
La Germania ha messo nero su bianco che, sulla Bce, non intende piegarsi alla Corte Ue. Christine Lagarde si difende: «Rispondiamo alle istituzioni comunitarie». Da noi il problema non è mai nemmeno posto.Alla fine, non è mai (solo) una questione di soldi, ma di potere. O, come diceva Humpy Dumpty in Attraverso lo specchio di Lewis Carroll, «bisogna vedere chi comanda: tutto qua». Bisogna in effetti vedere chi comanda tra Unione europea e Germania, rappresentate in questo caso da Corte europea di giustizia e Corte di Karlsruhe, versione teutonica della nostra Consulta.La portata dello scontro sta in due paroline latine, con le quali le toghe tedesche - nel sintetizzare al loro Senato l'ultimatum consegnato alla Bce tre giorni fa - hanno descritto l'acquisto di titoli di Stato varato da Mario Draghi nel 2015: «ultra vires». Cioè al di fuori dei poteri statutari, «despite the Cjeu's judgment to the contrary», ovvero: «Malgrado la sentenza contraria della Corte di giustizia Ue». Ora, chiunque dicesse che un uomo è innocente «malgrado una sentenza passata in giudicato dica il contrario» porrebbe quantomeno un problema di legittimazione del sistema giudiziario. E infatti in poche ore l'intero assetto europeo è precipitato a un livello di scontro inedito perché esplicito.Il problema non è infatti che la Germania con i suoi organi di garanzia abbia di fatto rigettato (formalmente ha respinto il ricorso avverso, ma ha letteralmente messo all'angolo la Bce) il programma di acquisti: questo è storicamente sempre stato indigesto per Berlino, specie per le conseguenze sul comparto bancario e assicurativo. Il problema principale è che una sentenza ha messo nero su bianco che non c'è Corte europea che tenga, rispetto al pronunciamento. Si dovesse arrivare al dunque, che farà la Bundesbank? Ottempererà al suo mandato e al suo legame con il Paese, o riconoscerà l'autorità della Corte europea? Nel 2011, secondo il Financial Times, una Angela Merkel in lacrime scandì in uno dei vertici chiave sulla crisi greca: «Non è giusto, non posso suicidarmi. Non posso decidere io al posto della Bundesbank»: vedremo.Che la botta sia grossa, lo si vede dalle reazioni seguite al verdetto di martedì. La Bce - guidata dalla francese Christine Lagarde - e l'establishment parigino hanno risposto con stizza, appellandosi alla preminenza del diritto comunitario. Ieri l'ex capa del Fmi, che ha preso il posto di Mario Draghi , ha ribadito con forza che l'Eurotower è «un'istituzione europea con competenze sull'Eurozona. Rendiamo conto al Parlamento europeo e ricadiamo sotto la giurisdizione della Corte di giustizia europea». Il suo vice, Luis de Guindos, ha ribadito lo stesso concetto respingendo anche nel merito le posizioni tedesche.Curiosamente, il premier italiano, la Commissione Ue e Silvio Berlusconi hanno aderito alla medesima interpretazione. Poche ore dopo Karlsruhe, un portavoce di Bruxelles ha scandito: «Riaffermiamo la primazia del diritto comunitario, e il fatto che le determinazioni della Corte di giustizia europea sono vincolanti per tutte le Corti nazionali» (Anche se sancisse che l'Italia deve cambiare forma di governo, per dire?). Il premier italiano, parlando al Fatto di martedì, ha detto: «Giudico un fuor d'opera che una Corte nazionale, pur costituzionale, chieda alla Bce di giustificare la necessità degli acquisti. Non può interferire in queste iniziative». E l'ex premier azzurro non si è scostato molto, nel colloquio con Il Giornale dello stesso giorno: «Abbiamo ben presente il fatto che il diritto europeo prevale su quello dei singoli Stati».Ecco: ma è ancora così? Ovviamente la Corte tedesca non ignora che i Trattati prevedono un impegno a recepire negli ordinamenti nazionali le leggi dell'Unione. Ma da Karlsruhe in poi l'assunto non può più essere dato per scontato. Anzi, produce un attrito formidabile che, se portato alle estreme conseguenze, potrebbe determinare una disarticolazione di tutta l'eurozona.Allargando il tiro, è in ballo tutta la costruzione europea nei suoi rapporti con gli ordinamenti nazionali. La sentenza cancella l'irenismo europeista e rivela che l'Unione è una costruzione politica, non un dato che si trova in natura. La classe dirigente italiana, mediamente, ha sempre accolto come benefico a prescindere tutto ciò che promanava dalla dimensione comunitaria, ignorando le frizioni con il nostro ordinamento. Il principale azionista dell'Unione europea dice che non è disposto a farlo. Che significa? L'Ue è sovrana sulle nazioni o, per usare le parole di un membro del governo polacco, essa «dice ciò che noi, Stati membri, le consentiamo di dire?». La nostra Carta «consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni». È «parità» una situazione in cui un Paese rifiuta di subordinare i suoi giudici a quelli Ue e l'altro si adegua? Prende sempre più peso un'altra, più definitiva, domanda: «Esiste un diritto costituzionale europeo?». Era il titolo della tesi di laurea discussa da Marta Cartabia nel 1978, relatore Valerio Onida. Entrambi sono poi diventati presidenti della Corte costituzionale. I colleghi tedeschi hanno dato una risposta.
