2025-10-27
Due arrestati per il furto al Louvre. Fuggivano verso Algeria e Mali
Polizia di fronte al Louvre (Ansa)
Resta difficile il recupero dei gioielli. Al contrario dei quadri, pietre e metalli possono essere separati o fusi. Al mercato nero valgono miliardi, ma ai rapinatori in genere va soltanto il 10% del valore dei beni trafugati.Una settimana di indagini serrate è servita per disarticolare il primo gruppo responsabile della rapina al Louvre avvenuta il 18 ottobre. Stando alle informazioni raccolte, due dei sospettati principali sono stati catturati sabato sera: uno all’aeroporto di Roissy mentre tentava di prendere un volo per l’Algeria, l’altro (che voleva fuggire in Mali) nella periferia nord della capitale francese, a Seine-Saint-Denis. L’operazione, condotta dalla Brigata per la repressione del banditismo (Brb), ha coinvolto oltre un centinaio di agenti impegnati nella settimana successiva al colpo. Ai fermati vengono contestati i reati di associazione criminale e furto aggravato. I due, già noti alle forze dell’ordine per furti con scasso, potrebbero aver agito su commissione. Secondo fonti vicine alle indagini, gli otto gioielli appartenenti al tesoro della corona di Francia, valutati complessivamente 88 milioni di euro, non sono ancora stati rinvenuti. Dalla notte della rapina, che ha messo in evidenza le carenze del sistema di sicurezza del museo più visitato al mondo, il ministro dell’Interno, Laurent Nuñez, ha mostrato fiducia in una soluzione rapida dell’inchiesta. Nella Galerie d’Apollon, dove il furto è stato compiuto, gli autori hanno lasciato numerosi elementi di prova: oltre «150 reperti biologici e impronte digitali» raccolti sul posto, come ha riferito a Le Figaro il procuratore di Parigi Laure Beccuau, che si è detta «ottimista» sull’esito delle analisi. Queste ultime, ha spiegato, «richiedono tempi tecnici ma restano una priorità assoluta per i laboratori». I risultati attesi nei prossimi giorni, ha aggiunto, «potrebbero aprire nuove piste e consentire di risalire ai responsabili». Il procuratore di Parigi ha però lamentato la «divulgazione frettolosa di queste informazioni da parte di persone informate, senza alcuna considerazione per l’indagine», scrive Le Figaro. «Questa rivelazione non può che danneggiare gli sforzi degli investigatori impegnati nella ricerca sia dei gioielli rubati che di tutti i criminali. È troppo presto per fornire dettagli», ha continuato il procuratore. Le immagini delle telecamere di sorveglianza hanno inoltre permesso di ricostruire il percorso di fuga dei ladri attraverso diversi quartieri di Parigi e le aree circostanti. Gli investigatori stanno esaminando i filmati provenienti da telecamere pubbliche e private - comprese quelle di autostrade, aziende e istituti bancari - nel tentativo di individuare i complici ancora in libertà. Le autorità francesi parlano di una vera e propria corsa contro il tempo per rintracciare gli altri membri della banda e recuperare i gioielli scomparsi, simboli storici della monarchia francese. Secondo le stime federali americane, la rete clandestina che commercia opere e gioielli rubati muove miliardi di dollari all’anno, collegando i laboratori di taglio diamanti di Dubai e Delhi alle gioiellerie di New York, Anversa e Tel Aviv. Solo negli Stati Uniti, il valore dei furti di gioielli supera annualmente 1,2 miliardi di dollari.Gli esperti ritengono che se le gemme del Louvre non saranno ritrovate a breve verranno con tutta probabilità contrabbandate verso gioiellieri del mercato nero disposti a tagliare e rimodellare le pietre più grandi in gioielli più piccoli e non rintracciabili. Diversamente dai dipinti o dagli orologi di lusso, le gemme rubate possono essere facilmente staccate dalle montature, fuse o rivendute come metallo prezioso. Il furto si inserisce in un’ondata di rapine a tema aurifero che ha colpito l’Europa negli ultimi due anni. Gli esperti del settore la collegano direttamente all’impennata del prezzo dell’oro, che ha superato i 4.000 dollari l’oncia, con un incremento del 60% nell’ultimo anno. In questo contesto, i musei e le collezioni pubbliche sono diventati bersagli sempre più appetibili: qualsiasi oggetto d’oro, da un medaglione a una spilla, può essere rivenduto