2025-10-27
«Effetto emulazione Louvre: anche i nostri musei rischiano colpi simili»
Nel riquadro Carlotta Predosin, esperta in sicurezza del patrimonio artistico (IStock)
L’esperta Carlotta Predosin: «È urgente proteggere il patrimonio culturale italiano. Il traffico illecito è considerato a basso rischio e alto profitto».Carlotta Predosin, veneziana e storica dell’arte di formazione, è specializzata in museologia, museografia e tutela del patrimonio culturale, nonché security manager certificata.Un colpo come quello del Louvre non si improvvisa: quali falle di sicurezza o routine prevedibili possono aver favorito l’azione dei ladri?«Il furto dei gioielli del Louvre evidenzia un’operazione criminale basata sull’individuazione delle vulnerabilità procedurali e dei sistemi di protezione del museo. Prima fra tutte, il mancato controllo del perimetro esterno, come le carenze dovute a una videosorveglianza obsoleta. Inoltre, la rapidità d’esecuzione indica una preparazione accurata dei ladri, supportata probabilmente da uno studio preliminare delle routine del personale di vigilanza. Un colpo da maestro avvenuto in Francia, ma potenzialmente possibile - e probabile per effetto emulativo - anche presso i nostri amatissimi museali italiani. Un assunto che ci impone un sempre più urgente ed impellente dovere di protezione del nostro meraviglioso patrimonio culturale».Dopo un furto di opere o gioielli di grande valore, quanto tempo impiega normalmente un oggetto a «sparire» nel mercato nero? «Non esiste un termine standard per la reimmissione sul mercato illecito dei beni culturali sottratti, poiché tale tempistica varia in relazione alla natura dell’oggetto, al suo valore, al grado di riconoscibilità e alla struttura della rete criminale coinvolta. Nel caso di specie, l’elevato profilo e la forte identificabilità dei manufatti fanno ritenere che la loro commercializzazione nella forma originaria sia altamente improbabile. È dunque plausibile ipotizzare una rapida dismissione materiale, mediante smembramento delle montature, esportazione delle gemme o fusione dei metalli preziosi, con conseguente dispersione immediata e difficoltà di tracciamento da parte delle autorità competenti».Quali sono oggi i principali canali di ricettazione a livello internazionale? Molti esperti parlano di triangolazioni tra Europa dell’Est, Medio Oriente e Sudamerica. Esiste davvero una rete stabile di trafficanti specializzati in beni culturali?«Il traffico illecito di beni culturali costituisce un fenomeno globale strutturato e consolidato, definito da Interpol come un’attività a basso rischio e alto profitto. Le rotte illecite possono interessare regioni quali l’Europa dell’Est, il Medio Oriente e il Sudamerica, coinvolgendo Paesi di transito fino a raggiungere destinazioni finali rappresentate da collezionisti privati o mercati “grigi”. Organizzazioni d’eccellenza quali il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, Interpol, Europol e la World Customs Organization svolgono attività coordinate per contrastare queste reti criminali, mediante monitoraggio e operazioni congiunte».Nel caso specifico dei gioielli del Louvre, parliamo di pezzi unici, difficilmente rivendibili sul mercato legale. Possibile che vengano smontati e rivenduti separatamente?«Sì, è probabile e questo rappresenta una violenza diretta contro il valore storico e culturale dell’opera: l’oggetto non viene semplicemente sottratto, ma privato della sua provenienza e del contesto originario, elementi che ne costituiscono l’unicità e la testimonianza storica. Proteggere il nostro patrimonio culturale non è, quindi, solo una questione di sicurezza fisica, ma un dovere morale e civico, che richiede attenzione e competenza per garantire la trasmissione della nostra identità alle future generazioni».Guardando al futuro, quali misure dovrebbero adottare i grandi musei europei per evitare che episodi simili si ripetano, bilanciando sicurezza, accessibilità e tutela del patrimonio?«Eventi critici possono verificarsi in qualsiasi museo, con conseguenze gravissime sotto il profilo patrimoniale, culturale e reputazionale. Un adeguato sistema di sicurezza museale impone da una parte l’applicazione di strumenti operativi normativamente definiti come il Piano di Emergenza e Sicurezza Museale (Psem) e la più recente Circolare Mic n.2/2025, che costituiscono il principale veicolo per garantire la protezione delle collezioni. Dall’altra parte l’adozione di figure professionali dedicate alla protezione di questi luoghi, come l’Art Security Manager che dirige il sistema di sicurezza del museo fondato sull’integrazione tra misure attive, passive, organizzative e procedurali dell’istituzione, nonché sulla formazione continua del personale a tutti i livelli. Infine, ma non meno importante, un adeguato sistema di sicurezza museale necessita della cooperazione con soggetti privati qualificati e preparati, quali gli istituti di vigilanza. Grazie a tecnologie avanzate e personale specializzato, questi operatori non rappresentano più un mero supporto operativo, ma veri e propri partner delle istituzioni nella prevenzione, gestione e mitigazione dei rischi sul territorio, con particolare riferimento ai luoghi di cultura».
(Guardia di Finanza)
Nei giorni scorsi, militari del Comando Provinciale della Guardia di finanza di Napoli, nell’ambito delle attività di controllo economico del territorio e di contrasto ai traffici illeciti, hanno sequestrato, a Lettere, 142 kg. di infiorescenze di cannabis già pronte per il confezionamento e la vendita, oltre a 5.750 piante in essicazione e 390 piante in avanzato stato di vegetazione e maturazione, per un peso complessivo di oltre 1.000 kg., nonché denunciato un soggetto incensurato per produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti.
In particolare, i finanzieri della Compagnia Castellammare di Stabia hanno individuato, sui Monti Lattari, un capannone strutturato su due livelli, convertito in laboratorio per la lavorazione di cannabis. Il manufatto era dotato di una rete di fili di ferro al soffitto, essiccatoi e macchinari di separazione. All’interno della serra sono state rinvenute le piante in vegetazione, incastonate tra fili di nylon per sostenerne la crescita e alimentate con un percorso di irrigazione rudimentale.
Dai riscontri delle Fiamme Gialle è emerso che la produzione era destinata al consumo di droghe per uso personale dato che, nel prodotto finito, risultavano già separate le infiorescenze dalla parte legnosa, pronte per il confezionamento in dosi.
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Polizia di fronte al Louvre (Ansa)