2024-08-17
«Le società occidentali sono fragili e per questo soffrono il dissenso»
Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)
L’intellettuale Piergiorgio Odifreddi: «Il futuro potrebbe riservarci una contrapposizione tra totalitarismi. I social network sono fuori controllo, ma Dawkins è stato censurato per aver detto l’ovvio: esistono soltanto due sessi».Piergiorgio Odifreddi è un intellettuale che non si è mai sottratto al confronto, anche quello più franco e ruvido. Anche per questo è una voce che merita di essere ascoltata a proposito della compressione della libertà di espressione e parola che sembra aumentare dalle nostre parti. Nel suo ultimo libro, C’è del marcio in Occidente (Raffaello Cortina), il celebre matematico affronta gli eccessi del politicamente corretto: molti li condannano, ma pochi li combattono davvero. Professore, nei giorni scorsi il suo collega Richard Dawkins - per altro un polemista con una verve molto simile alla sua - è stato censurato da Facebook per aver criticato duramente la scelta di fare boxare Imane Khelif con le donne. Come ha preso lei questa notizia? «Non mi ha stupito. Conosco Dawkins da quasi vent’anni: cioè, da quando abbiamo pubblicato quasi simultaneamente i nostri libri contro la religione, lui a fine 2006 e io a inizio 2007. E siamo subito finiti entrambi, insieme a Hitchens e Onfray, nella lista nera del cardinal Ravasi: Benedetto XVI gli aveva affidato la gestione del dialogo con i non credenti, nel cosiddetto Cortile dei Gentili, ma il cardinale aveva dichiarato che con noi quattro non si doveva discutere. Nel caso di oggi, però, la censura a Dawkins non riguarda le sue opinioni religiose, bensì i fatti biologici sul sesso e il genere. E mi sembra che quello che dice un biologo su cose di sua competenza dovrebbe essere ascoltato e discusso, più che censurato. In sintesi, da molti anni Dawkins ribadisce l’ovvio. Cioè, che ci sono solo due sessi, definiti in maniera genetica da quelli che non a caso si chiamano «cromosomi sessuali»: i maschi hanno cromosomi XY, e le femmine XX. Poi ci sono anche vari tipi di anomalie, che però sono appunto eccezioni, e tali devono essere considerate, esattamente come le sindromi in altri campi».L’avvocato di Imane Khelif ha scelto di fare causa a Elon Musk e JK Rowling per le stesse ragioni per cui Dawkins è stato censurato. Lei che ne pensa? «Anche la Rowling, come Dawkins, combatte da anni la sua battaglia contro l’ideologia di genere, ed è stata ripetutamente attaccata e minacciata in Inghilterra. Credo però che, in questo caso, la denuncia presentata in Francia riguardi l’incitamento all’odio e il cyberbullismo, che sono naturalmente tutta un’altra storia: un conto è discutere, e un altro insultare o minacciare. Ma ormai i social media sono diventati essi stessi un ring, in palese conflitto di interessi con la boxe ufficiale…».I vertici del Comitato Olimpico prima hanno affermato che Imane Khelif è una donna perché così sta scritto sui documenti. Poi che non esistono criteri affidabili per distinguere tra maschi e femmine. Ma è possibile che sia così difficile ammettere l’esistenza della differenza sessuale? «Dire che il genere di una persona è quello dichiarato sui documenti è una posizione molto rozza e disinformata, e comunque non è condivisa dalle federazioni mondiali dell’atletica, del nuoto e del ciclismo: per esempio, la nuotatrice transgender Lia Thomas non ha potuto partecipare alle Olimpiadi di Parigi. D’altronde, nemmeno le due medaglie d’oro olimpiche della boxe femminile, Imane Khalif e Lin Yu-Ting avevano potuto partecipare ai Campionati del Mondo di Nuova Delhi dello scorso anno, ma la federazione mondiale della boxe è stata esautorata a Parigi dal Comitato Olimpico (sembra, perché presieduta da un russo)». Come ci si dovrebbe regolare secondo lei in casi come quello della pugile algerina? «Il presidente del Comitato Olimpico, Thomas Bach, dice che a far fede è la carta d’identità, anche se questo criterio è poco sensato. Il che non significa che il problema non sia complicato, ma le soluzioni non possono essere così banali come quella adottata a Parigi (sesso dichiarato), o così controverse come la visita ginecologica per determinare la presenza o meno di organi genitali esterni (sesso genitale): cosa che, per inciso, si faceva fino alle Olimpiadi del 1968. Volendo essere scientifici, alla Dawkins, si potrebbe anzitutto determinare se l’atleta in questione ha cromosomi XX: la cosa si può fare facilmente, con un prelievo di mucosa orale, per determinare la presenza del cosiddetto corpo di Barr attorno al nucleo delle cellule (sesso nucleare). Chi non passasse il test, perché XY, dovrebbe sottoporsi a un esame del DNA, per verificare la presenza del gene SRY che sta sul cromosoma Y, e determina lo sviluppo dei testicoli e la produzione di testosterone. Chi risultasse positivo alla presenza di questo gene, non dovrebbe partecipare alle gare femminili, perché sarebbe biologicamente un uomo, con i relativi vantaggi atletici. A meno che non soffrisse della sindrome di insensibilità al testosterone (sindrome di Morris), nel qual caso i vantaggi non esisterebbero. Cambiamo argomento, ma solo leggermente. Il governo inglese, in seguito alle rivolte dei giorni passati, ha deciso di perseguire chiunque sia sospettato di fomentare l’odio online. A prescindere dalle ragioni delle sommosse, non le sembra una deriva poliziesca un po’ pericolosa? «Come accennavo prima, personalmente penso che si dovrebbe mettere un freno ai social media, che ormai sembrano essere diventati palestre di diseducazione alle discussioni informate e alle buone maniere. Ma so di essere in forte minoranza, su questo argomento, anche se Aldous Huxley aveva già preconizzato e stigmatizzato il rintontimento della società dei media prima ancora che nascesse, nel romanzo Il mondo nuovo». Condivido con lei una sensazione. Sembra che l’Occidente non riesca più a gestire il dissenso, le opinioni contrarie. E che ogni forma di deviazione dai discorsi «accettabili» debba essere controllata per via giudiziaria. Non abbiamo più la forza e il coraggio necessari a garantire la libertà di parola? In generale, sembra che il dibattito pubblico venga regolato in modo nemmeno troppo vagamente autoritario. Perché secondo lei? «A proposito di Huxley, la sua idea era appunto che nelle società dei media non ci fosse bisogno di imporre un totalitarismo alla Orwell, perché intanto la libertà di parola non faceva danni: il vero potere, che è occulto, era forte abbastanza da poter fare ciò che voleva, mentre la gente rintontita dai media poteva dire cosa le piaceva. Forse oggi le società occidentali non si sentono più così forti, e temono anzi che le loro fondamenta stiano sgretolandosi. Paradossalmente, la loro debolezza le rende più allergiche al dissenso, perché questo dissenso rischia di diventare incontrollabile. Forse è finita l’era delle società aperte. E forse il futuro ci riserva non più una contrapposizione tra liberalismo e totalitarismo, ma una contrapposizione di totalitarismi: magari uno col volto umano e l’altro no, ma entrambi totalitari, appunto».
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