True
2021-10-20
In Lombardia droni e satelliti contro la terra dei fuochi. In un anno 16 roghi sospetti
True
L'incendio all'ex Snia a Varedo (Ansa)
Il discorso della «terra dei fuochi» va ampliato a tutto il resto della Penisola, in particolare alla Lombardia, dove negli ultimi mesi si sono verificati 16 roghi di rifiuti, secondo i dati di Arpa, agenzia regionale per la protezione dell'ambiente.
L'ultimo in ordine cronologico è quello che lo scorso 24 settembre, a Varedo nel brianzolo, ha mandato in fumo circa 2.000 tonnellate di rifiuti nell'ex Snia, un'area dismessa e lasciata al degrado dove un tempo c'era una delle industrie tessili più importanti della zona e che oggi l'amministrazione comunale punta a riqualificare attraverso la realizzazione di un centro commerciale. Il sindaco di Varedo Filippo Vergani, appena riconfermato alle ultime elezioni, ha parlato senza troppi giri di parole di «atto intimidatorio», scrivendo sul suo profilo social che «dopo più di tre anni di area sotto sequestro e dopo aver rincorso per mesi la proprietà, i preparativi per iniziare con lo smaltimento del materiale abusivamente stoccato da associazioni a delinquere erano in corso. Ricordo che tali associazioni a delinquere sono già state condannate a processo nel quale al Comune è stato riconosciuto un danno di immagine. Mi auguro che la magistratura faccia presto luce sui misteri di un incendio molto probabilmente doloso che colpisce al cuore Varedo in un momento importante come la tornata amministrativa». E proprio su queste parole torna di grande attualità il tema delle ecomafie. Pochi giorni dopo l'incendio, infatti, la Direzione distrettuale antimafia ha recapitato una nota presso la Procura di Milano in cui chiede alla Polizia locale di Varedo informazioni inerenti i tempi per lo smaltimento della società proprietaria degli immobili al fine di procedere al dissequestro. Altro episodio verificatosi recentemente è quello di Ferragosto nella periferia Ovest di Milano, in via Airaghi, dove è andato a fuoco un capannone abbandonato contenente rifiuti. I Vigili del fuoco intervenuti per domare le fiamme hanno raccontato che non si è trattato della prima chiamata per spegnere un incendio in quella zona.
Come ha anche evidenziato la commissione d'inchiesta regionale nel maggio del 2020, «è stato, infatti, rilevato come la gestione inefficiente dei rifiuti e il sovraccarico degli stessi rispetto alla capacità e al numero di impianti crei un effetto "a collo di bottiglia" che, unito alla presenza di molti capannoni abbandonati e di aree dismesse sul territorio regionale, favorisce l'infiltrazione delle organizzazioni criminali e lo svolgimento di attività illecite, quali ad esempio: trasporti non autorizzati, presenza di rifiuti negli impianti superiori rispetto alle quantità autorizzate, trasporti in capannoni non autorizzati, aumento dei casi di incendi sia negli impianti autorizzati, sia nei depositi abusivi». Per questo, per contrastare queste attività illecite, «la Commissione ha individuato i seguenti strumenti correttivi, a carattere regionale: promuovere l'installazione dei sistemi di videosorveglianza negli impianti; promuovere maggiore collaborazione tra enti e l'autorità giudiziaria per la prevenzione e l'accertamento di illeciti nella gestione e nello smaltimento dei rifiuti; attivare Nuclei ambiente presso tutte le Prefetture (attualmente sono presenti solo a Pavia e a Brescia); censire e monitorare costantemente tutto il territorio con particolare riferimento alle aree abbandonate e ai capannoni dismessi, coinvolgendo le amministrazioni comunali; snellire i tempi relativi al dissequestro degli impianti, per favorire in tempi celeri la ripresa delle attività, ove possibile; attivare una task force».
