2019-10-23
Piaggio Aerospace, avanti con il drone. Ma non basta per salvare l'azienda
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La progettazione risalente agli anni Ottanta le rende oggi costose da produrre, mantenere e difficili da vendere, tanto che nessun altro costruttore al mondo ha seguito la stessa strada.La commissione bilancio dà il via libera ai 160 milioni, ma l'anno scorso il debito era di 620 milioni di euro. Che fine hanno fatto le 39 offerte di cui 26 relative all'intera azienda e non a singole divisioni annunciate dal commissario Vincenzo Nicastro nel maggio 2019?Lo speciale contiene due articoliHo lavorato per Piaggio Aerospace circa un anno proprio al programma P.1HH nelle sue fasi iniziali. Era il 2014 e se i finanziatori di allora, gli emiratini di Mubadala, non avessero visto volare il drone entro la fine dell'anno, addio soldi. Non era la prima industria aerospaziale nella quale lavoravo e mi colpirono due aspetti: il grande valore delle maestranze e dei tecnici da un lato, lo scollamento con la realtà del mercato civile aeronautico dall'altro. In pratica era un'azienda che con il P.1HH stava ritrovando faticosamente la capacità progettuale dopo quasi trent'anni passati a fare più maneggi finanziari che aeroplani. Del resto il suo cavallo di battaglia, il P.180, in quasi quarant'anni di vita è stato costruito in meno di 400 esemplari. Nulla se si pensa ai tremila Cessna Citation o ai 1.500 Embraer fatti nella metà del tempo e concorrenti dell'italiano. Ma alla fine l'ordine per per due aeromobili senza pilota di Piaggio Aerospace, i P.1HH, è arrivato. Esattamente per due velivoli, una stazione di comando e controllo di terra (Gcs, basata sul sistema Selex-es Sky-istar), e per i sistemi di navigazione e di missione che renderanno efficaci i due droni. Se poi arriverà l'ok anche per il retrofit dei 19 aeromobili P.180 in dotazione alle forze armate e un altro ordine di 9 nuovi esemplari, allora per Piaggio Aerospace i tempi bui saranno superati almeno per vent'anni. A spese nostre, s'intende. Del resto 160 milioni per i droni più 260 per gli aeroplani è un bel tesoretto. Il P.1HH "HammerHead" nel panorama dei droni militari si colloca nella classe "Male", tecnicismo anglosassone per dire "Media altitudine e lungo raggio" e ci servirebbe per la sorveglianza e la ricognizione. Vola veloce e per molte ore (fino a 15-16), ad altezze fino a 13,7 km, e si pilota ovviamente da remoto anche via satellite. Se paragonato ad altri aeromobili a controllo remoto della medesima classe, il P.1HH si presenta più complesso e vulnerabile, probabilmente rivelerà anche costi operativi superiori rispetto ai suoi concorrenti, ma la sua velocità d'azione (da 260 km/h a circa 730 km/h), lo rende schierabile facilmente lungo il nostro territorio nazionale, e con abbastanza autonomia per pattugliare il Mediterraneo eseguendo missioni di lunga durata. Il carico utile è 500 kg, dunque a parte imbarcare sistemi militari ci sono anche le potenzialità per farne un trasportatore automatico di beni urgenti, deperibili o pericolosi, come peraltro il mezzo ha già dimostrato nel 2016 da Piaggio Aerospace vincendo un concorso per la ricerca e sviluppo indetto e finanziato dall'Ente Nazionale Aviazione Civile e destinato a velivoli in grado di trasportare la posta in luoghi isolati. Ma a tutt'oggi, sebbene abbia in sé sistemi notevoli come l'atterraggio automatico, il velivolo non ha ancora conseguito alcuna certificazione militare, sarà per questo motivo che ora si parla di "omologazione del sistema" necessaria perché lo Stato stacchi il nuovo assegno. Attualmente non sono stati resi noti i dettagli della configurazione finale dei due esemplari che entreranno a far parte della flotta dell'Aeronautica Militare, tuttavia è facile aspettarsi che oltre a sensori ottici di tipo visivo e infrarosso, a bordo troveranno spazio anche sistemi per la ricerca e le comunicazioni di segnali d'intelligence. E' noto che in tutto il mondo esistono aziende aerospaziali che lavorano quasi esclusivamente per committenti governativi, specialmente negli Usa e in Francia, ma nonostante queste buone notizie per i lavoratori liguri dello stabilimento di Villanova d'Albenga, il problema sul futuro dell'azienda resta: oltre alla mancata certificazione militare, che è segnale dei forti ritardi del programma (nel calendario iniziale il P.1HH avrebbe dovuto entrare in servizio nel 2015-2016!) sul piano delle forniture civili e commerciali Piaggio Aerospace è ai minimi. L'incapacità di distaccarsi dalla formula progettuale delle «tre superfici ha trasformato i prodotti Piaggio Aerospace in macchine iconiche, ma la progettazione risalente agli anni Ottanta