2019-03-20
Ieri l'annuncio: chiude la redazione romana
Dopo mesi e mesi di incertezza per la redazione romana del Giornale è arrivata la notizia della chiusura. A comunicarlo è stato direttamente l'editore del quotidiano fondato da Indro Montanelli nel 1974, ovvero la Società europea di edizioni. Restano in bilico, dunque, le posizioni di 18 giornalisti e tre poligrafici, ai quali è stato dato tempo fino al 30 aprile per trasferirsi nella sede milanese del quotidiano. A tale notizia ha fatto seguito l'immediata reazione del Comitato di redazione (Cdr), il quale ha diffuso il seguente comunicato: «Le rappresentanze sindacali deprecano e respingono la decisione, arrivata dopo mesi di trattative sulla riduzione del costo del lavoro giornalistico, durante le quali i dipendenti del quotidiano hanno dimostrato la massima disponibilità. Ai dipendenti poligrafici una ipotesi analoga era stata semplicemente ventilata e mai neppure formalizzata. L'azienda, con un vero e proprio ricatto, mette i lavoratori e le loro famiglie davanti alla scelta secca tra le dimissioni e il trasferimento coatto da Roma a Milano. La chiusura della redazione del giornale si configura come una rappresaglia di un management poco abituato a relazioni industriali collaborative. La soppressione della redazione romana rappresenta la perdita di un punto di riferimento culturale e politico e segna il tramonto di una lunga stagione editoriale. La scelta non porta alcun beneficio economico ai conti del quotidiano, anzi rischia di relegarlo a un ruolo di foglio senza più ambizioni nazionali. La redazione di Roma è sempre venuta incontro alle esigenze economiche e strutturali del giornale, con un progetto riuscito di integrazione sul lavoro di desk tra Roma e Milano».
Oltre al duro comunicato il Cdr, congiuntamente alla Rappresentanza sindacale unitaria (Rsu), ha reagito proclamando lo stato di sciopero nella giornata di martedì 19 marzo, come segno di protesta contro la decisione unilaterale della Società europea di edizioni.

Al comunicato del Cdr ha fatto poi seguito la replica dell'editore, attraverso una nota firmata dall'amministratore delegato della Società europea di edizioni, Andrea Favari: «Facendo riferimento alle notizie di stampa relative alla chiusura della sede romana del Giornale, l'Editore precisa che la decisione è stata presa dal Consiglio di Amministrazione della Società europea di edizioni, tenutosi, ieri, 18 marzo. Senza l'avallo di persone estranee al CdA».
La notizia della chiusura della redazione romana del Giornale arriva dopo un periodo in cui il Cdr aveva già manifestato grande preoccupazione per la possibile vendita del gruppo. In un comunicato del 14 marzo si leggeva come «l'amministratore delegato del gruppo Mondadori Ernesto Mauri, che ha una partecipazione del 36% della Società europea di edizioni, ha spiegato che con l'azionista di maggioranza sta studiando un piano per la riduzione del costo del lavoro. Ha parlato di non meglio precisati ammortizzatori sociali, di decisioni meno traumatiche da trovare attorno a una tavolo e del costo del lavoro che non si adegua alle mutate condizioni del mercato». Il comunicato del Cdr proseguiva: «Negli ultimi anni il costo del lavoro del Giornale è costantemente calato, così come l'organico, che è ormai ridotto all'osso se confrontato con quello degli altri grandi quotidiani nazionali e i giornalisti hanno individuato e segnalato all'azienda una serie di sprechi e costi che è possibile ridurre, se non azzerare, visto che non sono funzionali alla realizzazione del prodotto e pesano in modo considerevole sul bilancio. Quindi anche sugli azionisti Mondadori, che ne saranno informati nella sede più opportuna».