Ora, il tema da mettere sul tavolo è capire quanti di questi episodi siano effettivamente frutto del caso o dolosi. Perché, se da un lato è vero che la Lombardia va presa come modello virtuoso per quanto riguarda lo trattamento dei rifiuti speciali, visto che il 26% del totale prodotto in Italia viene smaltito proprio in Lombardia, dall'altro non si può più ignorare il susseguirsi di roghi, il più delle volte tossici che disperdono nell'aria quantità eccessive di diossina. La Lombardia è, infatti, la regione con il più alto numero di tonnellate di rifiuti prodotti. Secondo quanto si apprende dal report pubblicato quest'anno da Ispra - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - nel 2019 sono state prodotte nella sola Lombardia 33,5 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, il 37,8% di quelli generati da tutto il Nord Italia. Per rifiuti speciali si intende quelli prodotti dalle industrie e dalle aziende e che a differenza di quelli urbani non vengono gestiti dalla pubblica amministrazione, bensì da enti privati. Lo smaltimento illegale di questi rifiuti speciali riguarda quelle aziende che operano in regime di evasione fiscale e che quindi per poter smaltire i rifiuti prodotti devono affidarsi a metodi illeciti.
Il progetto Savager per sorvegliare il territorio della Lombardia
Il fenomeno degli incendi sembrava se non diminuito quantomeno controllato negli ultimi anni, specialmente dopo il 2019, quando in seguito a un report elaborato da Arpa Lombardia si era dimostrato un progressivo e preoccupante aumento di roghi di rifiuti, passando dai 6 del 2016 ai 21 del 2017 e ai 22 del 2018. Un trend negativo che ha portato la stessa Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente a intensificato l'attività di controllo supportando le autorità nella lotta alla gestione illecita dei rifiuti con il progetto Savager finalizzato a implementare il presidio ambientale con mezzi sofisticati come il telerilevamento, i droni e i dati provenienti dal satellite. Nel 2020 l'Agenzia ha operato 90 controlli sui 279 impianti che smaltiscono i rifiuti in Lombardia. Grazie a questi controlli il trend è tornato a diminuire nel 2020, anno in cui si sono verificati 10 episodi di roghi, più della metà rispetto ai 21 del 2019. Una diminuzione che è dovuta anche all'emergenza covid 19.
Savager è un sistema di sorveglianza basato sull'utilizzo di tecnologie di osservazione della Terra, da satellite, aereo e drone, capaci di rilevare anomalie negli impianti autorizzati, indizi di possibili violazioni, ma anche di individuare installazioni o luoghi che ospitano o sono adatti a ospitare depositi abusivi di rifiuti. Il progetto – che ha una valenza preventiva - è attivo in alcune provincie, a seguito di protocolli di intesa sottoscritti con le procure e rappresenta solo una parte dell'azione di presidio ambientale svolto dall'Agenzia in tutto il territorio regionale. Arpa utilizza queste strumentazioni anche in altri campi, come quello del monitoraggio dei dissesti geologici, e in situazioni in cui l'intervento umano è ad alto rischio.
Arpa viene attivata esclusivamente negli incendi che hanno coinvolto installazioni produttive, escludendo gli incendi di aree boschive, nuclei abitativi e mezzi di trasporto, ad eccezione di quelli relativi al trasporto di sostanze pericolose.
L'attenzione mediatica relativa agli incendi in attività produttive e impianti di trattamento/gestione rifiuti, spesso di natura dolosa, è aumentata notevolmente negli ultimi anni anche per il susseguirsi di eventi di questo tipo. Dalla osservazione delle analisi, che prendono in considerazione i rapporti relativi agli incendi in cui è stata coinvolta l'Agenzia negli ultimi anni, si può notare che, a parte il valore minimo di 42 del 2016, si registrano circa 60 incendi all'anno. Nel 2020 si è registrata una diminuzione degli incendi che hanno richiesto l'attivazione dell'Agenzia, in linea con le altre tipologie di attivazioni a causa della emergenza sanitaria.
Non esistono scale standardizzate della gravità di un incendio, comunque, dalla esperienza di campo, si può sicuramente affermare che non tutti gli incendi presentano la medesima intensità, sia per durata che per tipologia di materiale combusto. Dal punto di vista del coinvolgimento di Arpa solo quelli per cui si è reso necessario un sopralluogo possono essere considerati significativi. Nel 2020 si è reso necessario un intervento immediato sul posto dell'Agenzia in 31 casi su 50, ovvero per il 62% delle segnalazioni.