le rende oggi costose da produrre, mantenere e difficili da vendere, tanto che nessun altro costruttore al mondo ha seguito la stessa strada. La dimostrazione è stata chiara anche in questi giorni: a Las Vegas è in corso il salone statunitense dell'aviazione d'affari, da dove però, contrariamente a quanto accade ad altri costruttori, non si ha notizia di ordini ricevuti per alcun P.180 Avanti Evo. La kermesse tuttavia chiuderà il 26 ottobre e speriamo entro quel giorno di ricevere buone notizie. Ma soprattutto che parallelamente a queste commesse Piaggio Aerospace trovi la forza per progettare nuovi aeromobili moderni nelle nicchie di mercato oggi promettenti come il trasporto regionale. E riuscire domani a a stare in piedi da sola.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/piaggio-aerospace-2641076820.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="politici-in-fuga-il-pd-aveva-promesso-766-milioni-di-euro" data-post-id="2641076820" data-published-at="1757587944" data-use-pagination="False"> Politici in fuga, il Pd aveva promesso 766 milioni di euro Un cerotto per dare l'illusione di fermare un'emorragia ormai irreversibile. Il via libera da parte della commissione bilancio della Camera all'acquisto del sistema P.1HH di Piaggio Aerospace, una commessa da 160 milioni di euro, rappresenta ben poco rispetto alla situazione di difficoltà in cui versa da anni l'azienda di Villanova D'Albenga. La crisi di Piaggio continua ormai da mesi. Si trova in amministrazione straordinaria dal dicembre 2018, con il commissario Vincenzo Nicastro, e ha al momento 488 dipendenti in cassa integrazione su 1300. La situazione di difficoltà economica va avanti ormai da anni. Non è mai stato presentato un piano industriale e l'ultimo bilancio è quello comparso nella richiesta di ricorso alla legge Marzano: quasi 620 milioni di euro di debiti. L'anno scorso, prima della fine della scorsa legislatura, c'era ancora governo di Paolo Gentiloni, l'allora ministro della Difesa Roberta Pinotti promise un investimento da 766 milioni di euro per l'acquisto di 10 sistemi a pilotaggio remoto (20 velivoli e 10 stazioni di terra). Ma era in campagna elettorale... e non se ne fece nulla. Poi ci furono le polemiche sull'inattività da parte del nuovo governo gialloverde. Per di più si sono perse le tracce di possibili acquirenti: che fine hanno fatto le 39 offerte di cui 26 relative all'intera azienda e non a singole divisioni annunciate dal commissario Nicastro nel maggio 2019? Si era parlato soprattutto di Leonardo in passato, che avrebbe presentato una proposta di acquisizione del ramo manutenzione motori. Un anno fa l'amministratore delegato Alessandro Profumo diceva: «Dobbiamo capire come evolverà la situazione e poi faremo le valutazioni del caso. Abbiamo visto che è una società entrata in amministrazione straordinaria e sappiamo che svolge funzioni importanti per l'Aeronautica Militare italiana, come ad esempio la manutenzione del MB-339 che è oggi il sistema di training base, quindi importantissima per il nostro cliente e per noi». Ma anche di questa eventualità non si parla praticamente più. Anche perché gli stessi analisti finanziari avevano bocciato questa ipotesi. Per di più a oggi non è chiaro come le sole due macchine (più una stazione di terra) P.1HH che lo stato acquisterebbe a fronte dei 160 milioni si collocherebbe nel dispositivo di sorveglianza del paese e come dialogherebbe con i droni americani oggi in servizio. In sostanza, l'impressione è che questa sia l'ennesima decisione accondiscendente e propagandistica a spese del contribuente, non sorretta da una visione precisa né del futuro dell'azienda né del dispositivo di difesa e sicurezza del Paese. Altro denaro gettato dalla finestra solo per placare gli animi.Checché ne dicano le forze sindacali e politiche liguri, non bastano 160 milioni di denaro pubblico per rendere roseo il futuro di Piaggio. Nel frattempo tutti coloro che hanno condotto al disastro sono spariti: è sparito l'azionista arabo Mubadala, che sembrava essere la bacchetta magica per risolvere ogni problema. Sono spariti i due amministratori delegati che non hanno saputo gestire l'azienda (Alberto Galassi e Carlo Logli). È sparita la Pinotti ed è sparito Matteo Renzi, che il 7 novembre 2014 aveva trionfalmente inaugurato il sito di Villanova d'Albenga parlando di eterna amicizia con gli emiri e di sogni realizzati. È pure sparito Luigi Di Maio che solo sei mesi fa dava ampie garanzie sul futuro dell'impresa ligure.Ciò che è più inquietante è che è pure sparito il ministro della Difesa in carica. Dov'è, che cosa pensa e che cosa dice Lorenzo Guerini?
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