2020-03-20
Per le quotate scatta il taglio dei dividendi
Piazza Affari ha deciso le cedole, ma le assemblee delle società sono nel limbo per via della pandemia e poche confermeranno le elargizioni. Gli analisti stimano un dimezzamento degli importi nel 2021. Controcorrente Eni che mira a confermare le scelte.Con diverse società del Ftse mib che stanno approvando i bilanci 2019, sono in molti a domandarsi come le protagoniste di Piazza Affari si comporteranno quando dovranno elargire i dividendi (che dovranno essere approvati dalle assemblee degli azionisti), ampiamente fiaccati dalla crisi del coronavirus di quest'anno. Secondo diversi analisti ascoltati dalla Verità, la pandemia ha sparigliato le carte in tavole delle società quando si parla di cedole. Sia per quelle del 2020, che per quelle del 2021. «Con la possibilità permessa dal decreto Cura Italia di fare assemblee fino a fine giugno, ora gli azionisti che dovranno riunirsi potranno riconsiderare le decisioni in materia di dividendi. Non si può prevedere, ma è possibile che saranno in molti a valutarlo», dice Marcello Bianchi, direttore area mercato dei capitali e società quotate di Assonime, l'associazione delle società per azioni. «Si tratta di una scelta da prendere quasi in tempo reale, visto che ci troviamo nel mezzo dell'epidemia. Per le cedole da staccare nel 2021 le società avranno invece più tempo per capire come muoversi». La situazione per molte società quotate è infatti molto complicata e l'invito da parte delle istituzioni è quello di essere prudenti. Giusto due giorni fa l'Eiopa, l'autorità di vigilanza delle assicurazioni e delle pensioni aziendali o professionali, aveva invitato le compagnie assicurative a mantenere attivi i servizi e a garantire la continuità aziendale, un invito, insomma, a limitare le uscite di cassa il più possibile (e quindi anche i dividendi).«La pandemia in atto porterà molte società a un taglio dei dividendi e non stupirebbe se durante le assemblee che possono avvenire fino a giugno di quest'anno i soci decidessero di limare le proprie cedole in vista dei pessimi risultati che molte società stanno mettendo a segno», spiega Salvatore Gaziano, direttore investimenti di SoldiExpert Scf. «Inoltre, alcune società, a seguito della crisi del coronavirus potrebbero decidere di distribuire i dividendi non più annualmente, ma ogni due anni. Questo renderebbe più facile per le società reagire a crisi improvvise come questa», dice l'esperto.«L'incertezza colpisce il fatturato, ma anche i dividendi», aggiunge Giovanni Cuniberti, responsabile consulenza fee-only di Gamma capital markets. «Prendiamo il caso di Eni», dice, «la società ha fatto sapere di ritirare la proposta di buyback per il 2020. Questo ha l'obiettivo di preservare la solidità del bilancio e del dividendo. Il mondo», continua, «non si ferma completamente e se la riduzione dell'attività dovesse durare solo 3 mesi, i dividendi potrebbero essere confermati. In caso di tempi più lunghi alcune aziende dovranno rivederli».Del resto, il tema della assemblee dei soci in tempi di coronavirus è tutto nuovo. Ci sono società che hanno confermato l'assemblea per una certa data, altre che hanno preferito rimandarla e altre ancora che hanno confermato i dividendi ma non la data per l'incontro degli azionisti.Intanto ieri molti «nomi grossi» di Piazza Affari hanno diffuso i conti 2019. È il caso, ad esempio, di Enel che ha chiuso l'ultimo esercizio con un utile in salita del 17,4% a 4,7 miliardi (4 miliardi nel 2018). I ricavi sono arrivati a 80,3 miliardi di euro (+6,3% rispetto ai 75,5 miliardi di euro nel 2018), grazie soprattutto al buon andamento delle attività di infrastrutture e reti, in particolare in America Latina.Anche il gruppo Cattolica assicurazioni ieri ha comunicato i risultati 2019. La compagnia assicurativa ha terminato l'esercizio in esame con un utile netto (escluse le quote di terzi) di 75 milioni di euro, in peggioramento rispetto ai 107 milioni di euro contabilizzati l'anno precedente.La raccolta premi totale è salita del 19,9% a 6,94 miliardi di euro (+13,1% a termini omogenei), come conseguenza all'incremento registrato nel segmento Vita (+30% a 4,77 miliardi di euro). Il risultato operativo è cresciuto del 3,1% a 302 milioni di euro, nonostante l'aumento dei sinistri legati a eventi atmosferici. Anche i risultati 2019 di Banca Finnat hanno mostrato il segno meno. L'utile netto del gruppo guidato dalla famiglia Nattino nel 2019 si è attestato a 0,4 milioni di euro, rispetto ai 5,3 del del 2018. I margini di interesse della banca sono saliti del 30% rispetto al 2018 e quelli di intermediazione del 3,3%. Il valore delle commissioni nette è salito dell'1% a 52,9 milioni di euro. La voce dividendi e proventi è risultata in crescita da 2,3 a 3 milioni tra il 2018 e il 2019.La situazione di molte società quotate a Piazza Affari si preannuncia difficile. Ora non resta che aspettare qualche mese per capire come intenderanno muoversi gli azionisti: se decideranno di fare il loro interesse approvando una cedola succulenta o se preferiranno «tirare i remi in barca» per favorire i gruppi che stanno passando mesi difficili.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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