In ogni caso, anche secondo la commissione di regione Lombardia, per evitare il proliferare di queste situazioni, ci sarebbe da «contenere l'eccesso di burocrazia, tale per cui si dovrebbe realizzare una semplificazione normativa di livello nazionale e regionale, oltre che amministrativa, rispondendo in questo caso anche alla necessità di favorire gli investimenti anche privati nel settore, disincentivati proprio dall'eccesso di burocrazia legato alle autorizzazioni per le attività di raccolta, smaltimento, recupero e trasporto dei rifiuti; la semplificazione burocratica e normativa promossa, inoltre, non può non andare di pari passo con l'intensificazione dei controlli da parte di Arpa, Province, Vigili del Fuoco e tutti gli altri enti preposti».
Continua a leggereRiduci
Sono trascorsi 18 anni da quando Legambiente parlò per la prima volta all'interno di un report sulle ecomafie di «terra dei fuochi». Allora, il riferimento del fenomeno che descrive l'interramento di rifiuti tossici e dei roghi appiccati per eliminarli era circoscritto al Sud Italia e più precisamente alla CampaniaSavager è un sistema di sorveglianza lanciato da Arpa e basato sull'utilizzo di tecnologie di osservazione della Terra capaci di rilevare anomalie negli impianti autorizzati, indizi di possibili violazioni, ma anche di individuare installazioni o luoghi che ospitano o sono adatti a ospitare depositi abusivi di rifiutiLo speciale contiene due articoliIl discorso della «terra dei fuochi» va ampliato a tutto il resto della Penisola, in particolare alla Lombardia, dove negli ultimi mesi si sono verificati 16 roghi di rifiuti, secondo i dati di Arpa, agenzia regionale per la protezione dell'ambiente. L'ultimo in ordine cronologico è quello che lo scorso 24 settembre, a Varedo nel brianzolo, ha mandato in fumo circa 2.000 tonnellate di rifiuti nell'ex Snia, un'area dismessa e lasciata al degrado dove un tempo c'era una delle industrie tessili più importanti della zona e che oggi l'amministrazione comunale punta a riqualificare attraverso la realizzazione di un centro commerciale. Il sindaco di Varedo Filippo Vergani, appena riconfermato alle ultime elezioni, ha parlato senza troppi giri di parole di «atto intimidatorio», scrivendo sul suo profilo social che «dopo più di tre anni di area sotto sequestro e dopo aver rincorso per mesi la proprietà, i preparativi per iniziare con lo smaltimento del materiale abusivamente stoccato da associazioni a delinquere erano in corso. Ricordo che tali associazioni a delinquere sono già state condannate a processo nel quale al Comune è stato riconosciuto un danno di immagine. Mi auguro che la magistratura faccia presto luce sui misteri di un incendio molto probabilmente doloso che colpisce al cuore Varedo in un momento importante come la tornata amministrativa». E proprio su queste parole torna di grande attualità il tema delle ecomafie. Pochi giorni dopo l'incendio, infatti, la Direzione distrettuale antimafia ha recapitato una nota presso la Procura di Milano in cui chiede alla Polizia locale di Varedo informazioni inerenti i tempi per lo smaltimento della società proprietaria degli immobili al fine di procedere al dissequestro. Altro episodio verificatosi recentemente è quello di Ferragosto nella periferia Ovest di Milano, in via Airaghi, dove è andato a fuoco un capannone abbandonato contenente rifiuti. I Vigili del fuoco intervenuti per domare le fiamme hanno raccontato che non si è trattato della prima chiamata per spegnere un incendio in quella zona.Come ha anche evidenziato la commissione d'inchiesta regionale nel maggio del 2020, «è stato, infatti, rilevato come la gestione inefficiente dei rifiuti e il sovraccarico degli stessi rispetto alla capacità e al numero di impianti crei un effetto "a collo di bottiglia" che, unito alla presenza di molti capannoni abbandonati e di aree dismesse sul territorio regionale, favorisce l'infiltrazione delle organizzazioni