I tagli del governo degli ultimi anni hanno favorito soprattutto le fasce di reddito più basse. Ora viene attuato un riequilibrio.
Man mano che si chiariscono i dettagli della legge di bilancio, emerge che i provvedimenti vanno in direzione di una maggiore attenzione al ceto medio. Ma è una impostazione che si spiega guardandola in prospettiva, in quanto viene dopo due manovre che si erano concentrate sui percettori di redditi più bassi e, quindi, più sfavoriti. Anche le analisi di istituti autorevoli come la Banca d’Italia e l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) tengono conto dei provvedimenti varati negli anni passati.
Maurizio Landini (Ansa)
La Cgil proclama l’ennesima protesta di venerdì (per la manovra). Reazione ironica di Meloni e Salvini: quando cade il 12 dicembre? In realtà il sindacato ha stoppato gli incrementi alle paghe degli statali, mentre dal 2022 i rinnovi dei privati si sono velocizzati.
Sembra che al governo avessero aperto una sorta di riffa. Scavallato novembre, alcuni esponenti dell’esecutivo hanno messo in fila tutti i venerdì dell’ultimo mese dell’anno e aperto le scommesse: quando cadrà il «telefonatissimo» sciopero generale di Landini contro la manovra? Cinque, dodici e diciannove di dicembre le date segnate con un circoletto rosso. C’è chi aveva puntato sul primo fine settimana disponibile mettendo in conto che il segretario questa volta volesse fare le cose in grande: un super-ponte attaccato all’Immacolata. Pochi invece avevano messo le loro fiches sul 19, troppo vicino al Natale e all’approvazione della legge di Bilancio. La maggioranza dei partecipanti alla serratissima competizione si diceva sicura: vedrete che si organizzerà sul 12, gli manca pure la fantasia per sparigliare. Tant’è che all’annuncio di ieri, in molti anche nella maggioranza hanno stappato: evviva.
Nel riquadro in alto l'immagine dei postumi dell’aggressione subìta da Stephanie A. Nel riquadro in basso un frame del video postato su X del gambiano di 26 anni che l'ha aggredita (iStock)
L’aggressore è un gambiano con una lunga fila di precedenti, però si era visto accordare la protezione speciale per restare in Italia. I clandestini sono 50 volte più pericolosi, ma sinistra e magistrati legano le mani agli agenti.
Vittime sacrificali di criminali senza pietà o effetti collaterali della «inevitabile» migrazione di massa? In questo caso il grande abbraccio che tanto intenerisce la Cei si concretizza con un pugno, una bottigliata, un tentativo di strangolamento, qualche calcione mentre era a terra, sputi, insulti. «Mi diceva che mi avrebbe ammazzata», scrive sui social Stephanie A., modella di origini brasiliane, aggredita lunedì sera nello scompartimento di un treno regionale Trenord della linea Ponte San Pietro-Milano Garibaldi, nella zona di Arcore. La giovane ha postato gli scatti dei colpi subìti ma anche alcune foto che ritraggono l’aggressore, fondamentali per identificarlo. Il suo appello non è caduto nel vuoto.
Per la sinistra, il crimine aumenta a causa dei tagli alle forze dell’ordine. Il governo ha assunto uomini, però polizia e carabinieri hanno le mani legate. Mentre le toghe usano i guanti di velluto con facinorosi e stranieri.
Ogni giorno ha la sua rapina e la sua aggressione. La maggior parte delle quali fatte da clandestini. L’ultima è quella compiuta da uno straniero su un treno lombardo ai danni di una modella. Ma nonostante l’evidenza dei fatti c’è ancora chi si arrampica sugli specchi per negare la realtà. Non sono bastati gli ultimi dati del ministero dell’Interno, che mostrano un aumento dei reati commessi da immigrati quasi sempre senza permesso di soggiorno o addirittura con in tasca un foglio di espulsione dal Paese.




