2022-04-21
Per Bono fatali D’Alema e i soldi a una donna
Giuseppe Bono (Imagoeconomica)
Lo storico dirigente travolto dalla vicenda dell’ex premier. Ma avrebbe pesato anche la strana transazione di denaro - segnalata all’antiriciclaggio - tra lui e Paola Bulgarini, ex potente direttore centrale della comunicazione: un giro di oltre 1 milione di euro.Il Colombia-gate ha fatto le prime vittime eccellenti: l’ex ad di Fincantieri Giuseppe Bono e l’ex dg Navi militari Giuseppe Giordo. Nessuno dei due, che da marzo scaricavano l’uno sull’altro le responsabilità della trattativa sponsorizzata da Massimo D’Alema per la vendita di corvette e sommergibili alle forze armate di Bogotà, è stato premiato.Bono sino a martedì sera puntava o alla proroga di un anno nel ruolo di ad o alla presidenza con ampie deleghe. La sua corsa è stata azzoppata dalle notizie emerse su questo giornale e che riguardavano il contratto a cinque zeri con Ernst&Young, di cui Baffino era consulente, e per il pranzo prenatalizio a tre con lo stesso ex premier e con il discusso lobbista Luigi Bisignani. Non lo ha salvato provare a incolpare Giordo di aver agito a sua insaputa o per lo meno di avergli riferito solo una parte degli incontri realizzati in Colombia e di averlo tenuto all’oscuro del Memorandum of understanding firmato con due semi sconosciuti capitani di fregata anziché con il ministro della Difesa o qualche altro autorevole rappresentante delle istituzioni.Si dice che Bono, per 20 anni ad di Fincantieri, praticamente un pezzo di arredamento, abbia scalato anche il Colle più in vista del suo rinnovo e attraversato il Tevere. Ma alla fine il sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulé, che per primo ha intercettato e denunciato a livello prima istituzionale e poi mediatico l’anomala trattativa colombiana, ha vinto il suo braccio di ferro e, insieme con Forza Italia, ha ottenuto che il posto di presidente di Fincantieri andasse al generale Claudio Graziano. Come Bono è rimasto al palo anche Giordo che, prima del caso Colombia, era in pole-position per andare a sostituire l’ex amministratore delegato.Per ora resta valida la sua sospensione da dg in attesa delle valutazioni sull’audit interno appena concluso e ordinato dal presidente uscente Giampiero Massolo. Valutazioni che a questo punto saranno delegate al nuovo management.Ma sulle decisioni del governo potrebbero aver pesato anche alcuni boatos interni all’azienda triestina dove da tempo si ricamava sulla notizia dell’addio della zarina dell’azienda, Paola Bulgarini, ex potente direttore centrale della comunicazione, per anni considerata la più stretta e influente collaboratrice dell’ad (i due hanno lavorato insieme 38 anni), tanto da guadagnarsi l’appellativo di zarina. Sino a quando, all’improvviso, nel 2020, ha lasciato l’azienda. I retroscena dell’addio sono contenuti in alcune segnalazioni di operazioni sospette arrivate in Banca d’Italia ed esaminate anche dalla Guardia di finanza di Venezia e dalla Procura.Nel marzo del 2020 l’Unità di informazione finanziaria chiede alla banca «informazioni sul profilo economico/professionale» dell’intestatario del conto, ovvero il settantasettenne ingegnere calabrese Bono, considerato, in quanto ad di una partecipata, soggetto politicamente esposto.Nel mese di luglio le Fiamme gialle si presentano presso l’istituto bancario presso cui ha il conto Bono e chiedono informazioni su bonifici effettuati a favore della Bulgarini e sull’emissione di carte di credito. Negli stessi giorni, per la precisione il 20 luglio, Bono e la Bulgarini firmano una scrittura privata da cui si evince che tra il 2012 e 2020 l’ad avrebbe elargito prestiti alla donna «a propria insaputa». Alla fine, in 8 anni, la donna si sarebbe appropriata di 1.049.000 euro. Nel documento la dirigente riconosceva il proprio debito e l’ad, a fronte dell’incasso della somma citata, si diceva «disponibile a non procedere processualmente». Inoltre «a titolo di pura magnanimità» Bono si impegnava a rinunciare a parte della somma nel caso in cui la Bulgarini avesse sottoscritto un accordo di transazione. Sempre il 20 luglio, la donna aveva firmato con Fincantieri una seconda scrittura privata in cui era espressa la volontà delle parti di risolvere il rapporto di lavoro mediante le dimissioni della Bulgarini, la quale, però, comunicava l’intenzione di chiedere un risarcimento danni, evenienza superata dalla firma di un accordo transattivo (datato 5 ottobre) «a tacitazione di qualsivoglia pretesa». Dunque tra settembre e ottobre 2020 le parti hanno trovato la quadra e l’azienda ha liquidato alla Bulgarini proprio 1.049.000 euro a titolo di «pagamento competenze e riscatto fondo pensione». La donna avrebbe chiesto alla sua banca di poter versare l’assegno circolare di Fincantieri e contemporaneamente di emettere un assegno bancario di pari importo avente come destinatario Bono, con conseguente estinzione del debito contratto.Per questo l’istituto non avrebbe autorizzato l’operazione e avrebbe segnalato all’Antiriciclaggio la richiesta anomala, sottolineando l’«apparente coincidenza» tra l’importo che la Bulgarini si apprestava a incassare da Fincantieri e a rigirare al suo capo e il debito contratto negli anni con Bono. Una seconda segnalazione di operazione sospetta dello scorso dicembre svela come si sarebbe conclusa la vicenda. Dopo la firma dell’accordo transattivo la Bulgarini, il 9 ottobre 2020, avrebbe effettuato presso un’altra banca il bonifico in favore di Bono, per un importo di 850.300 euro con causale «restituzione prestito infruttifero accordo 5 ottobre». Quindi la donna avrebbe beneficiato di uno sconto di 200.000 euro sul dovuto, grazie alla «magnanimità» di Bono, rimarcata nella scrittura privata di tre mesi prima. Tutto a posto dunque? In realtà, dopo il bonifico da 850.300 euro anche il secondo istituto di credito avrebbe segnalato alla Banca d’Italia l’operazione, considerandola «non adeguatamente giustificata». Inoltre, a quanto risulta alla Verità, alla Bulgarini non sarebbe rimasto sul conto nulla della sua buonuscita. Infatti la cifra netta versatale da Fincantieri, dopo l’accordo transattivo firmato presso Confindustria Trieste, e da lei inviata a Bono corrisponderebbe esattamente a quanto ricevuto dalla donna a titolo di trattamento di fine rapporto.Certo qualcuno dovrà spiegare come sia possibile che per saldare un prestito personale un’azienda quotata in Borsa abbia autorizzato una buonuscita di importo esattamente uguale a un debito che una ex dipendente aveva contratto con l’amministratore delegato.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)