criminali e lo svolgimento di attività illecite, quali ad esempio: trasporti non autorizzati, presenza di rifiuti negli impianti superiori rispetto alle quantità autorizzate, trasporti in capannoni non autorizzati, aumento dei casi di incendi sia negli impianti autorizzati, sia nei depositi abusivi». Per questo, per contrastare queste attività illecite, «la Commissione ha individuato i seguenti strumenti correttivi, a carattere regionale: promuovere l'installazione dei sistemi di videosorveglianza negli impianti; promuovere maggiore collaborazione tra enti e l'autorità giudiziaria per la prevenzione e l'accertamento di illeciti nella gestione e nello smaltimento dei rifiuti; attivare Nuclei ambiente presso tutte le Prefetture (attualmente sono presenti solo a Pavia e a Brescia); censire e monitorare costantemente tutto il territorio con particolare riferimento alle aree abbandonate e ai capannoni dismessi, coinvolgendo le amministrazioni comunali; snellire i tempi relativi al dissequestro degli impianti, per favorire in tempi celeri la ripresa delle attività, ove possibile; attivare una task force».Ora, il tema da mettere sul tavolo è capire quanti di questi episodi siano effettivamente frutto del caso o dolosi. Perché, se da un lato è vero che la Lombardia va presa come modello virtuoso per quanto riguarda lo trattamento dei rifiuti speciali, visto che il 26% del totale prodotto in Italia viene smaltito proprio in Lombardia, dall'altro non si può più ignorare il susseguirsi di roghi, il più delle volte tossici che disperdono nell'aria quantità eccessive di diossina. La Lombardia è, infatti, la regione con il più alto numero di tonnellate di rifiuti prodotti. Secondo quanto si apprende dal report pubblicato quest'anno da Ispra - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - nel 2019 sono state prodotte nella sola Lombardia 33,5 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, il 37,8% di quelli generati da tutto il Nord Italia. Per rifiuti speciali si intende quelli prodotti dalle industrie e dalle aziende e che a differenza di quelli urbani non vengono gestiti dalla pubblica amministrazione, bensì da enti privati. Lo smaltimento illegale di questi rifiuti speciali riguarda quelle aziende che operano in regime di evasione fiscale e che quindi per poter smaltire i rifiuti prodotti devono affidarsi a metodi illeciti. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/pezzo-rifiuti-2655262676.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-progetto-savager-per-sorvegliare-il-territorio-della-lombardia" data-post-id="2655262676" data-published-at="1634665242" data-use-pagination="False"> Il progetto Savager per sorvegliare il territorio della Lombardia Il fenomeno degli incendi sembrava se non diminuito quantomeno controllato negli ultimi anni, specialmente dopo il 2019, quando in seguito a un report elaborato da Arpa Lombardia si era dimostrato un progressivo e preoccupante aumento di roghi di rifiuti, passando dai 6 del 2016 ai 21 del 2017 e ai 22 del 2018. Un trend negativo che ha portato la stessa Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente a intensificato l'attività di controllo supportando le autorità nella lotta alla gestione illecita dei rifiuti con il progetto Savager finalizzato a implementare il presidio ambientale con mezzi sofisticati come il telerilevamento, i droni e i dati provenienti dal satellite. Nel 2020 l'Agenzia ha operato 90 controlli sui 279 impianti che smaltiscono i rifiuti in Lombardia. Grazie a questi controlli il trend è tornato a diminuire nel 2020, anno in cui si sono verificati 10 episodi di roghi, più della metà rispetto ai 21 del 2019. Una diminuzione che è dovuta anche all'emergenza covid 19. Savager è un sistema di sorveglianza basato sull'utilizzo di tecnologie di osservazione della Terra, da satellite, aereo e drone, capaci di rilevare anomalie negli impianti autorizzati, indizi di possibili