Davanti all’impegno preso da Mario Draghi, Francia e Germania si guardano bene dal seguirci. L’obbligo ce lo siamo imposti noi.
Davanti all’impegno preso da Mario Draghi, Francia e Germania si guardano bene dal seguirci. L’obbligo ce lo siamo imposti noi.L’Italia avvia al mercato libero il 100% dei contatori di gas e di energia elettrica ma gli altri due grandi Paesi fondatori dell’Unione europea, Francia e Germania, si guardano bene dal fare la stessa cosa. L’obbligo di passare al mercato libero risale alla legge annuale sulla concorrenza approvata nell’agosto 2017, premier Paolo Gentiloni. Dopo vari rinvii, l’impegno fu inserito dal governo di Mario Draghi tra quelli vincolanti per ottenere i soldi della terza rata del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Nella relazione sullo stato di attuazione del Pnrr diffusa nell’ottobre 2022, infatti, l’uscente governo Draghi affermava di aver raggiunto questo obiettivo, dopo l’approvazione del decreto Milleproroghe nel febbraio 2021 che sanciva la fine della tutela dal primo gennaio 2023. Il nuovo governo di Giorgia Meloni, appena insediato, ha poi solo rinviato la fine della tutela al 10 gennaio 2024.In Francia non esiste nulla del genere. Al gennaio 2023 il 59% dei contatori risultava ancora a tariffa con il fornitore storico e solo il 41% sul mercato libero. Le percentuali cambiano molto se anziché il numero di contatori si considera l’energia fornita. In questo caso, i volumi di energia ancora sul mercato regolato sono pari al 26%, mentre il 74% è sul mercato libero. Sono dunque le aziende, quelle energivore in particolare, a essere transitate in massa sul mercato libero, mentre i consumi delle famiglie sono ancora in gran parte a tariffa. Si tratta di tariffe fissate a livello governativo, e la fornitura è a cura del «fornitore storico», cioè del distributore locale, di solito. «Aver sottoscritto un contratto a prezzo di mercato non priva il cliente della possibilità di concludere di nuovo un contratto a tariffa regolamentata, facendo domanda al fornitore storico» è scritto espressamente nelle condizioni generali di chi sceglie di restare a tariffa. Dunque, esiste la possibilità di rivolgersi al libero mercato ma anche quella di tornare alla tariffa regolamentata.Non molto diversa la situazione in Germania, anche se assai più complessa a livello locale. Mentre in Francia il monopolista di fatto Edf resta il deus ex machina un po’ su tutta la filiera elettrica, in Germania la situazione è frastagliata. La fornitura di energia elettrica e gas è un servizio essenziale di base (Grundversorgung) ed è a cura del fornitore storico, cioè di solito del distributore locale, che spesso è una società che noi chiameremmo municipalizzata, con partecipazioni dirette ed esclusive dei Comuni o dei Länder. La fornitura di base è effettuata a condizioni e prezzi che decide il fornitore storico, ma che devono essere pubblicate e trasparenti. Se una famiglia non accede al mercato libero ha diritto a essere fornita a queste condizioni, così come può uscire dal mercato libero e tornare a tariffa. Dopo la crisi del 2022, il governo tedesco aveva introdotto l’Energiepreisbremse, cioè un tetto ai prezzi dell’energia. A oggi, il 57% delle tariffe dell’elettricità evidenziato dai vari fornitori di base locali è ancora al di sopra di tale tetto massimo di prezzo, mentre il 97% dei prezzi dell’elettricità dei fornitori sul libero mercato sono già al di sotto di tale massimale. Il che significa che il mercato libero in Germania è competitivo rispetto alla tariffa, che in questo caso rappresenta un ottimo benchmark per il mercato.Le perplessità sull’obbligo di mercato all’italiana riguardano proprio, oltre alla pretesa necessità di applicare la concorrenza a un servizio essenziale come la fornitura di energia alle famiglie, l’opportunità di rendere obbligatorio tale passaggio abolendo le tariffe regolate. Che queste siano più o meno convenienti è meno rilevante del principio in sé. Nel 2021 la Commissione europea ha pubblicato un rapporto sulle barriere al mercato dell’energia elettrica al dettaglio, da cui risultava che l’Italia (senza ancora considerare l’apertura totale decretata successivamente) aveva un grado di chiusura del mercato retail complessivamente più basso della media europea (35,3), migliore della Francia (49,1) e di poco superiore a quello della Germania (34,6). Nel gennaio 2023 sul mercato libero italiano vi erano già il 68,2% delle utenze domestiche, sul mercato tutelato restava quindi solo circa un terzo dei contatori. Tra i contatori non domestici in bassa tensione (piccole imprese, attività commerciali) la quota ancora in tutela era ancora più bassa, solo il 21%.Liberalizzare il mercato non significa per forza abolire la tariffa regolata di base. Per chi crede alle virtù taumaturgiche del mercato la strada non poteva che essere questa. In astratto, è vero che una concorrenza reale tra operatori, con regole certe, porta dei benefici nel rapporto qualità prezzo. Nel lungo termine e a certe condizioni. Ma, questioni teoriche a parte, quello che risulta evidente è che la questione del prezzo dell’energia in Italia difficilmente può essere risolto partendo dalla coda, cioè dalla fornitura commerciale alle famiglie. È a monte che si annida, da decenni, il problema del prezzo: produzione, mercato all’ingrosso, distribuzione, oneri di sistema. Obbligare le famiglie al libero mercato, di per sé, non è una soluzione.
Nadia Battocletti (Ansa)
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Ansa
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Maria Sole Ronzoni
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Prima puntata del viaggio alla scoperta di quel talento naturale e poliedrico di Elena Fabrizi. Mamma Angela da piccola la portava al mercato: qui nacque l’amore per la cucina popolare. Affinata in tutti i suoi ristoranti.