in poche ore a intermediari compiacenti. Resta da capire se dietro la rapina parigina si celi la mano della criminalità organizzata. Secondo stime internazionali, circa il 40% dei furti di gioielli è riconducibile a organizzazioni criminali, alcune delle quali note per l’uso di travestimenti, armi e piani di fuga spettacolari. Tra le più celebri, la banda dei cosiddetti «Pantere Rosa», gruppo balcanico responsabile negli ultimi decenni di decine di furti in Europa e Asia per un valore di centinaia di milioni di dollari. Qualche giorno fa è emerso che c’era una sola telecamera di sorveglianza nella zona in cui i ladri hanno parcheggiato il camion elevatore, ma era puntata nella direzione sbagliata. Le guardie che monitoravano gli schermi del centro di comando del museo non si sono accorte di nulla mentre la squadra, in giubbotti gialli e coni di segnalazione, posizionava l’attrezzatura e sollevava la scala meccanica fino al balcone esterno della Galerie d’Apollon, dove erano custoditi i gioielli della corona nazionale. Solo in seguito la direttrice del museo, Laurence des Cars, ascoltata dal Senato francese, ha riconosciuto che il sistema di sorveglianza era insufficiente: il perimetro del vasto complesso disponeva di poche telecamere, per di più obsolete. Le autorità erano da tempo consapevoli del problema e stavano preparando un ammodernamento generale, pensato per coprire l’intero perimetro del museo con una rete di sensori e telecamere all’avanguardia. Ma il progetto, ancora in corso, non è arrivato in tempo.Il colpo è avvenuto con una precisione sconcertante ma in tempi ridotti: meno di sette minuti. Domenica mattina, quattro persone hanno parcheggiato un camion con montacarichi accanto al palazzo, scalato una finestra e raggiunto le gallerie superiori. Poi la fuga a bordo di scooter, lasciando dietro di sé segni evidenti e un dettaglio sorprendente: una delle corone rubate, quella dell’imperatrice Eugenia, moglie di Napoleone III, è stata ritrovata danneggiata sulla strada. Un errore impensabile per professionisti esperti, tanto più considerando che il diadema, datato 1855, conteneva quasi 1.400 diamanti e 56 smeraldi. Proprio il valore storico di questi oggetti, trasformati in gioielli nel XIX secolo, li rende particolarmente attraenti: le gemme moderne o quelle sintetiche portano microincisioni o numeri di serie, mentre i pezzi antichi non hanno alcun tipo di marcatura. In questo risiede il loro fascino e, per i ladri, la loro praticità. A differenza di un quadro o di una scultura, un gioiello può essere smontato, fuso, nascosto o perfino cucito nel rivestimento di una giacca prima di attraversare una frontiera. Non è chiaro quanto sia puro l’oro dei gioielli trafugati, poiché molti manufatti ottocenteschi utilizzavano leghe meno pregiate. Tra i pezzi sottratti figurerebbe anche una grande spilla a fiocco tempestata di diamanti appartenuta alla stessa imperatrice. La presenza di numerose pietre più piccole potrebbe agevolarne la rivendita, poiché non necessitano di tagli o modifiche. Le gemme più grandi, invece, rischiano di tradire la loro provenienza: piccole imperfezioni o inclusioni interne possono infatti fungere da impronta digitale.Gli investigatori ritengono che i rapinatori non ricaveranno grandi somme: nel mercato nero, chi ruba gioielli ottiene in genere meno del 10% del loro valore, dovendo poi dividere il guadagno con mediatori e complici. Nonostante ciò, il traffico di gioielli resta più redditizio di quello artistico, poiché non esistono banche dati internazionali aggiornate come l’Art Loss Register per i dipinti. Inoltre, le pene per il furto di gioielli sono in genere più lievi rispetto alle rapine violente. Gli esperti avvertono che la situazione cambierà solo con sanzioni più dure per i reati contro il patrimonio, considerandoli una forma di «terrorismo culturale». Intanto, si invocano misure di sicurezza più severe nei musei: controlli d’identità, sistemi biometrici e videosorveglianza intelligente. Ma dopo il colpo al Louvre, la linea tra libertà culturale e tutela del patrimonio appare più sottile che mai.
Nel riquadro Carlotta Predosin, esperta in sicurezza del patrimonio artistico (IStock)
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