2022-11-09
Nuovo affare di Pfizer. Il vaccino che cura gli effetti del vaccino
Albert Bourla punta sul farmaco contro l’infezione sinciziale. Patologia che rientra tra i sospetti danni della profilassi anti Sars-Cov-2.Cos’è un vaccino per Big pharma? La gallina dalle uova d’oro. A volte, è un problema. Ma è anche la (ricchissima) soluzione. Citiamo un esempio a caso: Pfizer. L’azienda guidata da Albert Bourla cominciava a preoccuparsi: a causa della scadenza dei brevetti, almeno cinque medicinali, che al momento rappresentano il 40% degli introiti della società, potrebbero essere presto soppiantati dai generici. E l’affare del decennio, cioè l’antidoto a Rna messaggero per il Covid, prima o poi si esaurirà: la domanda di fiale si va già riducendo, nonostante il battage sulle future varianti e la crociata mediatica in favore dei preparati adattati al ceppo Omicron, di cui America e Unione europea hanno fatto incetta. Così, tra il 2025 e il 2030, il Ceo greco-americano paventa una perdita di incassi che oscilla tra i 16 e i 18 miliardi di dollari. Ma un rimedio esiste. Ed è un altro vaccino. Magari, utile a curare gli effetti collaterali provocati da quello precedente.Ci spieghiamo. Tra i ritrovati su cui Pfizer conta, per incamerare 25 miliardi di dollari, tamponando e addirittura invertendo di segno la temuta emorragia di denaro, c’è il vaccino per il virus sinciziale (Rsv). Un farmaco pensato per gli over 60 e per i bambini: va somministrato alle donne nella fase finale della gravidanza. La compagnia punta molto su questo gioiellino. E ci tiene a far sapere che, sui più anziani, esso ha un’efficacia pari all’85%; sui piccini, per i quali queste forme di bronchiolite possono essere pericolose, all’81%. Sono numeri che ci tocca prendere per buoni; su di essi, gli esperti indipendenti non hanno ancora effettuato alcuna verifica. Il colosso Usa sostiene di avere in mano «dati a sufficienza» ed è pronto a consegnarli a Fda, per ottenere l’approvazione all’immissione in commercio entro fine anno. E con ciò, arriviamo al dettaglio sfizioso.Nei trial dei vaccini a mRna per il coronavirus, infatti, era emerso che l’incidenza dell’infezione da Rsv aumentava sensibilmente nel gruppo di individui sottoposti all’iniezione, rispetto al gruppo placebo. Il problema era stato sollevato proprio dalla Food and drug administration, che esaminando i test condotti da Moderna sulla fascia pediatrica, in un documento di gennaio, pur giudicando «improbabile» un nesso causale tra punture anti Covid ed esposizione alle bronchioliti, sottolineava «l’importanza della sorveglianza sulla sicurezza post autorizzazione, in particolare per miocarditi/pericarditi e per certe infezioni respiratorie (Rsv e polmonite) nei gruppi d’età più giovani, per i quali squilibri di significato clinico incerto erano stati osservati nei trial». Alla faccia del nesso improbabile, ci ricordiamo come è andata a finire con le infiammazioni cardiache: prima ignorate, poi minimizzate, infine diventate una questione ineludibile per soppesare in maniera oggettiva rischi e benefici delle inoculazioni negli under 40. Dell’eventuale connessione tra vaccino a mRna e virus sinciziale, invece, sappiamo molto meno. La «sorveglianza» c’è stata? Un collegamento è stato escluso oltre ogni ragionevole dubbio? Nell’autunno/inverno 2021, si era già verificata un’epidemia di bronchioliti tra i bimbi. Ne fu colpita - e dovette essere ricoverata a Milano - anche Vittoria, la figlioletta di Fedez e Chiara Ferragni. Il vaccino per neonati non era stato autorizzato: da maggio, si potevano iniettare le dosi soltanto ai ragazzini dai 5 anni in su. Allora, alcuni esperti avevano attribuito la diffusione del patogeno alla carenza di difese immunitarie, dovuta alle restrizioni anti Covid: lockdown, mascherine, distanziamento. Comunque stiano le cose, sarebbe una coincidenza singolare: il business del futuro, per le case farmaceutiche, è un vaccino che previene l’insorgenza di un sospetto effetto collaterale del precedente vaccino, oppure di una conseguenza indesiderata dei divieti pandemici. È lo stesso ragionamento del professor Nicola Petrosillo, del Campus biomedico di Roma, il quale, a Tg5 salute, lunedì, spiegava: «Negli ultimi due anni, grazie alle mascherine, abbiamo evitato anche l’influenza e quindi la popolazione ha meno anticorpi». Si può ben dire che alla sorte non manchi il senso dell’umorismo. E ai «competenti» non mancheranno argomenti per promuovere la prossima campagna di immunizzazioni. Negli Stati Uniti, gli scienziati già stanno lanciando l’allarme sulla «triplendemia» che dovrebbe investirci durante la stagione fredda: una sovrapposizione di influenza, Covid e Rsv. La via di scampo? Ovvio: «Vaccinarsi», come diceva l’altro giorno a Repubblica il direttore del Cnr di Pavia, Giovanni Maga, preoccupato - non a caso - per i bambini: «Non sono vaccinati contro il Sars-Cov-2 e lo sono poco contro l’influenza». I sieri per coronavirus e influenza sono disponibili. Presto, le puerpere potrebbero diventare le candidate ideali anche per la terza dose contro la bronchiolite dei neonati. Per Pfizer, una vera manna… dal Covid.
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.