2024-02-18
Per il Piano Mattei l’Africa va stabilizzata
La crisi nel Mar Rosso impone all’Italia di rivedere la sua strategia. Occorre mettere in sicurezza tutta l’area, visto che pure la Bce sottovaluta i pericoli del blocco dei traffici per i nostri porti. Rendere inoffensivi gli Huthi non basterà, bisogna generare sviluppo.Canale di Suez e Mar Rosso sono vie di interesse vitale dell’Italia per la sua proiezione geopolitica ed economica nel Pacifico, sia in forma di presidio sia per fluidità di import ed export che riduce i costi del primo (inflazione da offerta) e aumenta il volume e la competitività del secondo sui mercati orientali. In settimana partirà la missione navale europea Aspides, a comando iniziale italiano, con obiettivo la difesa del traffico mercantile nel Mar Rosso contro gli attacchi delle milizie yemenite Huthi sostenute dall’Iran. Ma oltre alla riduzione del rischio per i traffici e i porti del Mediterraneo, è evidente la necessità di rendere sicura tutta l’area dell’Africa orientale per evitare problemi nel futuro. Tale riflessione comporta una variazione/specificazione del Piano Mattei per l’Africa, questo ora in fase di studio presso il nostro ministero degli Esteri.L’eliminazione bellica della minaccia Huthi è affidata alla missione con ingaggio offensivo anglo-americana. Ma la decisione statunitense di limitare la deterrenza diretta contro l’Iran porta al rischio di una situazione di blocco prolungato che abituerebbe le rotte mercantili a circumnavigare l’Africa, riducendo di molto il traffico in arrivo e partenza nei e dai porti italiani. Questi sono oggetto di investimenti privati importanti (Molo Ottavo e potenziamento del retroporto ferroviario di Trieste) e pubblici (Gioia Tauro), nonché rafforzamento della connettività di Genova. Gli attori di questo mercato settoriale non mostrano ancora troppa preoccupazione. Chi scrive non ha capito se perché l’impatto tocca di meno l’export o hanno trovato alternative oppure confidano in una soluzione rapida del problema: uno scenario preliminare del gruppo di ricerca dello scrivente vede un dimezzamento dei traffici via Suez, già nei dati, e una tendenza devastante per i porti italiani e dell’Adriatico-Jonio, compresa la Grecia (infatti base della missione Aspides) se la crisi del Mar Rosso-Suez si prolungasse. Inoltre, chi scrive non trova convincente l’analisi di Philip Lane, capo economista della Bce, che ritiene di piccola entità il rischio di inflazione da offerta dovuta a questa crisi nell’area meridionale dell’Eurozona. Forse ha calcolato che il dirottamento dei traffici verso i porti atlantici europei sia un demoltiplicatore di impatto? Forse, ma i porti italiani e dintorni ne uscirebbero massacrati in relazione a quelli atlantici. O forse il motivo è che una Banca centrale non ha strumenti monetari per combattere l’inflazione da offerta e quindi è incline a sottovalutarli o, peggio, a trattarli come se fossero inflazione da domanda correggibile inducendo recessione? A chi scrive non è sfuggito il cenno fatto da Mario Draghi, in occasione di una premiazione a Washington, sul fatto che l’indipendenza di una Banca centrale non implica necessariamente la mancanza di un coordinamento tra questa e la politica militare (e fiscale) di un governo. Forse chi scrive ha un eccesso di preoccupazione. Forse il fatto che gli Huthi non attacchino navi cinesi (Pechino fornisce all’Iran tecnologia evoluta) e russe ha rilassato qualche calcolo. Forse è in corso un negoziato segreto. C’è nebbia.Comunque è evidente il problema di dover mettere in sicurezza tutta l’area del Mar Rosso e vicinanze. L’Arabia dovrebbe avere il medesimo interesse visto che la sua nuova megalopoli futuristica «Neom» sta sorgendo sul Mar Rosso, lato Nordovest, golfo di Aqaba, vicino al confine meridionale di Israele e sudoccidentale della Giordania: circa 26.000 chilometri quadrati, 500 miliardi di dollari investiti: Sindalah, isola residenziale di lusso; Trojena, centro turistico-sportivo sui monti vicini; Oxagon, porto e zona industriale ottagonale galleggiante; The Line, centro urbano fantascientifico. L’Egitto prende miliardi da Suez e non può rinunciarvi. Ma il Sudan è instabile. L’Eritrea anche. Più sotto c’è Gibuti. L’Etiopia ha appena siglato con il Somaliland - a vocazione indipendentista - un accordo per uno sbocco al mare e ha legami con Russia e Cina. Poi ci sono più a Sud dello stretto di Bab el mandeb, imbocco del Mar Rosso, Somalia, Kenya e la costa del Mozambico (priorità energetica italiana) fino al Sudafrica che hanno rilievo geostrategico. La messa in sicurezza del Mar Rosso non implica solo l’eliminazione delle capacità belliche Huthi, ma anche un intervento pacificante e di sviluppo sulla costa africana orientale direttamente sul Mar Rosso e anche a Sud di questo. Per farlo bisogna ridurre l’influenza russa e cinese sulla zona, ambedue non amate dai locali. Il modo per farlo è iniziare un progetto denominabile come Red Sea Commonwealth (Ricchezza comune del Mar Rosso) collegato con Ue, Regno Unito, America, India e Giappone, per inciso quest’ultimo molto ingaggiato nelle infrastrutture del Kenya, l’India con capacità di proiezione nel Sudafrica. L’Italia potrebbe essere attore proponente, mettendo in priorità questa geolinea, portandosi dietro una fetta di fondi europei del «Global gateway» dell’Ue (300 miliardi) e concentrandovi più risorse nazionali (ci sono miliardi destinati alla cooperazione), chiamando simili investimenti degli alleati. Sarebbe l’incontro tra Mediterraneo e Indo-Pacifico che da tempo molta scenaristica strategica invoca. E darebbe un senso concreto e prospettico alla missione Aspides. Il programmato viaggio di una portaerei italiana in Giappone tra pochi mesi, oltre a quelli dell’aeronautica già fatti, darebbero status globale all’attivismo italiano, rendendolo utile anche per gli altri europei, inglesi, americani, giapponesi, indiani (e australiani) nonché per gli arabi. E per Israele. Dettagli nel libro Italia globale (Rubbettino, 2023).www.carlopelanda.com
Il presidente e ad di Philip Morris Italia Pasquale Frega a Cernobbio (Ansa)
Il presidente e ad di Philip Morris Italia dal Forum Teha di Cernobbio: «La leva competitiva è cruciale per l'Italia e l'Europa».