violazioni, ma anche di individuare installazioni o luoghi che ospitano o sono adatti a ospitare depositi abusivi di rifiuti. Il progetto – che ha una valenza preventiva - è attivo in alcune provincie, a seguito di protocolli di intesa sottoscritti con le procure e rappresenta solo una parte dell'azione di presidio ambientale svolto dall'Agenzia in tutto il territorio regionale. Arpa utilizza queste strumentazioni anche in altri campi, come quello del monitoraggio dei dissesti geologici, e in situazioni in cui l'intervento umano è ad alto rischio.Arpa viene attivata esclusivamente negli incendi che hanno coinvolto installazioni produttive, escludendo gli incendi di aree boschive, nuclei abitativi e mezzi di trasporto, ad eccezione di quelli relativi al trasporto di sostanze pericolose.L'attenzione mediatica relativa agli incendi in attività produttive e impianti di trattamento/gestione rifiuti, spesso di natura dolosa, è aumentata notevolmente negli ultimi anni anche per il susseguirsi di eventi di questo tipo. Dalla osservazione delle analisi, che prendono in considerazione i rapporti relativi agli incendi in cui è stata coinvolta l'Agenzia negli ultimi anni, si può notare che, a parte il valore minimo di 42 del 2016, si registrano circa 60 incendi all'anno. Nel 2020 si è registrata una diminuzione degli incendi che hanno richiesto l'attivazione dell'Agenzia, in linea con le altre tipologie di attivazioni a causa della emergenza sanitaria.Non esistono scale standardizzate della gravità di un incendio, comunque, dalla esperienza di campo, si può sicuramente affermare che non tutti gli incendi presentano la medesima intensità, sia per durata che per tipologia di materiale combusto. Dal punto di vista del coinvolgimento di Arpa solo quelli per cui si è reso necessario un sopralluogo possono essere considerati significativi. Nel 2020 si è reso necessario un intervento immediato sul posto dell'Agenzia in 31 casi su 50, ovvero per il 62% delle segnalazioni.In ogni caso, anche secondo la commissione di regione Lombardia, per evitare il proliferare di queste situazioni, ci sarebbe da «contenere l'eccesso di burocrazia, tale per cui si dovrebbe realizzare una semplificazione normativa di livello nazionale e regionale, oltre che amministrativa, rispondendo in questo caso anche alla necessità di favorire gli investimenti anche privati nel settore, disincentivati proprio dall'eccesso di burocrazia legato alle autorizzazioni per le attività di raccolta, smaltimento, recupero e trasporto dei rifiuti; la semplificazione burocratica e normativa promossa, inoltre, non può non andare di pari passo con l'intensificazione dei controlli da parte di Arpa, Province, Vigili del Fuoco e tutti gli altri enti preposti».
Monterosa ski
Dopo un’estate da record, con presenze in crescita del 2% e incassi saliti del 3%, il sipario si alza ora su Monterosa Ski. In scena uno dei comprensori più autentici dell’arco alpino, da vivere fino al 19 aprile (neve permettendo) con e senza gli sci ai piedi, tra discese impeccabili, panorami che tolgono il fiato e quella calda accoglienza che da sempre distingue questo spicchio di territorio che si muove tra Valle d’Aosta e Piemonte, abbracciando le valli di Ayas e Gressoney e la Valsesia.
Protagoniste assolute dell’inverno al via, le novità.
A Gressoney-Saint-Jean il baby snow park Sonne è fresco di rinnovo e pronto ad accogliere i piccoli sciatori con aree gioco più ampie, un nuovo tapis roulant per prolungare il divertimento delle discese su sci, slittini e gommoni, e una serie di percorsi con gonfiabili a tema Walser per celebrare le tradizioni della valle. Poco più in alto, a Gressoney-La-Trinité, vede la luce la nuova pista di slittino Murmeltier, progetto ambizioso che ruota attorno a 550 metri di discesa serviti dalla seggiovia Moos, illuminazione notturna, innevamento garantito e la possibilità di scivolare anche sotto le stelle, ogni mercoledì e sabato sera.