Il Comitato di redazione ha proposto anche una soluzione: «Si fa presente all'ad di Mondadori che dal dicembre scorso il Cdr ha dato disponibilità a trattare su un piano di solidarietà ed esodi incentivati, ma l'azienda ha risposto con rinvii e silenzi imbarazzanti. Sono passati quattro mesi e altre perdite economiche che colpiranno gli azionisti del giornale e anche il portafogli degli azionisti Mondadori. Ma non per colpa dei giornalisti del Giornale. Per giornalisti che guadagnano stipendi non molto lontani dai minimi tabellari appare incredibile che un ad che guadagna circa 2 milioni di euro l'anno bonus a parte (2,7 milioni nel 2017) proponga come unica soluzione - per sanare una perdita che per quanto tocca a Mondadori risulta inferiore al suo incasso annuo del 2017 - la vendita di una testata storica dell'editoria italiana senza alcuna riflessione sul suo rilancio».
Continua a leggereRiduci
La Società europea di edizioni, editrice del quotidiano fondato da Indro Montanelli a Milano nel 1974, ha deciso di chiudere la sede di Roma. Per i 18 giornalisti e i tre poligrafici impiegati c'è tempo fino al 30 aprile per trasferirsi nella redazione milanese.All'interno il comunicato del cdr pubblicato sull'edizione in edicola della Verità.Dopo mesi e mesi di incertezza per la redazione romana del Giornale è arrivata la notizia della chiusura. A comunicarlo è stato direttamente l'editore del quotidiano fondato da Indro Montanelli nel 1974, ovvero la Società europea di edizioni. Restano in bilico, dunque, le posizioni di 18 giornalisti e tre poligrafici, ai quali è stato dato tempo fino al 30 aprile per trasferirsi nella sede milanese del quotidiano. A tale notizia ha fatto seguito l'immediata reazione del Comitato di redazione (Cdr), il quale ha diffuso il seguente comunicato: «Le rappresentanze sindacali deprecano e respingono la decisione, arrivata dopo mesi di trattative sulla riduzione del costo del lavoro giornalistico, durante le quali i dipendenti del quotidiano hanno dimostrato la massima disponibilità. Ai dipendenti poligrafici una ipotesi analoga era stata semplicemente ventilata e mai neppure formalizzata. L'azienda, con un vero e proprio ricatto, mette i lavoratori e le loro famiglie davanti alla scelta secca tra le dimissioni e il trasferimento coatto da Roma a Milano. La chiusura della redazione del giornale si configura come una rappresaglia di un management poco abituato a relazioni industriali collaborative. La soppressione della redazione romana rappresenta la perdita di un punto di riferimento culturale e politico e segna il tramonto di una lunga stagione editoriale. La scelta non porta alcun beneficio economico ai conti del quotidiano, anzi rischia di relegarlo a un ruolo di foglio senza più ambizioni nazionali. La redazione di Roma è sempre venuta incontro alle esigenze economiche e strutturali del giornale, con un progetto riuscito di integrazione sul lavoro di desk tra Roma e Milano».Oltre al duro comunicato il Cdr, congiuntamente alla Rappresentanza sindacale unitaria (Rsu), ha reagito proclamando lo stato di sciopero nella giornata di martedì 19 marzo, come segno di protesta contro la decisione unilaterale della Società europea di edizioni. Al comunicato del Cdr ha fatto poi seguito la replica dell'editore, attraverso una nota firmata dall'amministratore delegato della Società europea di edizioni, Andrea Favari: «Facendo riferimento alle notizie di stampa relative alla chiusura della sede romana del Giornale, l'Editore precisa che la decisione è stata presa dal Consiglio di Amministrazione della Società europea di edizioni, tenutosi, ieri, 18 marzo. Senza l'avallo di persone estranee al CdA».La notizia della chiusura della redazione romana del Giornale arriva dopo un periodo in cui il Cdr aveva già manifestato grande preoccupazione per la possibile vendita del gruppo. In un comunicato del 14 marzo si leggeva come «l'amministratore delegato del gruppo Mondadori Ernesto Mauri, che ha una partecipazione del 36% della Società europea di edizioni, ha spiegato che con l'azionista di maggioranza sta studiando un piano per la riduzione del costo del lavoro. Ha parlato di non