
Dagli inviti all'eliminazione fisica dei sovranisti da parte di chef Rubio, al giornalista che vuole vedere Matteo Salvini suicidato: il Web è pieno di violenza verbale non sanzionata.Non tutto l'odio subisce la scure di Facebook. Da manuale dell'hater informatico sono gli insulti indirizzati dall'ex brigatista Raimondo Etro contro Giorgia Meloni. L'ex terrorista, coinvolto nella organizzazione del sequestro di Aldo Moro e anche nell'assassinio del giudice Riccardo Palma, il 23 agosto scriveva, mostrando una fotografia della leader di Fratelli d'Italia incinta: «Certo che ci vuole un bel coraggio per gonfiare una nana coatta sgraziata fascia. A meno che non gli piaccia…» e così via continuando con un turpiloquio più simile a quello dei ritrovi di alcolizzati che non agli stessi covi degli estremisti politici. Gli insulti partivano da un profilo facebook denominato «Raimondo Etro due», che al momento non risulta più attivo. E tuttavia se l'ex terrorista non ha sette vite come i gatti sembra comunque avere altre due esistenze virtuali nel dominio informatico di Mark Zuckerberg (mentre, nel caso dei profili di Casapound oscurati, Facebook ha chiarito che i censurati non potranno di nuovo accedere al social): «Raimondo Etro» e «Raimondo Etro tre». Nel terzo profilo, Etro continua ad esercitarsi nel suo hobby preferito: l'invettiva colorita contro Giorgia Meloni. E tuttavia in questo profilo l'estremista mostra anche un aspetto autorevolmente bipartisan: alla data del 24 agosto troviamo una frase roboante che stranamente non è incorsa in nessuna censura: «Dopo l'idea di Maria Elena (Boschi, ndr) a Renzi di fare una bella pompa a tutti gli iscritti al M5s per convincerli a fare una coalizione di governo con loro... il numero delle iscrizioni è salito alle stelle. Sembra che la proposta verrà messa ai voti sulla piattaforma Rousseau». La frase decisamente ignobile rivolta da un membro dell'area di sinistra radicale all'esponente renziana viene corredata da una fotografia nella quale la Boschi, secondo l'interpretazione dell'autore del post, assume un atteggiamento che imita il sesso orale.Il post è visibile ed Etro ha ancora accesso a facebook. Allo stesso modo nessuna radiazione dall'albo virtuale di Zuckerberg ha colpito il giornalista Rai Fabio Sanfilippo, che aveva «predetto» (non anche auspicato?) il prossimo suicidio di Matteo Salvini e aveva alluso alla possibile rieducazione «democratica» della figlia del leader leghista. Lunedì, mentre venivano falciati centinaia di profili Facebook di intellettuali, dirigenti, militanti dei gruppi politici di Casapound e Forza Nuova, Sanfilippo tornava sui suoi passi, ma per autoelogiarsi: «La reazione scomposta del signor Salvini e dei suoi dimostra che il mio personale e iperbolico post, al netto della caduta di stile sul citare la figlia di cui ho fatto peraltro pubblica ammenda, deve aver toccato nervi scoperti». Chi sa di godere di una libertà di espressione a tutto campo anche oltre il limite della decenza si fa anche gli applausi da solo.Non risulta più su facebook la professoressa Eliana Frontini, sulla cui pagina era comparsa una sinistra frase di esultanza per la morte del carabiniere Mario Cerciello Rega, anche se rimane il dubbio se l'oscuramento del profilo sia frutto di una decisione di Facebook o un atto di prudenza della prof. Viceversa continua a esternare in rete la ex professoressa di estrema sinistra Lavinia Cassaro, che lo scorso anno inveì contro la polizia «rea» di consentire lo svolgimento di una manifestazione autorizzata di Casapound: l'ultimo suo post visibile a tutti pacificamente esorta a urlare la propria rabbia…Ma non è forse un diffusore di messaggi d'odio lo stesso chef Rubio che in un post auspicava l'eliminazione fisica dei sovranisti e ancora ieri si domandava perché la polizia non abbia pestato gli oppositori del governo Conte? La tesi di Rubio è che «fascisti» e «sbirri» siano collusi. Una tesi strampalata che ha suscitato la reazione indignata dei rappresentanti sindacali di polizia, ma che lascia del tutto indifferente il rigido, ma forse non imparziale, algoritmo di Facebook.
La poetessa russa Anna Achmatova. Nel riquadro il libro di Paolo Nori Non è colpa dello specchio se le facce sono storte (Getty Images)
Nel suo ultimo libro Paolo Nori, le cui lezioni su Dostoevskij furono oggetto di una grottesca polemica, esalta i grandi della letteratura: se hanno sconfitto la censura sovietica, figuriamoci i ridicoli epigoni di casa nostra.
Obbligazionario incerto a ottobre. La Fed taglia il costo del denaro ma congela il Quantitative Tightening. Offerta di debito e rendimenti reali elevati spingono gli operatori a privilegiare il medio e il breve termine.
Alice ed Ellen Kessler nel 1965 (Getty Images)
Invece di cultura e bellezza, la Rai di quegli anni ha promosso spettacoli ammiccanti, mediocrità e modelli ipersessualizzati.