Da questa stagione, poi, entra pienamente in funzione la tecnologia bluetooth low energy, che consente di usare lo skipass digitale dallo smartphone, senza passare dalla biglietteria. Basta tenerlo in tasca per accedere agli impianti, riducendo così plastica e attese e promuovendo una montagna più smart e sostenibile, dove la tecnologia è al servizio dell’esperienza.
Sul fronte di costi e promozioni, fioccano agevolazioni e formule pensate per andare incontro a tutte le tasche e per far fronte alle imprevedibili condizioni meteorologiche. A partire da sci gratuito per bambini sotto gli otto anni, a sconti del 30 e del 20 per cento rispettivamente per i ragazzi tra gli 8 e i 16 anni e i giovani tra i 16 e i 24 anni , per arrivare a voucher multiuso per i rimborsi skipass in caso di chiusura degli impianti . «Siamo più che soddisfatti di poter ribadire la solidità di una destinazione che sta affrontando le sfide di questi anni con lungimiranza. Su tutte, l’imprevedibilità delle condizioni meteo che ci condiziona in modo determinante e ci spinge a migliorare le performance delle infrastrutture e delle modalità di rimborso, come nel caso dei voucher», dice Giorgio Munari, amministratore delegato di Monterosa Spa.
Introdotti con successo l’inverno scorso, i voucher permettono ai titolari di skipass giornalieri o plurigiornalieri, in caso di chiusure parziali o totali del comprensorio, di avere crediti spendibili in acquisti non solo di nuovi skipass e biglietti per impianti, ma anche in attività e shopping presso partner d’eccellenza, che vanno dal Forte di Bard alle Terme di Champoluc, fino all’avveniristica Skyway Monte Bianco, passando per ristoranti di charme e botteghe artigiane.
Altra grande novità della stagione, questa volta dal respiro internazionale, l’ingresso di Monterosa Ski nel circuito Ikon pass, piattaforma americana che raccoglie oltre 60 destinazioni sciistiche nel mondo.
«Non si tratta solo di un’inclusione simbolica», commenta Munari, «ma di entrare concretamente nei radar di sciatori di Stati Uniti, Canada, Giappone o Australia che, già abituati a muoversi tra mete sciistiche di fama mondiale, avranno ora la possibilità di scoprire anche il nostro comprensorio». Comprensorio che ha tanto da offrire.
Sotto lo sguardo dei maestosi 4.000 del Rosa, sfilano discese sfidanti anche per i più esperti sul carosello principale Monterosa Ski 3 Valli - 29 impianti per 52 piste fino a 2.971 metri di quota - e percorsi più soft, adatti a principianti e bambini, nella ski area satellite di Antagnod, Brusson, Gressoney-Saint-Jean, Champorcher e Alpe di Mera; fuoripista da urlo nel regno imbiancato di Monterosa freeride paradise e tracciati di sci alpinismo d’eccezione - Monterosa Ski è il primo comprensorio di sci alpinismo in Italia. Il tutto accompagnato da panorami e paesaggi strepitosi e da un’accoglienza made in Italy che conquista a colpi di stile e atmosfere genuine. Info: www.monterosaski.eu.
Continua a leggereRiduci
content.jwplatform.com
Dal foyer della Prima domina il nero scelto da vip e istituzioni. Tra abiti couture, la presenza di Pierfrancesco Favino, Mahmood, Achille Lauro e Barbara Berlusconi - appena nominata nel cda - spiccano le assenze ufficiali. Record d’incassi per Šostakovič.
Non c’è dubbio che un’opera dirompente e sensuale, che vede tradimenti e assassinii, censurata per la sua audacia e celebrata per la sua altissima qualità musicale come Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmítrij Šostakóvič, abbia influenzato la scelta di stile delle signore presenti.