meglio precisati ammortizzatori sociali, di decisioni meno traumatiche da trovare attorno a una tavolo e del costo del lavoro che non si adegua alle mutate condizioni del mercato». Il comunicato del Cdr proseguiva: «Negli ultimi anni il costo del lavoro del Giornale è costantemente calato, così come l'organico, che è ormai ridotto all'osso se confrontato con quello degli altri grandi quotidiani nazionali e i giornalisti hanno individuato e segnalato all'azienda una serie di sprechi e costi che è possibile ridurre, se non azzerare, visto che non sono funzionali alla realizzazione del prodotto e pesano in modo considerevole sul bilancio. Quindi anche sugli azionisti Mondadori, che ne saranno informati nella sede più opportuna».Il Comitato di redazione ha proposto anche una soluzione: «Si fa presente all'ad di Mondadori che dal dicembre scorso il Cdr ha dato disponibilità a trattare su un piano di solidarietà ed esodi incentivati, ma l'azienda ha risposto con rinvii e silenzi imbarazzanti. Sono passati quattro mesi e altre perdite economiche che colpiranno gli azionisti del giornale e anche il portafogli degli azionisti Mondadori. Ma non per colpa dei giornalisti del Giornale. Per giornalisti che guadagnano stipendi non molto lontani dai minimi tabellari appare incredibile che un ad che guadagna circa 2 milioni di euro l'anno bonus a parte (2,7 milioni nel 2017) proponga come unica soluzione - per sanare una perdita che per quanto tocca a Mondadori risulta inferiore al suo incasso annuo del 2017 - la vendita di una testata storica dell'editoria italiana senza alcuna riflessione sul suo rilancio».
Jeffrey Epstein e Donald Trump (Ansa)
L'ad di SIMEST Regina Corradini D'Arienzo
La società del Gruppo Cdp rafforza il proprio impegno sui temi Esg e conferma anche la certificazione sulla parità di genere per il 2025.
SIMEST, la società del Gruppo Cassa depositi e prestiti che sostiene l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha ottenuto l’attestazione internazionale Human Resource Management Diversity and Inclusion – ISO 30415, riconoscimento che certifica l’impegno dell’azienda nella promozione di un ambiente di lavoro fondato sui principi di diversità, equità e inclusione.
Il riconoscimento, rilasciato da Bureau Veritas Italia, arriva al termine di un percorso volto a integrare i valori DE&I nei processi aziendali e nella cultura organizzativa. La valutazione ha riguardato l’intera gestione delle risorse umane — dal reclutamento alla formazione — includendo aspetti come benessere, accessibilità, pari opportunità e trasparenza nei percorsi di crescita. Sono stati inoltre esaminati altri ambiti, tra cui la gestione degli acquisti, l’erogazione dei servizi e la relazione con gli stakeholder.
L’attestazione ISO 30415 rappresenta un passo ulteriore nel percorso di sostenibilità e responsabilità sociale di SIMEST, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite, in particolare quelli relativi alla parità di genere e alla promozione di condizioni di lavoro eque e dignitose.
A questo traguardo si affianca la conferma, anche per il 2025, della certificazione UNI/PdR 125:2022, che attesta l’efficacia delle politiche aziendali in tema di parità di genere, con riferimento a governance, crescita professionale, equilibrio vita-lavoro e tutela della genitorialità.
Valeria Borrelli, direttrice Persone e organizzazione di SIMEST, ha dichiarato: «Crediamo fortemente che le persone siano la nostra più grande risorsa e che la pluralità di esperienze e competenze sia la chiave per generare valore e innovazione. Questi riconoscimenti confermano l’impegno quotidiano della nostra comunità aziendale nel promuovere un ambiente inclusivo, rispettoso e aperto alle diversità. Ma il nostro percorso non si ferma: continueremo a coltivare una cultura fondata sull’ascolto e sull’apertura, affinché ciascuno possa contribuire alla crescita dell’organizzazione con la propria unicità».
Con questo risultato, SIMEST consolida il proprio posizionamento tra le aziende italiane più attive sui temi Esg, confermando una strategia orientata a una cultura del lavoro sostenibile, equa e inclusiva.
Continua a leggereRiduci