2022-03-21
Perché nessuno indaga sugli affari dell’ex premier?
Sono trascorse tre settimane da quando abbiamo pubblicato il primo articolo sulle strane trattative di Massimo D’Alema per vendere aerei e navi militari alla Colombia. Il servizio prendeva spunto da un’informativa apparsa su un piccolo e quasi sconosciuto sito Internet, ignorato dalla grande stampa. Fin dal primo articolo, tuttavia, siamo stati in grado di rivelare alcuni documenti (...)(...) dai quali risultava l’anomalia di una mediazione condotta da un ex presidente del Consiglio italiano con una serie di oscuri personaggi stranieri. Ma soprattutto, in una registrazione di cui abbiamo riportato la trascrizione, si sente chiaramente la voce dell’ex segretario del Partito democratico della sinistra (allora il Pd si chiamava così, perché non c’era stata ancora la fusione con la Margherita) parlare di una commissione da 80 milioni di euro, che gli intermediari poi si sarebbero spartiti a metà. Chiunque, leggendo una simile rivelazione, sarebbe balzato sulla sedia, perché non capita tutti i giorni che un uomo politico - perché D’Alema, anche se è fuori dal Parlamento, rimane un uomo politico - faccia il mediatore di navi e aerei da guerra. In particolare, non succede di frequente di sentire un ex premier parlare di commissioni da 80 milioni da fare a metà con strani intermediari. Invece, incredibilmente, nei primi giorni le rivelazioni sono cadute nel vuoto. Sulle pagine dei giornali, forse distratti dall’invasione russa in Ucraina, nessuno è sembrato prendere sul serio la faccenda, salvo poi rincorrere lo stesso D’Alema per fornirgli un diritto di replica. Sì, invece della notizia nuda e cruda, con tanto di curriculum delle figure coinvolte, alcune delle quali vantano un passato non proprio specchiato, mentre di altre il profilo è quantomeno discutibile, i giornaloni hanno preferito dare voce allo stesso ex presidente del Consiglio, ma non per incalzarlo, mettendolo di fronte alle incredibili rivelazioni. No, sulle pagine dei suddetti quotidiani sono apparse le lamentele dell’ex ministro degli Esteri (sì, oltre a produrre vino, Baffino, con Romano Prodi al governo, ha guidato anche la Farnesina e di quel periodo si ricorda la famosa foto a braccetto con un membro del movimento terroristico libanese Hezbollah), il quale si doleva di essere stato messo in prima pagina senza che nessuno riconoscesse il suo impegno a favore dell’industria bellica italiana. Di più, il poveruomo si dichiarava dispiaciuto che qualcuno avesse passato le informazioni alla stampa, lasciando intendere che dietro alla fuga di notizie ci fosse un complotto per colpire il nostro Paese. Già, perché D’Alema lavora per l’Italia, non per sé stesso. Gli 80 milioni di commissione che scandisce nella conversazione sono per l’Italia, non per lui.Ovviamente, siamo stupiti da tanto coraggio e ci dispiace che il suo amor patrio sia stato messo in difficoltà dai nostri articoli. Ma ancora di più ci stupiscono due aspetti, ovvero che finora nessun esponente del governo abbia sentito la necessità di fare chiarezza su quella oscura trattativa. In ballo non ci sono solo il ruolo dell’ex premier, che forse andrebbe chiarito, ma anche alcune aziende pubbliche che fanno capo al ministero dell’Economia. A che titolo D’Alema incontrava i vertici di Leonardo e Fincantieri? Come mai, nonostante le leggi vietino l’uso di intermediari nella vendita di aerei e navi militari, alcuni dirigenti di società di cui lo Stato ha il controllo si sono affidati a un ex premier, incontrandolo e - a quanto pare - avallandone le iniziative?In Parlamento sono state presentate alcune interrogazioni da esponenti della Lega e di Italia viva, ma al momento non risulta che ad alcuna di queste sia stata data risposta. Quando parleranno Daniele Franco o Lorenzo Guerini? Comprendiamo che ora l’uno e l’altro siano impegnati nella guerra alle accise e in quella in Ucraina, ma sapere come si vendono corvette e caccia e quali personaggi ruotino intorno a certi affari non sono aspetti secondari, soprattutto in un momento in cui, di fronte a un conflitto, tutti si interrogano su come si sia arrivati a tanto.C’è poi un’altra domanda che ci sorge spontanea: appena il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha parlato in tv di truffa sulla benzina, la Procura di Roma si è affrettata ad aprire un fascicolo contro ignoti. La notizia di D’Alema intermediario, ma soprattutto di un affare con 80 milioni di commissione, sebbene sia stata ignorata da altri giornali, è stata ripresa da Striscia la notizia e dalla trasmissione condotta da Maurizio Crozza. Ora, può essere che in Procura non leggano la Verità, ma se hanno visto Cingolani in tv e aperto un’indagine, è possibile che non abbiano seguito i servizi di Greggio e compagni? Lo scrivevamo l’altro giorno: un modello 45, cioè senza indagati, non si nega a nessuno nel nostro Paese. Possibile che in questo caso non se ne senta il bisogno?
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