Il principe saudita Mohammad bin Salman Al Sa'ud e il presidente americano Donald Trump (Getty)
Il progetto del corridoio fra India, Medio Oriente ed Europa e il patto difensivo con il Pakistan entrano nel dossier sulla normalizzazione con Israele, mentre Donald Trump valuta gli effetti su cooperazione militare e stabilità regionale.
Le trattative in corso tra Stati Uniti e Arabia Saudita sulla possibile normalizzazione dei rapporti con Israele si inseriscono in un quadro più ampio che comprende evoluzioni infrastrutturali, commerciali e di sicurezza nel Medio Oriente. Un elemento centrale è l’Imec, ossia il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, presentato nel 2023 come iniziativa multinazionale finalizzata a migliorare i collegamenti logistici tra Asia meridionale, Penisola Arabica ed Europa. Per Riyad, il progetto rientra nella strategia di trasformazione economica legata a Vision 2030 e punta a ridurre la dipendenza dalle rotte commerciali tradizionali del Golfo, potenziando collegamenti ferroviari, marittimi e digitali con nuove aree di scambio.
La piena operatività del corridoio presuppone relazioni diplomatiche regolari tra Arabia Saudita e Israele, dato che uno dei tratti principali dovrebbe passare attraverso porti e nodi logistici israeliani, con integrazione nelle reti di trasporto verso il Mediterraneo. Fonti statunitensi e saudite hanno più volte collegato la normalizzazione alle discussioni in corso con Washington sulla cooperazione militare e sulle garanzie di sicurezza richieste dal Regno, che punta a formalizzare un trattato difensivo bilaterale con gli Stati Uniti.
Nel 2024, tuttavia, Riyad ha firmato in parallelo un accordo di difesa reciproca con il Pakistan, consolidando una cooperazione storicamente basata su forniture militari, addestramento e supporto politico. Il patto prevede assistenza in caso di attacco esterno a una delle due parti. I governi dei due Paesi lo hanno descritto come evoluzione naturale di rapporti già consolidati. Nella pratica, però, l’intesa introduce un nuovo elemento in un contesto regionale dove Washington punta a costruire una struttura di sicurezza coordinata che includa Israele.
Il Pakistan resta un attore complesso sul piano politico e strategico. Negli ultimi decenni ha adottato una postura militare autonoma, caratterizzata da un uso esteso di deterrenza nucleare, operazioni coperte e gestione diretta di dossier di sicurezza nella regione. Inoltre, mantiene legami economici e tecnologici rilevanti con la Cina. Per gli Stati Uniti e Israele, questa variabile solleva interrogativi sulla condivisione di tecnologie avanzate con un Paese che, pur indirettamente, potrebbe avere punti di contatto con Islamabad attraverso il patto saudita.
A ciò si aggiunge il quadro interno pakistano, in cui la questione israelo-palestinese occupa un ruolo centrale nel dibattito politico e nell’opinione pubblica. Secondo analisti regionali, un eventuale accordo saudita-israeliano potrebbe generare pressioni su Islamabad affinché chieda rassicurazioni al partner saudita o adotti posizioni più assertive nei forum internazionali. In questo scenario, l’esistenza del patto di difesa apre la possibilità che il suo richiamo possa essere utilizzato sul piano diplomatico o mediatico in momenti di tensione.
La clausola di assistenza reciproca solleva inoltre un punto tecnico discusso tra osservatori e funzionari occidentali: l’eventualità che un’azione ostile verso Israele proveniente da gruppi attivi in Pakistan o da reticolati non statali possa essere interpretata come causa di attivazione della clausola, coinvolgendo formalmente l’Arabia Saudita in una crisi alla quale potrebbe non avere interesse a partecipare. Analoga preoccupazione riguarda la possibilità che operazioni segrete o azioni militari mirate possano essere considerate da Islamabad come aggressioni esterne. Da parte saudita, funzionari vicini al dossier hanno segnalato la volontà di evitare automatismi che possano compromettere i negoziati con Washington.
Sulle relazioni saudita-statunitensi, la gestione dell’intesa con il Pakistan rappresenta quindi un fattore da chiarire nei colloqui in corso. Washington ha indicato come priorità la creazione di un quadro di cooperazione militare prevedibile, in linea con i suoi interessi regionali e con le esigenze di tutela di Israele. Dirigenti israeliani, da parte loro, hanno riportato riserve soprattutto in relazione alle prospettive di trasferimenti tecnologici avanzati, tra cui sistemi di difesa aerea e centrali per la sorveglianza delle rotte commerciali del Mediterraneo.
Riyadh considera la normalizzazione con Israele parte di un pacchetto più ampio, che comprende garanzie di sicurezza da parte statunitense e un ruolo definito nel nuovo assetto economico regionale. Il governo saudita mantiene l’obiettivo di presentare il riconoscimento di Israele come passo inserito in un quadro di stabilizzazione complessiva del Medio Oriente, con benefici economici e infrastrutturali per più Paesi coinvolti. Tuttavia, la gestione del rapporto con il Pakistan richiede una definizione più precisa delle implicazioni operative del patto di difesa, alla luce del nuovo equilibrio a cui Stati Uniti e Arabia Saudita stanno lavorando.
Continua a leggereRiduci





