetto che l’ha generata. La differenza fondamentale tra la civiltà greca e quella romana, sta nel fatto che Roma nasce in conseguenza di un arrivo, di un approdo».Fu Enea, e arrivava da Troia in fiamme. «Accolto dai sovrani indigeni sulle coste laziali, innescò un percorso totalmente nuovo nella storia, un vero e proprio salto mentale. Lo sa che un rito antico dei padri fondatori di Roma per i pellegrini prevedeva che si arrivasse con un pugno di terra, per aggiungerla, mescolarla alla nostra? La dimensione universale poi si è ripetuta con Costantinopoli, e Mosca. Quando in Cina - in Cina! - ritrovano negli scavi archeologici la lupa di Roma, ne fanno motivo di festa. La nostra vocazione è questa: universale».E quindi, che fare oggi?«A mio parere il governo dovrebbe dare alla possibilità per i ragazzi che vengono formati con la nostra lingua nelle scuole, un sicuro approdo».Parla di cittadinanza?«Serve concretezza. Certo, bisogna fare i conti con la realtà: l’Italia non ha sovranità, ma il suo dna resta e deve restare capace di farsi forte della diversità».Che cosa ha pensato quando ha sentito parlare Lollobrigida di sostituzione etnica?«In primis bisogna capire che politica è innanzitutto parola. La polis nasce dal logos (parola), ma occorre costruire prima l’agorà, la piazza. La stessa cosa si può anche dire in altri termini ed è inutile nascondersi dietro a un dito».Cioè?«Nelle provincie italiane, nei borghi e nei paesi dalla storia millenaria, dove prima c’erano quattro, cinque plessi scolastici e 12.000 abitanti, oggi ci sono una scuola e 5.000 residenti di cui 3.000 effettivi perché gli altri sono emigrati o fuori sede. La realtà è questa. Mi auguro semplicemente che si smetta di fare dichiarazioni con interviste e si punti ai fatti concreti. La destra ha vinto le elezioni perché rappresenta la realtà. Sa dove ero a Pasqua?».In Sicilia?«Esattamente. E ho assistito ai riti del Venerdì santo, e a quelli che portano alla domenica. Ebbene: c’era una folla enorme. E mi faceva sorridere che mentre sui giornali si parlava di Calenda, quella gente non sapeva neanche chi fosse. Questo non è il Paese dei 10.000 individui d’élite e pure miliardari».Uno dei suoi temi ricorrenti è quello della natura. Non posso non chiederle dell’orsa del Trentino, su cui si è scatenato un movimento d’opinione.«Nei giorni scorsi in maniera del tutto casuale ho letto un bel vecchio libro, un saggio dal titolo L’orso, storia di un re decaduto, di Michel Pastoureau. Perfetto, perché parla proprio della convivenza tra uomini e orsi, persa con l’avvento della modernità. Il giorno successivo mi sono letto Roberto Calasso, L’animale della foresta, di Adelphi. Un saggio su Kafka il cui stigma - con gli animali a pretesto - è quello della presenza costante del nemico con N maiuscolo. Laddove l’esistenza degli uomini, presi tra le fauci, dilaniati dagli artigli, può anche essere - e diventare - superflua. In una terra abitata da animali dispersi e brulicanti».Quindi l’orsa la abbatterebbe?«Dico solo che vivo a Roma, dove ormai i cinghiali hanno dimostrato che la natura è più forte di qualsiasi individuo. Sa che faccio ogni mattina? Mi sento con il mio amico Sandro, che sta in Sicilia. E la nostra prima e unica preoccupazione è sapere se sta piovendo o meno. Ad acqua e fuoco, dice il popolo, devi dare sempre luogo. Anche l’acqua innocente può uccidere. E così gli animali. Sono per l’ecologia, non per l’ambientalismo».Un’altra cosa che ripete spesso è che siamo provinciali, nei dibattiti. «Al punto da far tenerezza, sì. Le ha lette le dichiarazioni della Schlein sul termovalorizzatore? Una cosa tipo “il Pd deve guardare al futuro per costruire cicli positivi di circolarità che escano dal modello lineare”. Sa che mi veniva da risponderle? Alla Ettore Petrolini: se l’ipotiposi del sentimento personale, prostergando i prolegomeni della mia subcoscienza, fosse capace di reintegrare il proprio subiettivismo (continua…)».
Nel riquadro Carlotta Predosin, esperta in sicurezza del patrimonio artistico (IStock)
Polizia di fronte al Louvre (Ansa)
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