
Mentre certi cattolici sembrano privilegiare le Ong, gli agnostici guardano alla Natività. Per i cristiani credenti, il Natale segna l'arrivo di un Bambino speciale, l'unico Figlio di Dio. Forse, purtroppo, sono proprio alcuni cattolici ad averlo dimenticato, impegnati come sono a blindare in qualche baule gli addobbi del presepe (non sia mai, si dovesse offendere qualche islamico): e non toccherà certo a un laico e liberale come me fare lezioni sul punto. Eppure, il paradosso dei tempi in cui viviamo è che, mentre una parte delle gerarchie ecclesiastiche sembra aver assunto priorità politiche o da Ong (a partire dall'immigrazione), forse è proprio chi ha una prospettiva agnostica, chi non ha certezze, chi sa di non sapere, chi si interroga senza risposte sul mistero nel quale siamo tutti immersi, a essere più sensibile a quel Neonato, a chi è, a chi si presume sia, o a chi dovrebbe essere. Prima della rivoluzione cristiana, e quindi in epoca greca o romana, tutto era diverso. Per la filosofia greca (pensiamo a Platone) c'era una superiorità schiacciante del mondo ideale rispetto a quello reale. Gli uomini? Dei poveri esseri rinchiusi in una caverna, incapaci di uscirne, persi dietro le ombre proiettate sulle pareti, senza poter accedere alla realtà vera. Nella concezione romana, poi, lo status era tutto, e le classi un fondamento sociale imprescindibile.Ecco, l'improvviso irrompere di una filosofia – il cristianesimo – che presume l'incarnarsi umanissimo del Figlio di Dio, è un colossale riscatto della condizione umana, un improvviso e spettacolare recupero di dignità e centralità degli uomini. Figurarsi: l'unico Figlio di Dio che condivide la carne, le ossa, il sangue dei poveracci «rinchiusi» nella caverna platonica. E per giunta, al di là di classi e status, con l'affermazione della piena dignità di ogni singolo individuo, di ogni singola persona.Sta qui, anche per i laici, il senso profondo del Natale. Vorrei dire di un Natale insieme laico, religioso e umanistico. E (sia consentito dirlo) anche di un Natale occidentale. Il terrore islamista (e forse occorrerà cominciare a scrivere: islamico) non è affatto un ricordo da archiviare, ma un nemico ancora pericoloso. Troppi rispondono arretrando, rinunciando a pezzi e connotati della civiltà occidentale. È un errore: proprio da laico e da liberale occidentale, so che la nostra cultura nasce dal dialogo (a volte teso, a volte fecondo, a volte drammaticamente conflittuale) tra Atene, Roma, Gerusalemme, e in epoca meno lontana, Londra e Washington. In una cavalcata di secoli, è quello il perimetro che ci ha formato.Guai se lo dimentichiamo. Guai se, in nome del politicamente corretto, di un'omogeneizzazione forzata, di un multiculturalismo fallimentare e fallito, rinunciamo a ciò che ha reso il nostro Occidente un mondo libero, e quindi diverso da altri e da altro.C'è da lavorare per far conoscere questi valori a chi potrebbe sceglierli. Non per portare qui oscurantismi, integralismi, opzioni culturali e politiche disastrose e spesso violente. Pensiamoci. Buon Natale.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





