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Per i morti albanesi alla sinistra nessun processo

Per i morti albanesi alla sinistra nessun processo
Ansa

Aver negato a un centinaio di immigrati il diritto di sbarcare in un porto italiano merita, secondo i giudici del Tribunale dei ministri di Catania, un processo a carico del titolare dell'Interno che ha dato l'ordine di negare l'attracco. E aver impartito le disposizioni che impedirono a una nave di raggiungere le coste italiane, contrastando lo sbarco con più manovre fino al punto di provocare l'affondamento dell'imbarcazione e la morte di un centinaio di disgraziati, che cosa ha comportato?

Forse qualcuno ricorderà la vicenda. Era il venerdì santo di 22 anni fa e a Palazzo Chigi si era da poco insediato Romano Prodi, mentre il vicepremier era Walter Veltroni, quello buono che sogna l'Africa e i poveri a patto che restino dove sono. A guidare il ministero dell'Interno c'era invece l'inossidabile Giorgio Napolitano e Beniamino Andreatta, il democristiano di sinistra che ci ha regalato Prodi, stava a capo della Difesa. In quei giorni in Albania era esplosa una crisi economica peggiore delle precedenti e molti albanesi tentavano la fortuna cercando di raggiungere con ogni mezzo l'Italia. Infatti arrivavano a bordo di carrette del mare che stavano a galla per miracolo. All'epoca non esistevano il diritto allo sbarco, l'obbligo di accoglienza, la solidarietà e tutte le altre frescacce che poi i compagni si sono inventati.

In quel periodo la sinistra era per i respingimenti senza se e senza ma. Per cui, quando gli albanesi cominciarono ad arrivare a centinaia, il governo dell'Ulivo decise per decreto il blocco navale. Senza che Repubblica scatenasse i suoi editoriali o Gad Lerner recitasse una delle sue preghiere pro immigrati, Prodi, Napolitano, Veltroni e compagni si misero d'accordo con Tirana per fermare i profughi, rispedendo a casa quelli che riuscivano a superare il blocco. Così le navi della Marina militare italiana cominciarono a presidiare il Canale d'Otranto, respingendo ogni imbarcazione diretta in Italia. La Katër i Radës era stata rubata allo scopo di fare la spola tra le coste albanesi e quelle pugliesi. I malviventi a capo del traffico di vite umane avevano caricato oltre 120 persone e con quelle l'imbarcazione prese il largo. In principio tutto andò bene, ma poi le navi che pattugliavano il tratto di mare intercettarono la Katër i Radës e cercarono di costringerla a ritornare a Valona. Ma invece di invertire la rotta, il comandante della bagnarola albanese tentò di tirare dritto, nella speranza di seminare le navi della nostra Marina. La faccio breve: nel pomeriggio del 28 marzo la corvetta Sibilla impedì alla nave albanese di proseguire, ma il risultato fu una tragedia. Quando l'imbarcazione carica di profughi e quella italiana entrarono in collisione, la Katër colò a picco in un battibaleno e quasi tutte le persone a bordo annegarono.

Il processo, dopo molti anni, appurò che la colpa principale fosse da attribuire al comandante della nave albanese, condannando però anche il comandante della Sibilla. Entrambi furono giudicati colpevoli del naufragio, anche se con responsabilità diverse. In tutto morirono 120 persone e in Albania l'affondamento è ricordato come una tragedia nazionale. Nonostante a bordo vi fossero donne e bambini, giovani e meno giovani, nessun magistrato rispolverò la Costituzione per sostenere che tutti i profughi avessero diritto a essere accolti. Né ci fu alcuno che ordinò l'iscrizione nel registro degli indagati del ministro dell'Interno o di quello della Difesa oppure del premier per disastro colposo, omicidio colposo o altro. Prodi giustificò il blocco dicendo che «la sorveglianza dell'immigrazione attuata anche in mare rientra nella doverosa tutela della nostra sicurezza e nel rispetto della legalità che il governo ha il dovere di perseguire». Questa la storia delle 120 le persone finite in fondo al mare. Persone che fuggivano dalla miseria e dalla fame. Ma all'epoca, forse, la Giustizia dormiva e se non dormiva era distratta. Così, qualche giorno al largo, in attesa che si decidesse il destino degli immigrati della Diciotti, vale un processo con un'imputazione da 15 anni di carcere. Un'intera nave naufragata con il suo carico di profughi, invece, dà diritto a una carriera politica con i fiocchi. E poi uno si chiede come mai, nonostante gli errori e l'inesperienza, dopo otto mesi di governo gli italiani rivoterebbero ancora in maggioranza per Salvini e Di Maio. È il ricordo di chi c'è stato prima che li rende impermeabili a tutto. Anche ai processi.