«Quando preparo gli abiti delle mie clienti per la Prima della Scala, tengo sempre conto del tema dell’opera», spiega Lella Curiel, sessanta prime al suo attivo e stilista per antonomasia della serata più importante del Piermarini. Così ogni volta la Prima diventa un grande esperimento sociale, di eleganza ma anche di mise inopportune. Da sempre, la platea ingioiellata e in smoking, si divide tra chi è qui per la musica e chi per mostrarsi mentre finge di essere qui intendendosene. Sul piazzale, lo show comincia ben prima del do di petto. Le signore scendono dalle auto con la stessa espressione di chi affronta un red carpet improvvisato: un occhio al gradino e uno ai fotografi. Sono tiratissime, ma anche i loro accompagnatori non sono da meno, alcuni dei quali con abiti talmente aderenti che sembrano più un atto di fede che un capo sartoriale.
È il festival del «chi c’è», «chi manca» ma tutti partecipano con disinvoltura allo spettacolo parallelo: quello dei saluti affettuosi, che durano esattamente il tempo di contare quanti carati ha l’altro. Mancano sì il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio, il presidente del Senato e il presidente della Camera ma gli aficionados della Prima, e anche tanti altri, ci sono tutti visto che è stato raggiunto il record di biglietti venduti, quasi 3 milioni di euro d’incasso.
Sul palco d'onore, con il sindaco Beppe Sala e Chiara Bazoli (in nero Armani rischiarato da un corpetto in paillettes), il ministro della Cultura Alessandro Giuli, l’applaudita senatrice a vita Liliana Segre, il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana accompagnato dalla figlia Cristina (elegantissima in nero di Dior), il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, i vicepresidenti di Camera e Senato Anna Ascani e Gian Marco Centinaio e il prefetto di Milano Claudio Sgaraglia. Nero imperante, quindi, nero di pizzo, di velluto, di chiffon ma sempre nero. Con un tocco di rosso come per l’abito di Maria Grazia compagna di Giuseppe Marotta («è un vestito di sartoria, non è firmato da nessun stilista»), con dettagli verdi scelti da Diana Bracco («sono molto rigorosa»). Tutto nero l’abito/cappotto di Andrée Ruth Shammah («metto sempre questo per la Prima con i gioielli colorati di mia mamma»). E così quello di Fabiana Giacomotti molto scollato sulla schiena («è di Balenciaga, l’ultima collezione di Demna»).
Ma esce dal coro Barbara Berlusconi, la più fotografata, in un prezioso abito di Armani dalle varie sfumature, dall’argento al rosso al blu («ho scelto questo abito che avevo già indossato per celebrarlo»), accompagnata da Lorenzo Guerrieri. Fresca di nomina nel cda della Scala (voluta da Fontana), si è soffermata con i giornalisti. «La scelta di Šostakovič - afferma - conferma che la Scala non è solo un luogo di memoria: è anche un teatro che ha il coraggio di proporre opere che fanno pensare, che interrogano il pubblico, lo sfidano, e che raccontano la complessità del nostro tempo. La Lady è un titolo "ruvido", forte, volutamente impegnativo, che non cerca il consenso facile. È un'opera intensa, profonda, scomoda, ma anche attualissima per i temi che propone». E aggiunge: «Mio padre amava l'opera e ho avuto il piacere di accompagnarlo parecchi anni fa a una Prima. Questo ruolo nel cda l'ho preso con grande impegno per aiutare la Scala a proseguire nel suo straordinario lavoro». Altra componente del cda, Melania Rizzoli, in nero vintage dell’amica Chiara Boni, arrivata con il figlio Alberto Rizzoli. In nero Ivana Jelinic, ad di Enit, agenzia nazionale del Turismo. In blu firmato Antonio Riva, Giulia Crespi moglie di Angelo, direttore della Pinacoteca di Brera. In beige Ilaria Borletti Buitoni con un completo confezionato dalla sarta su un suo disegno. Letteralmente accerchiati da giornalisti, fotografi e telecamere Pierfrancesco Favino con la moglie Anna Ferzetti, Mahmood in Versace («mi sento regale») e Achille Lauro che dice quanto sia importante che l’opera arrivi ai giovani. Debutto lirico per Giorgio Pasotti mentre è una conferma per Giovanna Salza in Armani e ospite abituale è l’artista Francesco Vezzoli.
