2021-06-10
Per i musulmani italiani l’unica cultura da processare è la nostra
Nel riquadro Saman Abbas (Ansa-iStock)
L'Ucoii assicura che matrimonio forzato e violenza sulle donne non hanno a che fare con gli usi pachistani. E i casi di cronaca? «Femminicidi molto diffusi anche in Italia».Un'indagine di Bruxelles scopre elogi del terrorismo e «parabole» antisemite nei testi scolastici dei bimbi arabi pagati con i fondi che provengono dall'Unione.Lo speciale contiene due articoli.Nei giorni scorsi l'Ucoii (Unione delle comunità islamiche italiane) ha voluto farsi bella sui giornali mostrando di condannare il «matrimonio forzato», la pratica abominevole a cui la povera Saman Abbas voleva sfuggire (cosa che con tutta probabilità le è costata la vita). Sul tema è stata emessa una fatwa, una condanna religiosa, che molti hanno interpretato come un segnale positivo da parte dell'associazione islamica. Finalmente, si è detto, i musulmani italiani prendono realmente le distanze da certe usanze inaccettabili. In realtà, però, le cose stanno in maniera leggermente diversa. Già il fatto che si sia utilizzata una fatwa quando sarebbe bastato invitare al rispetto delle leggi italiane è piuttosto discutibile. Ma a far sorgere ulteriori dubbi sulla posizione dell'Ucoii sono le dichiarazioni che va rilasciando da alcuni giorni Nadia Bouzekri, vicepresidente dell'associazione. In due interviste, concesse al Manifesto e al Corriere della Sera, la signora ha ribadito concetti che lasciano molto perplessi e che, purtroppo, sembrano essere condivisi anche da buona parte della sinistra italiana di governo, a partire da Laura Boldrini. Parlando dell'orribile storia di Saman, la Bouzekri sembra avere un'unica preoccupazione: far passare l'idea che l'islam non c'entri nulla. «La religione non c'entra e nemmeno la cultura», dice al Corriere della Sera. «In Pakistan i matrimoni forzati sono illegali». Il ritornello lo conosciamo bene: da quanto tempo ci sentiamo ripetere che l'islam è solo e soltanto una «religione di pace»? Quante volte i buonisti di casa nostra hanno evitato di affrontare l'argomento islamico per timore di «offendere le minoranze»? Siamo stati i primi, su queste pagine, a spiegare che non tutte le comunità islamiche sono uguali. La pratica del matrimonio forzato non è presente dappertutto (in Senegal, ad esempio, non ve ne sono tracce consistenti). Ma è pur vero che troppo spesso, per giustificare le nozze tra uomini adulti e ragazzine (o addirittura bambine) viene utilizzato dai capi religiosi l'esempio di Maometto e della sua giovanissima sposa Aisha. In ogni caso, affermare che la religione e persino la cultura non c'entrino nulla è semplicemente ridicolo, quasi offensivo dell'intelligenza. Il Pakistan avrà pure ufficialmente vietato i matrimoni forzati, ma è un fatto che nella comunità pakistana questa pratica continui a sopravvivere e produca mostruosità. Possiamo citare il caso di Hina Saleem, uccisa a 20 anni nel 2006. Quello di Sana Cheema, 25 anni, bresciana uccisa in Pakistan nel 2018. E adesso Saman. Come si può sostenere che non esista un problema culturale? La sensazione è che il giochino di alcune associazioni islamiche sia sempre il medesimo. Da un lato fingono di essere collaborative, chiedono accordi con lo Stato che per anni hanno evitato. Dall'altro ripetono gli stessi slogan, e cioè che l'islam non c'entra nulla e che il vero problema è la discriminazione subita dai musulmani. Sentite la Bouzekri: «Qui la religione non c'entra», ribadisce, «siamo nell'ambito del femminicidio, molto diffuso anche in Italia». Capito? Il problema - come in fondo ha affermato pure la Boldrini - è il patriarcato, è la violenza maschile. Non esiste una «questione islamica», perché pakistani e italiani sono uguali da questo punto di vista. Anzi, i poveri musulmani «qui in Italia sono vittime degli stereotipi, gli uomini vengono rappresentati con la barba e con la sciabola. [...] Da alcuni anni la discriminazione è aumentata, proprio per quella parte politica che ha fatto della lotta agli stranieri la sua battaglia». Encomiabile: invece di parlare di Saman probabilmente uccisa, la rappresentante dell'Ucoii parla dei suoi fratelli molestati dalle destre cattive. Come dicevamo, tuttavia, siamo abituati a questi discorsi. Continuiamo però a stupirci della superficialità con cui vengono recepiti in Italia. Ci viene detto continuamente che la violenza sulle donne è appunto un «problema culturale» italiano, ma allora perché lo stesso discorso non dovrebbe valere per gli stranieri di