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Enrico Montesano: «È l’epoca della satira “corretta”. Ho pagato per la mia indipendenza»
Enrico Montesano (Ansa)
L’attore romano torna a teatro, dopo una lunga assenza, con lo spettacolo «Ottanta voglia di stare con voi»: «Durante la pandemia ho scelto la libertà, oggi c’è una grande autocensura. Il cinema? È diventato obsoleto».

Enrico Montesano ritorna a teatro dopo una lunga assenza. Ottanta voglia di stare con voi, il titolo dello spettacolo, che racchiude il senso di questa nuova avventura in giro per l’Italia, a riallacciare il filo che lo lega al pubblico da sempre.

Cosa rappresenta per lei questo ritorno in teatro?

«Abbiamo già fatto uno spettacolo a Trapani, al Cine Teatro Ariston. È andato molto bene, il teatro era pieno. Per me è stata una lunga attesa. Nel 2020 facevo uno spettacolo in un teatrino off, come si dice in America, dove sperimentavo questo mio nuovo monologo».

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Ricchezza triplicata e vecchiaia al sicuro: il piano  Mediolanum
Ansa
Stefano Volpato: col Tfr nei fondi previdenziali e un contributo volontario di circa 5.000 euro l’anno si riduce il nodo della pensione bassa.

Il 2025 rappresenta un punto di svolta per Banca Mediolanum. «Un anno memorabile», lo definisce Stefano Volpato, direttore commerciale, non solo per i risultati economici - budget ampiamente superati - ma perché segna il passaggio da una fase di crescita a una di trasformazione strutturale. L’obiettivo dichiarato è ambizioso: accompagnare i clienti verso l’autonomia e l’indipendenza finanziaria in età pensionabile, rendendo possibile, nei fatti, la triplicazione della ricchezza finanziaria pro capite, sottolinea Volpato durante la tradizionale convention con la rete a Merano, per tirare le somme dell’anno che sta per finire e definire le strategie del 2026. Un anno, ha confermato l’amministratore delegato Massimo Doris, destinato appunto a superare il record del 2024, con una raccolta netta di 10,4 miliardi e oltre 2 milioni di clienti e un primato, nell’universo Assoreti tra raccolta, mutui e prestiti concessi oltre che le polizze sottoscritte.

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«Nido di vipere», desiderio e ipocrisia nel Texas profondo
«The Hunting Wives» (Netflix)

Arrivata su Netflix Italia, Nido di vipere adatta il romanzo di May Cobb e racconta noia, desiderio e trasgressione in una comunità texana conservatrice. Tra dramma e giallo, la serie osserva le contraddizioni private e sociali della sua protagonista.

La serie dello scandalo, quella che negli Stati Uniti ha fama di aver passato al vaglio, senza nulla lasciare all'immaginazione, la sessualità omoerotica di donne all'apparenza tradizionali. The Hunting Wives, tradotto per l'Italia con Nido di vipere, è un romanzo di May Cobb, adattato poi a serie televisiva. Negli Usa, sotto forma di narrazione tv, ha debuttato lo scorso anno. Su Netflix Italia, invece, è arrivata lunedì 15 dicembre, portando con sé una storia fatta di noia e trasgressione, di bisogni che emergono piano, travolgendo chi li provi prima ancora che questi possa capire perché.

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Dimmi La Verità | Augusta Montaruli (Fdi): «Il centro sociale Askatasuna non ha mai ripudiato la violenza»

Ecco #DimmiLaVerità del 19 dicembre 2025. Ospite la vicecapogruppo di Fdi alla Camera Augusta Montaruli. L'argomento del giorno è: "Lo sgombero del centro sociale Askatasuna di Torino".

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