Poi, in 500, alla cena di gala firmata dallo chef 2 stelle Michelin nella storica Società del Giardino Davide Oldani. E così la Prima resta quel miracolo annuale in cui tutti, almeno per una sera, riescono a essere la versione più scintillante (e leggermente autoironica) di sé stessi.
Continua a leggereRiduci
Guido Guidesi (Imagoeconomica)
Le Zis si propongono come aree geografiche o distretti tematici in cui imprese, startup e centri di ricerca possano operare in sinergia per stimolare l’innovazione, generare nuova occupazione qualificata, attrarre capitali, formare competenze avanzate e trattenere talenti. Nelle intenzioni della Regione, le nuove zone dovranno funzionare come poli stabili, riconosciuti e specializzati, ciascuno legato alle vocazioni produttive del proprio territorio. I progetti potranno riguardare settori differenti: manifattura avanzata, digitalizzazione, life science, agritech, energia, materiali innovativi, cultura tecnologica e altre filiere considerate strategiche.
La procedura di attivazione delle Zis è così articolata. La Fase 1, tramite manifestazione di interesse, permette ai soggetti coinvolti di presentare un Masterplan, documento preliminare in cui vengono indicati settore di specializzazione, composizione del partenariato, governance, spazi disponibili o da realizzare, laboratori, servizi tecnologici e prospetto di sostenibilità. La proposta dovrà inoltre includere la lettera di endorsement della Provincia competente. Ogni Provincia potrà ospitare fino a due Zis, senza limiti invece per le candidature interprovinciali. La dotazione economica disponibile per questa fase è pari a 1 milione di euro: il contributo regionale finanzia fino al 50% delle spese di consulenza per la stesura dei documenti necessari alla Fase 2, fino a un massimo di 100.000 euro per progetto.
La Fase 2 è riservata ai progetti ammessi dopo la valutazione iniziale. Con l’accompagnamento della Regione, i proponenti elaboreranno il Piano strategico definitivo, che dovrà disegnare una visione a lungo termine con orizzonte al 2050. Il programma di sviluppo indicherà le azioni operative: attrazione di nuove imprese e startup innovative, apertura o potenziamento di laboratori, creazione di infrastrutture digitali, percorsi formativi ad alta specializzazione, incubatori e servizi condivisi. Sarà inoltre definito un modello economico sostenibile e un sistema di monitoraggio basato su indicatori misurabili per valutare impatti occupazionali, tecnologici e competitivi.
I soggetti autorizzati alla presentazione delle candidature sono raggruppamenti pubblico-privati con imprese o startup come capofila. Possono partecipare enti pubblici, Comuni, Province, camere di commercio, università, centri di ricerca, enti formativi, fondazioni, associazioni e organizzazioni del terzo settore. Regione Lombardia avrà il ruolo di coordinatore e facilitatore. All’interno della direzione generale sviluppo economico sarà istituita una struttura dedicata al supporto dei territori: un presidio tecnico incaricato di orientare, assistere e valorizzare le progettualità, monitorando l’attuazione e la coerenza con gli obiettivi strategici.
Nel corso della presentazione istituzionale, l’assessore allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, ha dichiarato: «Cambiamo per innovare. Le Zis saranno il connettore dei valori aggiunti di cui già disponiamo e che metteremo a sistema, ecosistemi settoriali che innovano in squadra tra aziende, ricerca, formazione, istituzioni e credito. Guardiamo al futuro difendendo il nostro sistema produttivo con l’obiettivo di consegnare opportunità ai giovani». Da Confindustria Lombardia è arrivata una valutazione positiva. Il presidente Giuseppe Pasini ha affermato: «Attraverso le Zis si intensifica il lavoro a favore delle imprese e dei territori. Apprezziamo la capacità di visione e la volontà di puntare sui giovani».
Ogni territorio svilupperà la propria specializzazione, puntando su filiere già forti o sulla creazione di nuovi segmenti tecnologici. Il percorso non prevede limiti settoriali ma richiede sostenibilità economica e capacità di generare ricadute occupazionali misurabili.
Continua a leggereRiduci