fede musulmana? Forse fra gli italiani prevale la «mascolinità tossica» mentre i migranti ne sono immuni? Possiamo far finta di non vedere, come no. Ma il problema non soltanto si pone oggi con assoluta gravità, ma è destinato a peggiorare. Basta dare un'occhiata ai dati che riportiamo in queste pagine riguardo la provenienza e il sesso (anzi, il genere, come va di moda dire) degli stranieri giunti in Italia negli ultimi anni. Sono per lo più giovani, maschi e provenienti da Stati a maggioranza musulmana. Credete che non si portino appresso la cultura e la fede di appartenenza? Credete che il solo fatto di mettere piede qui cambierà la loro concezione della donna? Sì, fingiamo che il problema non ci sia, che il guaio siano i maschi a prescindere dalla nazionalità e dalla provenienza. Poi, però, la prossima volta che troveremo una ventenne uccisa e sepolta dai familiari per aver rifiutato le nozze imposte, toccherà avere almeno la decenza di non scandalizzarsi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/per-i-musulmani-italiani-lunica-cultura-da-processare-e-la-nostra-2653294225.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="l-ue-paga-le-lezioni-d-odio-palestinesi" data-post-id="2653294225" data-published-at="1623265358" data-use-pagination="False"> L'Ue paga le lezioni d'odio palestinesi Incitazioni alla guerriglia, narrazioni tendenziose, contenuti smaccatamente antisemiti. Questo e molto altro è stato scovato nei manuali scolastici palestinesi da uno studio europeo ancora non pubblico ma di cui alcuni media hanno riportato i risultati . Più precisamente, l'indagine, commissionata dall'allora Alto rappresentante dell'Unione europea per gli esteri e la sicurezza, Federica Mogherini, ha preso in esame 156 libri di testo e 16 percorsi didattici mediorientali per un arco temporale biennale, dal 2017 al 2019. Confermando le peggiori aspettative, nei testi si è trovata l'esaltazione di azioni terroristiche, l'indicazione di bizzarre attività «educative» con, ad esempio, discussioni di gruppo sui «tentativi degli ebrei di uccidere il profeta Maometto». Ecco che allora, in un libro utilizzato nelle classi di terza media, capita di trovare l'immagine di un rivoltoso palestinese che spara ai soldati israeliani; in altri volumi per ragazzi poco più grandi si trova invece l'esortazione a trovare modi per organizzare una resistenza violenta. Ancora, in un sussidiario di quinta elementare c'è la storia di Safiyya bint Abd Al Muttalib, la zia del profeta Maometto che picchiò a morte un ebreo con una mazza di legno, presentata come modello in vista della «disponibilità a far sacrifici di fronte all'occupazione ebraico-sionista». Come fanno notare Tobias Siegal e Lahav Harkov, svelando la vicenda sul Jerusalem Post, gli esiti di questo studio sollevano un dubbio: quando sarà reso noto? Viene da chiederselo alla luce del fatto, sottolineano sempre Siegal e Harkov, che la pubblicazione di questo report potrebbe comportare significative ripercussioni sui finanziamenti europei al sistema educativo palestinese. Sì, perché il lato più amaro e paradossale dell'intera vicenda è che, alla fine, l'Europa ha realizzato un'indagine per capire che fine facciano i propri quattrini, scoprendo cose tutt'altro che piacevoli. C'è però da aggiungere che questo pur scottante studio europeo, in realtà, non ha scoperto nulla di nuovo; infatti già quando ne venne ufficializzato l'avvio, nel maggio 2019, c'era chi faceva correttamente notare come l'indagine facesse semplicemente seguito ad un altro lavoro, uno studio dell'Impact-se - acronimo che sta per Istituto per il monitoraggio della pace e della tolleranza culturale nell'insegnamento scolastico - che, considerando i testi palestinesi nel settembre 2018, aveva non solo riscontrato della violenza, ma pure un inasprimento dei contenuti in ordine ad istigazione contro gli ebrei, Israele e all'incoraggiamento alla jihad e alla violenza. Tuttavia, il precedente è utile per capire le attuali titubanze europee a diffondere le 200 pagine del report da poco pronto, dato che già lo studio dell'Impact-se aveva suscitato forti polemiche, specie quando il quotidiano tedesco Bild, basandosi proprio su quell'analisi, aveva portato alla luce i finanziamenti tedeschi al dipartimento di educazione dell'Autorità palestinese. La sensazione è insomma che l'Ue tema d'essere nuovamente messa davanti alle sue contraddizioni.
Pedro Sánchez (Getty Images)
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
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